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domenica 5 gennaio 2020

La Cina è qui - Jeanne Larsen e Yangszee Choo

La sua foto, sul retro di Manchu Palaces è uno scatto in bianco e nero.
Visto così, sembra una vecchia foto degli anni 70. Ritrae di tre quarti una donna dalla faccia sottile, una testa di quasi ricci - non il riccio ben definito, da parrucchiere, quel quasi riccio che fa dannare l'anima a chi ce l'ha perché non sta in nessuna maniera - e un'espressione intelligente e saggia.
Sembra dire, a chi la osserva: "Fregatene delle apparenze, sono solo un inganno e, alla lunga, non è quello che conta."
In un certo senso, le sensazioni che mi provoca sono le stesse di quando mi capita di guardare un ritratto di Margaret Atwood. O Ursula LeGuin. O, per migrare da letteratura a scienza, Margherita Hack.
Donne forti, intelligenti, acculturate e che non hanno bisogno di dimostrare niente a nessuno.
Jeanne Larsen (questo il suo sito web) è una delle mie scrittrici preferite e una delle due che sazia, o meglio, che comincia a soddisfare, la mia sete di Estremo Oriente.
Quel che più mi affascina di un certo tipo di letteratura orientale (o di derivazione orientale) è il concetto che il Soprannaturale sia, a tutti gli effetti, molto vicino a noi: appena sotto la superficie, ci osserva da una caditoia di un marciapiede, o lurka da una vecchia porta lasciata socchiusa.
[Sapete, penso che tutto sia iniziato con Grosso Guaio a Chinatown quando ero poco più di una ragazzina]
E nei tre libri che compongono la Avalokitesvara trilogy - Silk Road, Bronze Mirror e Manchu Palaces - è proprio questo ad essere evidente.
Ambientati in epoche differenti - ottavo secolo Silk Road, dodicesimo secolo Bronze Mirror e diciottesimo secolo Manchu Palaces - sono degli stand alone (in questo senso la denominazione Avalokitesvara trilogy può essere fuorviante) che hanno però in comune la presenza di due piani di realtà: quella soprannaturale, popolata di dei, spiriti, demoni che si dilettano in poesia e Grosso guaio, i cinesi hanno molti inferni e pure un Aldilà estremamente complicato), oppure litigano fra loro e quella umana, che ne subisce le conseguenze. Gli umani, come burattini di carne in un teatrino, si muovono in risposta ai capricci e alle esigenze degli dei.
narrazione (sì, per tornare a
In questo senso, le narrazioni della Larsen si ricollegano, ad esempio, allo splendido (e corposissimo) Sogno della camera rossa, che (non a caso) è uno dei quattro grandi classici della letteratura cinese.
Nota a margine: il Sogno è da gustarsi con adeguata calma e attenzione, non solo perché ci sono moltissimi intrecci, personaggi, parentele, ma anche per l'attenzione con cui viene descritta l'ambientazione: palazzi, giardini, gioielli e vestiti sono descritti minuziosamente, tanto che riesci quasi a vederli.
Altra scrittrice che adoro - suo è il meraviglioso The Ghost Bride, dal quale Netflix ha adattato una serie che debutterà il 31 di questo mese e non vedo l'ora! - è Yangszee Choo (la trovate qui). Ho letto entrambi i suoi libri (The night tiger l'avevo prenotato in anteprima), ma The Ghost Bride è davvero inarrivabile.
Ambientato a Malacca, racconta le avventure di Li Lan cui viene richiesto di diventare la sposa di un fantasma: il figlio della potente famiglia Lim è morto improvvisamente e i genitori, per assicurarne la felicità nell'aldilà, hanno cercato  una giovane per farne la sua sposa. Li Lan non è affatto entusiasta della cosa - perché dovrebbe? - ma il peggio deve ancora venire perché il fantasma, invece, è deciso a diventare suo marito e inizia a perseguitarla... non vi dico altro. Fatevi un favore, e leggetelo.
 
Come li ho scoperti?
Fondamentalmente, con una botta di culo. Ho letto The Ghost Bride perché era in mezzo a un Humble Bundle (che avevo comprato perché mi interessava un altro libro) e me   ne sono innamorata. Ho cercato altre cose simili e ho chiesto al mio amico Davide che mi ha consigliato i libri di Barry Hughart su Master Li e Number Ten Ox (Bridge of Birds, The Story of The Stone e Eight Skilled Gentlemen, ma ve ne parlo in un altro post perché ne meritano uno tutto loro). Finiti quelli, ho mendicato un altro consiglio e Davide mi ha parlato di Silk Road (eccovi su Karavansara, il blog in inglese di Davide, questo post).
Come fare a trovarli?
Allora, Il sogno della camera rossa è disponibile, in italiano, in edizione Einaudi. Bellissima, ma il cartaceo costa un botto. Molto più abbordabile l'ebook, a €2.99 (per questo prezzo, fateci davvero un pensiero).
I libri della Larsen non si trovano in ebook, né in lingua originale, né - ma figuriamoci! - in italiano.
Per quel che riguarda il cartaceo, in italiano sono stati tradotti Silk Road (Lungo la via della seta) e The bronze mirror (Lo specchio di bronzo), Manchu Palaces non è mai arrivato da noi. Sono vecchie edizioni Rizzoli e non  penso siano facilissimi da trovare, né ho idea della qualità della traduzione.
Io, che preferisco leggere in inglese per un mucchio e mezzo di motivi, sono andata in caccia su ebay e sono stata baciata dalla fortuna: con pochi spiccioli mi sono portata a casa tutti e tre (anche se di Silk Road ho l'edizione economica, mentre degli altri due la copertina rigida).
Per quel che riguarda The Ghost Bride - e il consiglio è leggetelo! leggetelo! leggetelo! - si trova senza problemi in ebook, anche se il prezzo non è proprio popolare, specie ora con Netflix in pista (€ 7.69). Io l'avevo preso con un fortunatissimo Humble Bundle, quindi l'ho pagato una scemenza. Invidiatemi.

venerdì 20 giugno 2014

Buran - Davide Mana

Ho avuto l'onore di ricevere l'ebook in anteprima - e sì, mi sto bullando - e ora sono qui a parlarvene.
Precisiamo che a me lo stile di Davide piace moltissimo.
Nelle produzioni saggistiche - quelle che lui definisce 'agili volumetti' - è, in una parola, divulgativo: è semplice senza essere elementare e informativo senza essere noioso. Che parli di esploratori, di criptidi, di tempo geologico o di triadi cinesi - tanto per citarne alcuni - Davide ti rende accessibili le sue - notevoli - conoscenze e ti invoglia a saperne di più.
Quando si applica alla narrativa, sia in italiano che in inglese, è altrettanto bravo. Non è un mistero che io sia una fan della prima ora di Aculeo e Amunet, ma ho trovato altrettanto divertenti e ben scritti Tyrannosaurus Tex, Dalle colline con la piena e Blooper, tanto per citarne due.
Devo dire che - fatti salvi Aculeo e Amunet - Buran è, in assoluto, la sua prova più riuscita.
Almeno, quella che mi è piaciuta di più.
Perché?
Perché Buran è epico. Non è tanto per quel che succede (è epico anche quello, intendiamoci: la missione è portata avanti da quattro cosmonauti alla prima esperienza e decisamente attempati su una navetta vecchia di vent'anni): quel che ho trovato epico è il senso di disperata resistenza, di lotta contro l'inevitabile, che percorre tutto il racconto. Non a caso la navetta è battezzata Dignità.
In un mondo ormai alla canna del gas, con le riserve petrolifere allo zero e tutti i problemi che questo comporta, con la diffusa mentalità che la cultura sia inutile, sorpassata, un fardello da eliminare al più presto, trovo epico che ci siano persone che dicono no, che si organizzano da privati cittadini per portare a compimento una missione, ossia recuperare la sonda Raleigh, che, inaspettatamente, torna a casa dalle nubi di Oort. Epico è il convergere di nerd astrofili, grandi vecchi della NASA che ancora sanno sognare, semplici cittadini che danno il loro sostegno, epica è la storia di una navetta abbandonata dallo stato che l'ha finanziata e salvata solo dai tecnici che l'hanno costruita e che si sono rifiutati di smantellarla. Storia vera, fra l'altro.
È la lotta di Davide (quello biblico!) contro Golia, del granello di sabbia che si rifiuta di farsi schiacciare dal meccanismo e di tanti granellini di sabbia che, tutti insieme, il meccanismo lo inceppano.
Leggere questa storia ti fa sentire, contemporaneamente, sollevato e infuriato. Sollevato perché nella finzione i granellini vincono (beh, fino a un certo punto, ma ci arrivo dopo), infuriato perché nella realtà, i granellini sono ancora tutti dispersi in giro e il meccanismo il sta schiacciando.
Perché purtroppo la mentalità che vede la scienza e la cultura come superflue è sempre più diffusa, a un livello capillare, nella società. In alcuni paesi di più in altri meno, ma, diciamoci la verità, qui in Italia è tragica. Il laureato - vent'anni di studi, iperspecializzato - a tirare a campare in un call center e l'idraulico - che forse ha finito la scuola dell'obbligo - in giro con le tasche piene e l'aria di chi ha fatto la scelta furba.
E quanto al finale... posso dirvi che è lasciato aperto. E che considerarlo un lieto fine o un finale tragico dipende da voi. E dalla fiducia che avete nel genere umano.
Leggetelo, ne varrà la pena.
By the way, alcune delle cose che succedono in Buran, scritto nel 2006, si sono avverate:
  1. un disastro nucleare in Giappone - nel 2011 c'è stata la tragedia di Fukushima
  2. lo smantellamento del programma Space Shuttle da parte della NASA nel 2011
  3. il ritrovamento, nel 2013, di una navetta Buran che gli operai avevano occultato in un hangar abbandonato anziché smantellarla
  4. il ritorno della sonda ISEE3/ICE e la sua "gestione" da parte di un gruppo di nerd dello spazio altamente specializzati - la Planetary Society -, nel 2014
  5. la crisi economica che ci ha schiaffeggiati tutti nel 2009.
Cinque non è poco, direi.

giovedì 19 giugno 2014

Io tre euri glieli ho dati

Wikipedia ha lanciato una nuova raccolta fondi. Si può donare tramite carta di credito o Paypal, scegliere se fare una donazione mensile, oppure una tantum. Si può donare da un minimo di tre euro, non è una cifra proibitiva.
Io Wikipedia la uso. E trovo che sia  un progetto meraviglioso e molto importante: Wikipedia è di tutti ed è giusto contribuire.
Quindi, io i miei tre euri li ho dati.
Quanto a voi, fatevi un favore: mettetevi una mano alla coscienza... e l'altra al portafoglio!


giovedì 21 marzo 2013

Ventimila leghe sotto i mari - 1954

Io sono innamorata del genio di Jules Verne.
Da sempre.
Le sue storie visionarie e con quel giusto mix di scienza e mito sono una pietra miliare (nonché  uno dei punti più alti) della narrativa fantastica.
I miei preferiti fra i suoi libri sono Viaggio al centro della terra e 20.000 leghe sotto i mari, da cui sono stati tratti, rispettivamente nel 1959 e nel 1954, due film targati Disney.
A differenza del primo, che conosco praticamente a memoria, avevo visto il secondo soltanto una volta, molti anni fa.
Questo finché alla mia amica Babi non è capitato di incocciarlo durante una sessione di zapping e non si è accorta di una cosa: la marcata, bellissima estetica steampunk. (In tempi in cui il termine "steampunk" non esisteva).
E di quella parla questo post, dato che, per quel che concerne la fedeltà al libro, ehm, è meglio lasciar perdere.
Perché, spinta dal consiglio di Babi, il film l'ho riguardato
Alcune cose mi hanno fatto storcere il naso, (ma si sa che con le versioni cinematografiche dei libri che amo sono una tigna), solo, ho ritenuto opportuno soprassedere e lasciare che l'ambientazione mi colmasse gli occhi.
Innanzitutto, a me il mare piace. Mi piace il mare, mi piace tutto quello che ci sta sotto. Mi piacciono scafandri, sottomarini, batiscafi, laboratori sottomarini e, insomma, tutto quello che ha a che fare con le profondità e la loro esplorazione.  (non l'avreste mai detto, eh?).
Così, eccomi qua, a proporvi un po' di screen shots, giusto per condividere ammirazione e fangherleggiamento spudorato.
Tanto per cominciare, l'ingresso nel Nautilus del professor Arronax e di Conseil (ridotto a macchietta comica, vabbé).
Rivetti! Tanti rivetti!
Sapete cosa mi viene da dire: "Mmmm, rivetti..."
Mi piacciono, i rivetti. Sul serio. Anche le flange, ma i rivetti di più. E  i manometri. Ho la passione per i manometri.
Comunque, non venitemi a dire che uno scorcio così non vi fa brillare gli occhi. A me sì.
Però ho appena cominciato.
Un po' polveroso, ma bello!

Perché se l'ingresso - con quei manometri illuminati di verde a destra - è fico, aspettate di vedere quello che viene dopo.
Volanti, tubi e bulloni! Cosa può volere di più, una ragazza?
Il corridoio.
Che è meno lindo (anzi, sembra un po' lozzo), ma splendido nella sua grezzitudine. Qui rivetti non ce ne sono. In compenso ci sono tubi - e mi piacciono anche quelli -, flange - giustappunto, si diceva - e i volanti per la chiusura dei portelli (o delle valvole) guardate quello a destra, bello grande. Non è fantastico?
Ah, e bulloni. Belli grossi, anche.
Ma andiamo avanti, perché tutto questo ben di dio si vede nel primo quarto d'ora - venti minuti di film
E il bello deve ancora venire.
Perché, curiosando nel Nautilus deserto, il professore e Conseil finiscono dritti dritti nella location più figa.
Eleganza portami via.
Il salotto del capitano Nemo.
Che è di un'eleganza così ottocentesca e di un fascino così vintage da lasciare ammutoliti (ed estasiati).
Guardate la tappezzeria. Le poltrone. Il tavolino centrale e, punto focale dell'intera stanza, l'organo a canne che, con il suo color oro, stacca da tutto il resto e calamita su di sé lo sguardo.
Non vi dico cosa darei per una finestra così
L'ultima caratteristica notevole di questa versione del Nautilus - che, a proposito, stacca di gran lunga quella proposta ne La leggenda degli uomini straordinari - è l'oblò, dal quale il professore e Nemo - elegante e oscuro a un tempo - osservano gli uomini dell'equipaggio e Ned e Conseil partire per una battuta di caccia.
E a proposito di caccia...
L'altra cosa per cui questo film mi va a genio sono, ovviamente, le riprese sottomarine.
Certo, alcune trovate sono un po' così, come quella del relitto. Un galeone in condizioni così buone che ci puoi camminare dentro - e trovare il tesoro, eh - è un tantino irrealistico.
Ma fa la sua porca figura e, se non ci credete, guardate qui.
Un cannone che sembra pronto a sparare?
Gli scafandri fanno la parte del leone, nel film.
Scafandriiii!
Qui siamo all'inizio, quando nessuno è nel Nautilus perché si sta tenendo un funerale subacqueo (anzi, subbaqquo, come direbbe Vulvia).
Ma che bellezza!
In alcune delle riprese si nota il modo in cui i palombari - quelli veri - sono costretti a muoversi, tutti sbilanciati in avanti. Qui si vede che erano poco profondi e infatti camminano dritti.
E poi, visto fuori dall'acqua, lo scafandro è ancora più bello.
Sta a metà fra uno scafandro vero e proprio e una tuta da astronauta retrofuturibile.
(Beh, in realtà tutti gli scafandri di tipo tradizionale sembrano tute da astronauta retrofuturibili, eh).
Senza contare che non ho lo screenshot ma pure la camera d'equilibrio, con il portello dal quale vengono calati in acqua gli operatori, è fantastica.
Comunque, in definitiva: il film non è granché.
Primo perché hanno pesantemente rimaneggiato la storia. Secondo perché Kirk Douglas canta più e più volte (ma sempre la stessa canzone) e io quando i personaggi cantano mi scoccio.
Terzo perché Conseil e Ned Land a fare i siparietti comici non mi piacciono.
Però.
Il Nautilus è un capolavoro. E Nemo (interpretato da James Mason, lo stesso che darà il volto al professor Lindenbrock di Viaggio al centro della terra) è davvero quello che uno si aspetta.
Misterioso, spietato e geniale.
Perciò, tutto considerato, un'occhiata - anche più d'una, sto bluffando - se la merita proprio.

venerdì 30 novembre 2012

Una segnalazione veloce veloce...

Qualche giorno fa, sul sito di WD è uscito questo.
Il concorso ha un tema interessante (e il premio non è da buttar via, viva la sincerità).
Sallatelo!