lunedì 27 giugno 2016

Cosmo Oro 11 Sesta Colonna R.Heinlein

Rispetto a John Carter di Marte, Sesta Colonna (il terzo Heinlein della collana) è decisamente più sofisticato e chiede molta più attenzione al lettore.
Si tratta di un romanzo distopico ambientato in un futuro alternativo, nel quale gli Stati Uniti sono stati conquistati dai PanAsiatici che hanno 'esportato' il loro modo di essere e di pensare in occidente.
Agli americani, considerati alla stregua di schiavi, è stato affibbiato un numero di riconoscimento e sono stati limitati i diritti: niente scuole, niente giornali, niente libertà, niente di niente. Se lavori bene, se non lavori e loro ti beccano vai in campo di concentramento. (E se sei un giapponese-americano, o un cinese-americano... una pallottola in testa e tanti saluti.)
E qual è l'unica speranza degli americani?
Uno sperduto laboratorio segreto nelle viscere di una montagna vicino Denver. Un laboratorio nel quale si è appena verificato un disastroso incidente e che ha lasciato in vita solo sette persone.
E non sette militari di carriera, no.
Tre scienziati (un matematico, un biologo e un fisico), un operaio specializzato in meccanica di precisione, un pittore riciclatosi come cuoco, un ex-avvocato tuttofare dedito al nomadismo e, più alto in grado e quindi comandante in capo per mancanza di alternative, un pubblicitario, il maggiore Ardmore.
Note positive: l'incidente è stato causato da un nuovo tipo di arma, efficacissimo. Così efficace che manca un po' si ammazzano tutti.
Note negative: a parte che l'efficacissima arma è incontrollabile? Sono sette contro il mondo.
Ma Ardmore, pur non entusiasta di essere il capo, non è uno che si arrende. Bisogna fare qualcosa. Bisogna liberare l'America. Bisogna sconfiggere il nemico.
Cosa rimane, agli americani per organizzare una resistenza? Sono vietati gli assembramenti di ogni genere e tipo, tranne in un caso: la chiesa.
Gli schiavi, in chiesa ci possono andare.
E così, dopo aver perfezionato la loro arma, che si basa su onde modulabili in frequenza e si presta ad applicazioni quasi miracolose a un occhio ignaro, Ardmore e i suoi sei fondano una religione, quella che il maggiore definisce 'sesta colonna'.
Decidono a tavolino tutto: da come sono fatti i templi, alla mitologia et voilà, il Nostro Signore Mota fa la sua comparsa.
Con fondi illimitati (possono letteralmente trasmutare gli altri elementi in oro) e una rete di informatori costituita da nomadi, la Chiesa di Mota si appresta a colonizzare le città nelle quali i PanAsiatici hanno stabilito i punti nevralgici del loro governo. Puntando al reclutamento di nuovi 'sacerdoti' e sfruttando i punti deboli del modo di pensare PanAsiatico, i membri della chiesa tentano di fiaccare psicologicamente il nemico, per costringerlo a tornare a casa.
In realtà, le cose andranno in un modo un po' diverso da quanto preventivato, perché i PanAsiatici costringeranno Ardmore e i suoi ad una brusca accelerazione dei piani, e...
E non vi dico altro. Leggetevelo.
Quanto a me, ritorno su Arrakis. Il prossimo Cosmo Oro è Messia di Dune.

giovedì 23 giugno 2016

In vacanza da Facebook e altre cose.

C'è una storia mezza scritta.
Una storia in prima persona, ambientata in un altro stato e in un altro tempo. 
È una storia che manca dell'ambientazione perché, nel raptus di lascrivolascrivolascrivo, ho scientemente trascurato la fase di documentazione. 
La faccio dopo, mi sono detta. 
Solo che poi quel dopo... vabbé di quello ne parliamo, ah, dopo.
C'è un social network. Uno a caso che inizia con la effe. 
Non volevo nemmeno usarlo, anni fa. 
Poi mi sono iscritta e per un po' è stato anche divertente.
Ora non lo è più. È solo stupido, vano e irritante. 
Mi sono accorta che mi arrabbiavo un giorno sì e l'altro pure. Che la mia già scarsa fiducia nel prossimo veniva puntualmente ridotta a zero dalla massa di cretinate e dall'invasione di analfabeti funzionali e bufalari. Che fondamentalmente non me ne frega un cazzo.
Non me ne frega un cazzo di tutta quella massa di fattacci altrui. Mi interessano alcuni blog amici - quelli che scrivono cose interessanti e intelligenti. Il resto è fuffa.
Non ne vale la pena. 
Ho tolto l'applicazione dal telefono, visto che usavo solo quella. 
Sto meglio.
Ho scoperto che non è affatto male, essere meno social. C'è modo di tenere i contatti anche senza social network. A volte il ritorno al passato è auspicabile. 
E la storia? Tutta la rabbia e il disgusto per le quotidiane dimostrazioni di pochezza umana e intellettuale mi hanno dato una bella spinta e quel 'dopo' è diventato 'adesso'. 
Ho una scadenza da rispettare: quattro mesi sembrano tanti e in realtà sono pochissimi.
Il 17 settembre devo aver concluso questa fase.
Almeno un'ora al giorno di studio. Quando posso, quando Davide dorme o è con suo papà.
Sto seguendo dei corsi universitari attinenti - usando il meraviglioso Open Culture (se volete sapere di cosa si tratta, leggete qui). Insomma, l'ho presa seriamente.
Il tempo che non passo su quel social network, quello con la effe, è impiegato decisamente meglio.


martedì 21 giugno 2016

Sick of it all

Oggi ho ricondiviso su Fb un post di Alessandro Girola che vi linko qui.
Il fatto è che... non avrei saputo dirle meglio, certe cose.
Io sono stanca. Sono stufa. E l'unico motivo per cui non chiudo il mio profilo Fb è che sono in contatto con persone interessanti, con le quali intavolo produttive discussioni via messenger. Che gli aggiornamenti dei loro blog sono per me fonte di approfondimento e diletto.
Però, in un bilancio costi/benefici, il fatto è che per quattro persone interessanti (dico quattro, ma sono di più), mi trovo in home page una marea di stronzate, bufale, post irritanti e stupidità assortite. E non ce la faccio più.
Non me ne vogliate, ma sono stufa di gattini e cagnolini in difficoltà con una pletora di commenti stile "piccolo amore vedrai che troverai una mamma presto" e "adottatelo vi prego!" e "ma come si fa, qualcuno lo aiuti"... qualcuno? qualcuno chi? non tu, che ti sei lavata la coscienza con una riga su Fb. Oppure, e io lo odio, il "corri felice sul ponte dell'arcobaleno". Ma quale arcobaleno? Quale ponte? Gente che, di fronte a un animale maltrattato, si lascia andare a commenti che mi lasciano basita:robe tipo "io a quel bastardo maledetto infilerei chiodi negli occhi", poi vedi il profilo ed è una mamma dall'aria dolce con un paio di pargoli. Ma che è? Personalità multipla? Veramente dietro quella facciata alberga tutto quell'odio? I maltrattamenti fanno incazzare anche me, ma questo genere di persone mi spaventa.
E le polemiche. Volontari che si fanno il mazzo, ci mettono soldi, tempo, fatica, patemi d'animo e poi arriva il primo analfabeta funzionale che passa, decide di ammannire un po' della sua sapienza sulla questione (non può esimersi) e polemizza.
Che altro?
Gli immigrati che stanno in hotel di lusso (ma veramente ci credete, voi? oltre che aver affrontato la morte, oltre ad essere sradicati, soli, in balia dell'aiuto altrui, questi si devono anche beccare l'odio fomentato on line? ma non vi sentite neanche un po' delle merde?), mamme vegane o talebane della tetta pazze da legare (e a cui revocherei la patria podestà), fashion victim di turno che ripostano le pIrle di saggezza della starlette del momento, chi posta tettone in pose equivoche (seriamente vi eccitano quei due meloni plasticosi e quelle pose volgari?), leoni da tastiera che tuonano contro la Kasta!!!111!, antivaccinisti dell'ultim'ora e via così in una Corte dei Miracoli dell'idiozia, una giostra folle in cui vince chi urla più forte.
Devo prendermi una vacanza da tutto questo. Perché lo spettacolo men che mediocre dell'italietta 2.0 sta distruggendo quel poco di fiducia nel genere umano che mi è rimasta.
Dice là fuori è un altro mondo. Ok, ma io sono qui. Sono in Italia. E sto perdendo la speranza.

venerdì 17 giugno 2016

Cosmo Oro 10 John Carter di Marte E.R. Burroughs

John Carter di Marte (che comprende i primi tre libri del fortunato ciclo: La Principessa di Marte, Gli dei di Marte e Il signore della Guerra) era proprio quel che mi ci voleva dopo la mia brutta esperienza con Non-A (attenzione, non sto dicendo che Non-A sia un pessimo libro. Sto dicendo che io non sono riuscita ad apprezzarlo. Con tutta probabilità è un capolavoro immortale, quindi my bad).
Comunque, quello che mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo è che John Carter di Marte è semplice.
Non ci sono intrighi politici interplanetari da scoprire, né amici-sospetti nemici, né scopi nascosti.
Per un fenomeno misterioso - che all'autore non interessa chiarire e che il lettore prende così com'è - John Carter della Virginia, formidabile avventuriero, finisce trasportato su Marte. Il suo corpo fisico resta fermo (in animazione sospesa, in pratica), in una caverna, mentre lui nudo come un bruco, si ritrova di punto in bianco in un altro mondo.
E, intraprendente e coraggioso, riesce a sopravvivere (cosa non semplice), fare fortuna e, il che non guasta, sposare la più bella delle belle, Dejah Thoris, la Principessa di Marte.
Lo schema di Burroughs è abbastanza collaudato, perché fondamentalmente è lo stesso che ha seguito per Tarzan, il suo personaggio più famoso, ma c'è da dire che le avventure di John Carter proprio non annoiano. Il poveraccio non ha un momento di respiro, cade sempre dalla padella nella brace (perdonate la frase fatta) e quando sembra che possa rifiatare un momento... aspettate la fine del capitolo perché sicuramente gliene capiterà un'altra peggiore.
Forse i personaggi non sono tutto questo tripudio di approfondimento psicologico e tridimensionalità (John Carter è, tocca dirlo, un po' uno stereotipo ambulante dell'eroe, così come la sua controparte femminile è lo stereotipo dell'eroina) e la prosa ottocentesca (il racconto è ambientato all'incirca verso il 1890) non è che aiuti molto, e poi, sì, tutte le femmine barsoomiane umanoidi (ci sono anche la marziane verdi, ma sono tutt'altra storia) si innamorano del prode John, il quale, da vero galantuomo, le cava dai guai per poi informarle che nel suo cuore c'è posto per un'unica donna, la divina Dejah Thoris.
Ma alla fine, chissenefrega, è divertente così.
Va detto che, poveraccio, Burroughs gliela fa sudare, la felicità coniugale: alla fine del primo libro, dopo aver salvato il pianeta intero dall'asfissia, si ritrova catapultato sulla Terra, separato dalla sua amata da giusto qualche chilometro di vuoto cosmico.
A piedi.
Quando riesce a tornare su Barsoom, beh, intanto scopre che sono passati dieci anni e poi che Dejah Thoris è scomparsa. Ci mette tutto il libro per ritrovarla, soltanto perché, proprio davanti ai suoi occhi, il malvagio di turno la imprigioni con altre due donne (una delle quali, innamorata di John, la vorrebbe far fuori a coltellate) in una cella che non si aprirà per un anno intero. 
Un anno intero senza sapere se è sopravvissuta o meno.
E che dire del terzo libro? Lui trova il modo di aprire la cella anticipatamente soltanto per vedersi rapire la moglie sotto il naso e doverla inseguire per tutto Barsoom (e lì ci vuole un altro anno perché finalmente si possano ricongiungere).
A un'occhiata superficiale, potrebbero parere le mirabolanti avventure di un perfetto eroe, quel genere di personaggio che la sottoscritta poco sopporta, ma, a tratti, Burroughs lascia vedere il romanziere di razza. Per esempio, nel narrare la storia di Tars Tarkas e di sua figlia Sola, che mi è rimasta nel cuore. E nelle descrizioni di Barsoom, delle meravigliose città in rovina, delle vie d'acqua ormai asciutte, della ferocia con cui i suoi abitanti lottano per la vita in un ambiente che perdona e lascia andare avanti solo i più forti.
Non è uno dei miei autori preferiti, né posso dire che sia il Cosmo Oro che mi è piaciuto di più, ma merita di essere letto.

giovedì 9 giugno 2016

Cosmo Oro 9 - Non-A A.E. Van Vogt

Non-A significa 'non aristotelico'. In pratica è il sistema di pensiero adottato dal protagonista, Gilbert Gosseyn, che forse si chiama davvero così o forse no, che pensa di essere vedovo di Patricia Hardie, salvo scoprire che poi lei è viva e vegeta e sposati non lo sono mai stati.
Gosseyn viene ucciso e ritorna, in un nuovo corpo e come abbia fatto non lo sa nemmeno lui.
Sono tante, le cose che Gosseyn non sa: non sa davvero chi è.
Non sa quale sia il potere della sua mente - o meglio, delle sue menti, perché ne ha due.
Non sa perché gli diano la caccia, né chi gli dia la caccia.
Non sa chi sono i suoi amici e chi sono i suoi nemici, perché le stesse persone prima sono una cosa, poi l'altra.
Non sa perché si tenta di sterminare la popolazione non-A di Venere, né chi stia tentando di farlo.
Soprattutto, non sa per quale motivo lui - un singolo essere -sia così importante ai fini di un conflitto fra la Terra e Venere (ma poi, sono solo la Terra e Venere? E la Lega interplanetaria che ruolo ha, in tutto questo?)
Insomma, come vi ho detto, le cose che Gosseyn non sa e non capisce sono davvero tante.
Il guaio è stato che, oltre a tutte quelle, io non ne capivo anche un'altra: cosa diavolo è un sistema di pensiero non aristotelico?
Io ci ho provato per un mese, giuro. Sera dopo sera, con impegno, ho provato a finirlo, ma... mi sono annoiata a morte.
Così, ho deciso che Non-A per me significa semplicemente: non adesso.

lunedì 6 giugno 2016

Ridatemi un mondo analogico!

Forse essere mamma vuol dire che ti parte l'embolo mediamente molto prima rispetto a quando non lo eri.
Sarà la mancanza di sonno? Sta di fatto che ultimamente lo spettacolo che la varia umanità di Facebook dà di sé mi fa venire una gran voglia di mondo analogico.
Seriamente, non so proprio se il signor Zuckerberg abbia fatto un favore all'umanità, inventando Facebook. Propendo per il no.
Chiariamo una cosa, sui social ci sto molto meno, ultimamente (e meno male), ma l'occhiatina ci scappa comunque. E, com'è come non è, mi ritrovo sempre più spesso a pensare che un bell'asteroide sarebbe una gran soluzione.
Ieri, per esempio, uno dei miei contatti commenta una palese bufala: Bruxelles ordina che da settembre ciascuno di noi ospiti in casa un immigrato. Commenta dicendo (testuale): non mi stupisco di chi scrive certe cose, ma di chi ci crede sì.
La pagina Fb è legata a un sito con un nome che è tutto un programma: italianosveglia (no, non ce lo metto, il link. Non sia mai che gli porti anche solo una visita).
Che poi, concordo eccome: l'italiano si dovrebbe svegliare ma non nel senso inteso dai fondatori del sito.
Apriamo una parentesi: è un sito sul quale chiunque può scrivere un articolo e postare. E quando dico "chiunque" intendo proprio "chiunque". Senza fonti, senza controllo, in pratica un inno alla diffusione delle palle.
Se vai a leggere l'articolo (vabbé, chiamalo articolo), scopri che a Bruxelles due politici, l'italiano Alvaro Viziali e il tedesco Norris Chuck sono i padri fondatori di una legge in virtù della quale, da settembre, ogni famiglia deve ospitare un immigrato. Avete fatto caso ai nomi? Sono scritti una riga e mezzo (toh, facciamo due) sotto il titolo. Ma niente, ai leoni da tastiera in odore di razzismo (e sono tanti) è sufficiente il titolo, anzi, no, la parola 'immigrato'. Come i tori quando sventoli la muleta, questi partono a testa bassa in un tripudio di banalità, rancore, odio e italiano sgrammaticato. Un distillato di analfabetismo funzionale, presunzione ed egoismo che ti stende morta entro pochi secondi.
Questa gente non si merita un cazzo.
Poi ci sono i gruppi Facebook, altra invenzione geniale (si fa per dire). Ora, anche io sono in qualche gruppo (riguardante scrittura e lettura). Ogni tanto qualche contatto maleducato mi aggiunge a tradimento ad altri, io mi tolgo, questo mi riaggiunge, io mi ri-tolgo e via così fino a che non la capisce e la pianta.
Però.
Però ci sono alcuni gruppi che sono un covo di disfunzionalità e psicopatia. E il peggio è che, una volta, certi elementi rimanevano isolati nella loro follia. Adesso si ritrovano e si danno man forte in un crescendo di delirio che, in alcuni casi, sulle prime fa ridere, alla lunga ti fa preoccupare.
Come la querelle delle mamme vegane contro l'invidia. Non la conoscete? Ecco, leggete qui, poi non riuscirete più a smettere fino a che non avrete divorato tutte le puntate.
Queste persone esistono. Non sono troll, non lo fanno per far ridere, né per far parlare di sé. Certe cose le pensano davvero, le fanno davvero. E, che è peggio (come diceva Quattrocchi), si spalleggiano.
Il problema non è che sono vegane, è che manca loro del tutto il buonsenso. (Che poi fra la mancanza di buonsenso e il veganesimo ci sia un rapporto di causa-effetto non tocca a me giudicare).
Perché se il tuo cane si sente male e sporca in un negozio (a prescindere dal fatto che dovresti portarlo dal veterinario e non fargli fare tre giorni di riposo sperando che guarisca, povera bestia), tocca a te pulire e la commessa non è cafona perché ti porta il mocio. Questa è semplice buona educazione, cazzo. E, una volta, ti avrebbero fatto notare che le tue pretese erano non solo sbagliate e ingiuste ma anche profondamente maleducate. Lì dentro c'è gente che fa la ricotta con il latte materno e la spaccia alla vicina convinta pure di averle fatto un gran dono.
C'è gente - giuro - per la quale essere vegana è tentare di rianimare (non ho idea di come) un moscerino che è cascato nel bicchiere di succo di frutta. Gente che viene (ovviamente) guardata con perplessità dagli altri avventori e che per questo si sente... confermata nella propria vocazione. Mi guardano male perché sono vegana e tengo alla vita. Ma io, anche se tutti mi tirano sassi, continuo per la mia strada perché sono nel Giusto. Perché ho la Verità in tasca. Sono martire e discriminata (e mi piace tantissmo, mi fa sentire coooosì importante), ma difendo la vita. Praticamente, un'eroina. Giovanna d'Arco mi fa una pippa.
No. Ti guardano perplessi perché vedono una che tenta di fare massaggio cardiaco a un moscerino.
C'è gente che alleva bambini vegani, fruttariani, crudisti e chi più ne ha più ne metta, svezzando neonati col latte di banana e fottendosene allegramente del bilanciamento della loro dieta. Tutelate la vita, ma a quella di vostro figlio non ci pensate? Ma lo sapete che potreste causare dei danni? E si sentono così fieri, così virtuosi, così una spanna sopra noi mangiacadaveri...
Mamme che mandano le bambine alle feste di compleanno ma le dotano di pizze vegane perché non sia mai che mangino quello che mangiano gli altri bambini. Perché tutte le altre mamme sono incoscienti e sventate tranne loro.
Mamme in cura dallo psichiatra che, quando questo fa notare che allattare un bimbo di QUATTRO ANNI è patologico, rispondono che non capisce niente. E qui parte il coro di commenti delle supporters: non tornarci più, da questo. Patologico è il suo cervello. Non è preparato sulla questione, perché mommy knows better. Che loro allattano fino a che il bimbo dirà che la tetta non la vuole più. Ma quando succederà? Quando va alle medie?
E poi ci sono gli antivaccinisti. Quelli che hanno preso una laurea in medicina su Fb. Quelli che ti citano studi a sostegno dell'antivaccinismo, ma non dicono mai fatti da chi. Quelli che si curano con la luce, i numeri, l'omeopatia, insomma con tutto tranne le medicine. E che curano i figli nello stesso modo. Prendere la polemica fra il virologo Burioni e l'accoppiata Red Ronnie-Eleonora Brigliadori a Virus, qualche settimana fa. Hanno dovuto fare una puntata di 'riparazione' tanto è stata scandalosa la conduzione.
Rendiamoci conto che una trasmissione RAI (quindi pubblica, quindi pagata anche da me) invitato un virologo di fama, un professore universitario e poi l'ha lasciato in balia dei delirii di un ex-dj ammuffito e di una starlette posata, senza dargli neanche la possibilità di replicare. (By the way, Red Ronnie si è dedicato anche alle scie chimiche, ultimamente. Chiamando a supporto della sua tesi... il cantante degli smashing pumpkins, la principessa saudita - non altrimenti specificato -, Beck, Prince, i Muse e non so chi altri. Tutta gente che ha fatto della scienza una carriera, certo).
E dall'altra parte dello schermo - e dall'altra parte del monitor - c'è una pletora di gente che non è in grado di comprendere un testo scritto, né quello che gli si sta dicendo. Gente che non aspetta altro se non l'imbeccata facile, la pappa predigerita, senza sforzare (non sia mai!) il cervello.
Queste persone vivono. Queste persone votano. Queste persone fanno danni.
E io sono stufa, sono spaventata, sono disorientata. Perché i figli di questa gente saranno i futuri compagni di scuola di Davide e come faccio a impedire che venga trascinato al loro livello?

"I social media hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli, i quali prima parlavano solo al bar dopo due o tre bicchieri di rosso e quindi non danneggiavano la società [...]. È gente che di solito veniva messa a tacere dai compari e che adesso invece ha lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel."

Avevi ragione, Umberto. Come sempre.




venerdì 3 giugno 2016

Cosmo Oro 8 - Dune Frank Herbert

Anche se sono più o meno secoli che non scrivo qui dentro, ho continuato a leggere.
Un mucchio di roba a spizzichi e bocconi, tipo Great North Road, di Peter F.Hamilton, di cui ha parlato Davide qui e che è ancora più fico di quanto la recensione faccia supporre (non perché la recensione non sia abbastanza lusinghiera, ma perché è davvero-davvero fico).
E, ovviamente, ho continuato con la mia folle idea di sciropparmi la Cosmo Oro bella intera.
Come avevo scritto alla fine dell'ultima recensione, ero entusiasta di rispolverare Dune.
Tanto entusiasta che l'ho letto tutto in tre giorni. (Ri-letto, in realtà, perché il ciclo di Dune è stato una delle mie monomanie adolescenziali, ma insomma, considerate che si tratta di un tomo bello denso).
In poche, lapidarie parole posso solo dire: Dune è immenso.
Normalmente, io sono una di quelle persone che si incazza a morte quando incontra qualcuno, uno di quei personaggi accultuVati che ci tengono a fare distinzione fra 'letteratura' e 'fantascienza'. Di solito, specificano subito che non si interessano di fantascienza (come se il leggere quest'ultima fosse uno sporco piccolo segretuccio da non lasciar assolutamente trapelare).
Però, nel caso di Dune, una cosa va detta: rispetto alle fantascienza precedente ha un respiro molto più ampio. Molto più da letteratura.
Forse è meglio spiegare con un esempio. Prendiamo Aarn il gioviano.
A me come personaggio stava un po' sulle, ma lasciamo perdere, per adesso. Quel che intendo è che il 99.9% del libro è centrato su quel che Aarn fa.
E lo fa a prescindere da dove si trova. Intendo dire che non c'è una relazione di mutuo interscambio fra il personaggio Aarn e l'ambiente in cui vive le sue avventure. Su un'astronave o su un pianeta sconosciuto, Aarn è Aarn, punto.
L'ambiente in cui si muove non lo influenza e non lo condiziona è più che altro uno sfondo statico, creato per destare meraviglia in chi legge.
Come la giungla per Tarzan: ora, a me Tarzan è un personaggio che piace un sacco, ho letto un po' di libri del suo ciclo (non tutti) e mi ci sono divertita un mucchio, ma la 'giungla' non è altro che un insieme di alberi con animali che ci vivono in mezzo.
Gli alberi sono solo... 'alberi' e lo scopo che hanno è fare in modo che il protagonista ci si arrampichi sopra. Non c'è... specificità, in questa descrizione. Non si parla di clima caldo-umido, né di come l'ambiente influenzi il modo di vita del protagonista.
Quello che Herbert fa, invece, è del tutto opposto. Invece che stringere l'inquadratura sui protagonisti, la allarga e costruisce un mondo intero, sotto tutti gli aspetti: ecologia, geografia, sociologia, politica.
E il rapporto che i personaggi hanno con l'ambiente è uno di mutuo scambio: lo influenzano nell'esatta misura in cui lui influenza loro.
Basta pensare alle Tute Distillanti e alla precisione con la quale ci vengono descritte. Non ci si limita a dire che Dune è un pianeta deserto, ma si ricostruisce una società plausibile per quell'ambiente, ritrovati tecnologici inclusi.
Non solo, il trovarsi in un certo tipo di ambiente ha, per i non-nativi, effetti anche a livello psicologico. L'importanza dell'acqua è difficile da capire per qualcuno che proviene da un mondo nel quale essa è estremamente abbondante.
Arrakis, detto Dune, il pianeta deserto diventa quindi qualcosa di pressoché tangibile, che, leggendo, puoi quasi sentire.
Dune, i suoi giganteschi Vermi delle Sabbie, la Spezia e la costante ossessione per il recupero dell'acqua sono forze con cui i personaggi devono fare i conti... e che condizionano e mutano le loro vite. Impossibile ignorarle. Così come impossibili da ignorare sono le trame politiche che mettono letteralmente in moto la vicenda e che portano a conseguenze inevitabili, soprattutto per Paul.
C'è molto in Dune, ma questo molto non è mai troppo perché Herbert, espertissimo giocoliere, tesse una trama complicata, ordisce molti fili e non ne perde nessuno per strada, portando con sé il lettore in una cavalcata folle su uno dei Grandi Creatori, alla fine della quale ti ritrovi senza fiato... e pronto a ricominciare.
Ma qui non si può ricominciare, bisogna andare avanti...
Cosa mi aspetta? Alfred Elton Van Vogt: Non-A