venerdì 5 ottobre 2012

Gratis et amore dei

Da qualche giorno a questa parte, sento discutere parecchio sulla seguente questione: "i blogger vanno pagati"?
C'è chi dice di no: "Ehi, non te l'ha mica ordinato il dottore di aprire un blog e scrivere degli articoli, perché io dovrei pagarti?"
C'è chi dice di sì: "I blogger svolgono un servizio di informazione spesso migliore di certi giornalisti con tanto di iscrizione all'albo."
All'inizio non volevo entrare nel merito della questione: è complessa e spinosa. Ma sono due giorni che ci rimugino e allora, tanto vale.
A mio modo di vedere, ambedue le affermazioni sono in parte vere: è senz'altro vero che i blog nascono dalla libera iniziativa del singolo. È altrettanto vero che alcuni blogger sono più precisi e ferrati dei giornalisti, specie si tratta di argomenti che li appassionano. Ed è sacrosantemente vero che alcuni giornalisti sono dei cani a scrivere e delle persone poco oneste.
Spesso, quando sono chiamati a recensire, che so, un libro, fanno un lavoro pessimo, perché non l'hanno letto. O, se l'hanno fatto, non ci hanno messo la dovuta attenzione: troppo poco tempo, forse? O, se si tratta di narrativa fantastica, non conoscono il genere. Non hanno le basi. O semplicemente, fanno qualche marchetta... e poco importa se poi la gente pensa di comprare un capolavoro e si ritrova fra le mani una chiavica.
E che dire di quando discettano di un argomento che non conoscono e sul quale, è evidente, non hanno voglia di informarsi? Una prova? Quella coppia di post sul blog del Fatto, scritti da una giornalista che non voglio nominare, sugli ebook.
No, non ce li metto, i link: la signora e le sue "opinioni" hanno già avuto più pubblicità di quel che meritano, non darò il mio contributo.
Una voce "giornalistica" dall'alto del piedistallo ha detto che "i blogger parlano di tutto e non sanno niente".
Oooookay, come dice qualcuno che lovvo molto, zuccherino e torna nella stalla.
Ci sono persone, là fuori, che hanno i controcosi e non parlano solo per dare aria alla bocca. Un atteggiamento del genere, oltre che essere snob, dimostra una totale ignoranza riguardo alla blogosfera italiana. Come al solito, si apre la ciabatta a sproposito.
Tuttavia, al di là delle chiacchiere di gente che - questa sì - apre la bocca e dà fiato, il problema è il pubblico. O buona parte del pubblico.
Le persone che leggono e commentano ogni giorno quel dato blog e, al momento del fatidico "ma tu pagheresti?", si ritirano nel guscio come le lumache, lasciandosi dietro un bel grappolone di bollicine bianche.
E questo è un problema di mentalità. Il solito, annoso, maledetto problema della mentalità italiana. Perché noi siamo il paese dello scrocco. Il paese del "fatta la legge, trovato l'inganno", il paese dove se evadi le tasse non sei un criminale, sei un furbo. E dove si sfrutta fino all'osso prima di gettare via le persone come fazzoletti usati.
Andando sul personale, su quello che farei io, alla domanda secca: "Doneresti un euro a un blogger per sostenerlo nell'esercizio della sua attività?"
La risposta è "Sì."
Se il blog mi piace e mi interessa, certo. Penso che il valore di un prodotto vada corrisposto e non solo in termini di "visibilità" o "numero di accessi giornalieri". Ecco perché gli ebook me li compro.
Poi, oh, il mondo è bello perché è vario: non vuoi pagare perché ti rompe l'anima dare un euro - e magari ne butti quasi mille nell'iPhone 5? Perfetto. Ma dillo. Chiaro e tondo.
Tiri fuori le palle e lo dici: "No, io un euro non te lo voglio dare. Se è gratis ti leggo, se è a pagamento, faccio a meno".
Così ci risparmiamo sceneggiate della serie "no, ma perché se ti pago poi ti cala l'entusiasmo".
Infine, un'altra questione: quella relativa all'affermazione secondo cui "I blog non sono un prodotto giornalistico. Sono commenti, opinioni su fatti in genere noti: è uno dei motivi per cui i blogger non vengono pagati."
Sono rimasta a bocca aperta, incredula.
Scindiamo la questione: un po' di tempo fa, e scusatemi se ricordo male, uscì la proposta di far rientrare i blog nella definizione di "testata giornalistica", con tutti i costi e le responsabilità che questo comporta. Ecco perché anche qui, sul fondo della colonna di destra, c'è un bel disclaimer.
A prescindere da quanto bravo sia il blogger, i blog, legalmente, non sono un prodotto giornalistico. Nudo e crudo.
MA.
Ma se tu chiami dei blogger a lavorare, li paghi. Con i soldi, la moneta, il peculio, il vil denaro. Non con "la visibilità". (Meno male che sono una signora, altrimenti mi scappava detto dove ficcartela, la visibilità.)
Perché ho il dubbio che mi si stia prendendo in giro e la cosa mi infastidisce. 
La domanda sorge spontanea: se i blogger sono solo gente che commenta - e su fatti in genere noti, quindi senza nemmeno metterci l'impegno di andare a cercare qualche argomento di discussione diverso dal passaparola quotidiano - per quale ragione li chiami a scrivere? 
Delle due l'una: o sono solo persone che blaterano di tutto e niente, o sono persone che riescono a fare informazione in un modo nuovo e più al passo con i tempi. E visto che ho letto in giro di una prima infornata da duecento blogger e di una probabile seconda altrettanto consistente, mi viene da pensare che sia la seconda che hai detto (cit.).
Il lavoro va pagato, sempre e comunque. Altrimenti, è schiavitù. E la schiavitù, correggetemi se sbaglio è fuori legge da un bel pezzo.

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