martedì 4 marzo 2014

Scrittura femminile e maschile

Ieri su Fb siamo finiti a discorrere, in tono semiserio, di scrittura femminile e maschile.
Non era tanto una questione di "scrittura femminile vs scrittura maschile", quanto più un discorso strutturato così: "la sensibilità femminile e quella maschile sono diverse, perciò certe idee a un uomo non verrebbero mai".
Il punto di partenza di tutto il discorso era un paranormal romance, vedete. Inedito e ineditato.
Questo giusto per dare un paio di coordinate.
C'era chi sosteneva che la diversa sensibilità femminile/maschile derivasse da una sorta di condizionamento ambientale: in sintesi, i maschi giocano con i soldatini, alle bambine viene appioppata la Barbie (anche se io sono d'accordo sul fatto che sia l'Imperatrice del Male e un'Algida Stronza), questo giustificherebbe l'utilizzo di certe tematiche nella scrittura femminile.
A questo punto è il caso di mettere il primo paletto: c'è scrittura femminile e SCRITTURA FEMMINILE. 
Buona parte delle autrici paranormal romance e romance (o di tutte quelle opere spacciate per horror/fantascienza/urban fantasy/fantasy classico che altro non sono se romance travestito) rientrano nella prima categoria. Sì, è un giudizio molto secco. Faccio di tutta l'erba un fascio? Allora vi suggerisco di andare a farvi un giro sul Kindle Store.
Date una bella occhiata alle copertine e poi andate a leggere le sinossi di quelle dove vedete: 1. principessa più o meno discinta, più o meno gothika, 2. angelo seminudo e muscoloso (alla faccia del fatto che gli angeli non hanno sesso), 3. vampiro dall'occhio languido e dallo sguardo spermatico, con il sopracciglio che grida "sono andato dall'estetista" lontano chilometri, mascellona d'ordinanza e (a seconda) muscolo in bella vista oppure jabot settecentesco in pizzo.
Fatto?
Ecco. La trama - una qualunque - fa più o meno così: lei è bella ma non sa di esserlo ed è anche speciale, ma non sa nemmeno questo, e, comunque, la cosa le crea più problemi che altro. È una outsider, a volte ribelle ma più spesso vittima, ha una famiglia che non la capisce, se è adolescente va sicuramente al liceo (ché, anche in Italia, altre scuole, nel magico mondo delle autrici di questa roba, non esistono) e subisce episodi di bullismo da una compagna di classe bella e stronza, forse oca, - coadiuvata, o anche no, da un gruppo di supporto di ragazze meno belle e non meno stronze. Se non è adolescente, ha un lavoro poco soddisfacente, magari sottopagato, e viene molestata da una collega bella e stronza. Volendo, può essere insidiata dal viscido capoufficio.
Poi c'è lui. Di default, lui è misterioso. Bello - ma questo è ovvio - e ricco. Così maschio alfa che "maschio alfa" non rende nemmeno l'idea. Ovviamente, lui e lei, quando si vedono per la prima volta, fanno scintille. Perché non si sopportano, è chiaro. L'amore non è bello se non è litigarello, no? E quindi, questi due litigano. Un altro requisito importante è che il nostro eroe è stronzo. O meglio, non è stronzo: è che lo disegnano così. La sua è una forma di difesa, perché ha una profonda ferita interiore. Un trauma. Insomma, pare un leone, invece è un cucciolo bisognoso d'affetto.
E chi glielo darà, l'affetto (e anche massicce dosi di sesso più o meno perverso, se avete pescato una storia per donnine un po' più grandicelle)? Una persona a caso, vediamo se indovinate.
A fianco di queste autrici da serie B, ci sono le autrici da serie A, quelle da SCRITTURA FEMMINILE. Tipo la Atwood. O Angela Carter, solo per dirne un paio. Quelle che ti lasciano a bocca aperta per l'intelligenza, la raffinatezza, la profondità. Quelle che le leggi e dici "vorrei tanto scrivere come lei!"
Questo per dire che non è che i maschi siano scrittori migliori.
Però sono diversi.
Se io guardo quel che mi passa sotto gli occhi quando leggo - o quando scelgo cosa acquistare - vedo alcune "linee guida" che sono, a mio parere, direttamente connesse all'essere donna.
In primo luogo, certi generi sono appannaggio quasi esclusivo delle donne: quasi tutto quello che è romance - o che vorrebbe essere altro ma è romance lo stesso - è scritto da donne. Anche quei generi trasgressivi, o finto trasgressivi stile cinquanta sfumature, sono scritti da donne. Perfino quegli ibridi francamente evitabili e al limite del porno (e ben addentro allo squallido) - dinoporn, tanto per citarne uno - sono scritti per la maggior parte da donne.
Secondo: i punti nodali della trama - quelli che più o meno tutte le storie di un certo tipo hanno in comune - sono strettamente connesse a certi chiamiamoli meccanismi della mente femminile. Il desiderio di protezione, per esempio. Molte di queste protagoniste hanno un (poco nascosto) bisogno di essere protette: il maschio è forte, dominatore e, alla fine, le salverà. Anche la protagonista ribelle, stringi stringi, arriverà a punto in cui non riuscirà a cavarsela, se non per via di un provvidenziale intervento del nostro eroe. Un'altra caratteristica femminile che viene quasi sempre messa in evidenza è la maledetta sindrome della crocerossina. Ce l'abbiamo tutte, chi più, chi meno, ed è un'indubbia fonte di guai, per noi. È quel perverso meccanismo mentale che ci porta a voler salvare l'amato bene da se stesso, con tutte le nostre forze, anche a scapito di noi stesse. Non possiamo resistere. 
Le protagoniste di queste storie sono affette tutte - e allo stadio terminale - da questa sindrome. Così assistiamo a cose terrificanti tipo: lui mi rapisce, mi violenta, ma in fondo è buono e me ne innamoro. Oppure, lui non è cattivo, è traumatizzato e io lo guarirò con la forza del mio aMMore.
Questo meccanismo è così potente che funziona anche da "aggancio" per il pubblico: le lettrici si riconoscono in quel che leggono e ne rimangono ammaliate.
Io non so se le donne che scrivono paranormal romance di un certo tipo siano davvero convinte che sia possibile l'instaurarsi di un certo tipo di relazione partendo da un certo tipo di presupposti. Non so se pensino sia giusto - proprio nel vero senso della parola - che ci sia un rapporto così squilibrato fra le due parti di una coppia, al punto di averne una totalmente dipendente dall'altra. O che sia sano - anche qui, nel vero senso della parola - tentare di "guarire" qualcuno con l'aiuto di, in sostanza, null'altro che delle buone intenzioni (motivate dall'aMMore).
Perché queste potrebbero essere anche scelte - tematiche e di trama - dettate invece dal tipo di pubblico. Scelte ad hoc per far presa.
Il che, se vogliamo, è ancora più allarmante, perché, se è vero che "dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei", allora  là fuori ci sono un mucchio di donne, ragazze e ragazzine che, in cambio di un compagno attraente, soldi e una vita comoda, sono disposte a rinunciare a indipendenza, dignità e personalità.
Io credo che siamo diversi, maschi e femmine. 
Credo che lo siamo anche per come veniamo cresciuti. Forse, se mia madre fosse stata una di quelle fissate che vestono le bimbe come bambole e le affogano nel rosa, nei nastri, nei fiocchi e nelle bambole, invece di essere una donna sportiva, sempre in jeans e che non si è mai fatta problemi nel vedermi giocare con i soldatini e le macchine e, se i miei genitori non mi avessero insegnato che non c'è nulla di più importante del ragionare con la propria testa, sarei stata diversa.
Vedete, credo che la diversità nella scrittura sia bellissima. Che, come ho già detto, ci siano scrittrici bravissime. E che certe, come chiamarle?, aberrazioni? derive?, non siano rappresentative dell'essere donna, ma di certi modi di pensare che non mi appartengono, come non appartengono a tante donne, a tante autrici, che dalla scrittura e dalla lettura vogliono altro.
E questo è un pensiero che mi consola.

4 commenti:

  1. Anche prima che ci fosse questo nefasto rigurgito di romance, nella narrativa di genere esistevano autrici che scrivevano "cose da donne", nel senso di una forma strana e addomesticata di quel genere specifico - penso a tutto il fantasy con guaritrici e arpiste assortite come protagoniste; la fantascienza con le capitane d'astronave tostissime ma in fondo fragili; il poliziesco con le investigatrici dotate di gatto d'ordinanza e così caramellose e frou-frou che al confronto Miss Marple pareva una dominatrix in pelle borchiata...
    Esistono documenti affidabili (lettere di autrici, ad esempio) che sembrano confermare che si tratta di imposizioni editoriali... gli editori volevano "roba da donne" scrittada donne, da una parte per attirare un presunto pubblico femminile, dall'altra per rassicurare il pubblico maschile confermandogli una certa immagine femminile.
    Molte autrici non ci sono cascate, altre hanno accettato per soldi, o forse chissà, perché ci credevano.
    Poi è arrivato il romance, e tutto è stato sommerso dalla melassa,però perversa.

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    1. Va bene l'impostazione editoriale, perché in fondo la casa editrice non fallisce se vende, ma, mi viene da chiedere... e le scrittrici che si autopubblicano? Io vorrei veramente capire se in certe cose ci credono. E il pubblico? Perché se certi tipi di storie sono così diffusi, vuol dire che qualcuno (molti qualcuno) le legge. E che rispondono a certi bisogni, per esempio, quello di sentirsi rassicurate da un lieto fine, o da una figura maschile che, proteggendoti, in pratica ti toglie tutta l'angoscia che genera il pensiero di una vita affrontata da sola.

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  2. Stiamo ancora parlando di questo?
    Davvero?

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  3. Ho quasi paura a chiedervi dove inserireste i miei racconti che parlano di una "capitana d'astronave tostissima" ma molto poco fragile, per niente melensa e che anzi tira pugni senza farsi problemi. E' vero che alla fine trova anche l'amore ma a modo suo e secondo il suo carattere. Aggiungo inoltre che nonostante io sia maschio e scrivo al maschile spesso uso il nick del mio personaggio che è donna. E' vero che in altri luoghi uso altri nick maschili ma devo iniziare a preoccuparmi? :-)))

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