venerdì 31 maggio 2013

Il canto di Kali - Dan Simmons


A volte ti imbatti in libri che fanno paura.
Non so come funzioni per voi, ma io mi spavento molto di più con le immagini che non con la parola scritta. Per quanto leggere sia un'esperienza immersiva e per certi versi totalizzante, quando si arriva alla paura con me funziona la vista. Puro e semplice.
Però, come vi dicevo, ci sono le eccezioni.
Finora ne avevo trovato solo una: Le notti di Salem. Ieri, è arrivata la seconda: Il canto di Kali.
Abituata a leggere Simmons in altri contesti - Hyperion, L'estate della paura e L'inverno della paura, Drood e l'ultimo, Flashback (e ho La scomparsa dell'Erebus ancora da cominciare) - sono rimasta davvero spiazzata. In un certo senso piacevolmente. In un altro molto meno.
La storia de Il canto di Kali è, per certi versi semplice: Robert C. Luczak, il protagonista, arriva a Calcutta nei primi anni Settanta, per intervistare un misterioso poeta indiano, Das, creduto morto da anni e, invece, rivelatosi ancora vivo. Con lui ci sono la moglie, Amrita, indiana ma cresciuta in Inghilterra, e la figlioletta Victoria. Inutile dire che il compito di Luczak sarà molto più difficile e sinistro di quanto non sembri a prima vista.
Se dovessi definire Il canto di Kali direi che è la storia di un disastro in attesa di verificarsi.
È popolata di personaggi inquietanti - su di tutti svetta E.M. Krishna, il malvagio Virgilio di questa discesa negli Inferi -, colma presagi (a cominciare dall'arrivo all'aeroporto Dum-Dum, che all'epoca portava il nome di munizioni messe al bando per i loro effetti devastanti) e di accenni agli innominabili misteri di Kali e della setta dei suoi adoratori, i Kapalika. Ma la vera, unica, grande, repellente protagonista è Calcutta, con la sua miseria, le strade fangose, la decadenza, la morte e la decomposizione, il fetore che la permeano.
Ho detto che è spaventosa, anche. 
Il canto di Kali è la preghiera composta dalle migliaia di azioni repellenti, folli, sanguinarie, meschine che si compiono ogni giorno in ogni luogo, che avvicinano sempre di più al mondo il ritorno della Dea Sanguinaria, bandita da questa terra migliaia di anni fa. E questo rende il libro in qualche modo realistico. E tanto più impressionante, per questo.
Non voglio dirvi altro, se non "leggetelo". Ma vi avviso: vi disturberà, vi metterà a disagio. E non riuscirete a mollarlo fino alla fine.

2 commenti:

  1. Uno dei miei romanzi horror preferiti. E furbo che sono l'ho letto quando mio figlio aveva 11 mesi... :(

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Cavolo! Quella (senza spoilerare!) è stata la mazzata nei denti peggiore, in un libro che non risparmia mazzate al lettore e che, quando non è intento a spaventarlo, lo opprime con un senso di sciagura incombente.
      Finora, il libro di Simmons che mi è piaciuto di più, forse perché è molto focalizzato sullo scopo e va dritto dove deve andare, senza perdersi in giri né di trama, né di parole.

      Elimina