mercoledì 27 novembre 2013

Abbattere i muri

Un po' di tempo fa, discorrevo con i compagni del Blocco C della blogosfera in merito ai miei problemi di scrittura.
Perché, let's face it, io ho problemi di scrittura. Ho due stesure complete da rivedere, una storia a metà, ma... non c'è verso di concludere qualcosa.
Ciascuno di loro mi ha dato consigli. Chi ha detto di prendere pausa, chi ha detto di provare a iniziare qualcosa di nuovo (e breve), chi ha suggerito, invece, di scrivere - come in una lettera a me stessa - il perché non riuscissi a scrivere. O, in alternativa, di descrivere il mio vecchio prof di petrografia. Un arnese ben strano, il mio vecchio prof.
Ma torniamo al punto.
Sono passati giorni e io ho ripreso a scrivere. Non con ritmi furiosi, ma sembrava che qualcosa si fosse finalmente sbloccato.
Mi illudevo.
Sapete, se c'è  una cosa della quale sono sicura è la conoscenza che ho di me stessa: di solito, quando qualcosa non va, non solo so con precisione cosa sia. Ma anche perché.
Perciò, ecco qua. Il mio outing. Probabilmente, non sarà molto interessante, quindi potete pure risparmiarvelo.
Quanto a me, no. Vorrei, ma proprio non posso risparmiarmelo. Ho perso fin troppo tempo.
Ho sempre pensato alla scrittura come a un hobby. Per due - anzi, tre - motivi.
Il primo, è strettamente semantico: non è il mio lavoro, dato che non è scrivendo che mi pago le bollette.
Il secondo, è legato al mio carattere del cavolo: per me, lavoro è sinonimo di stress. Lo so, detto così suona male, ma, essendo una libera professionista sono soggetta a dinamiche che rendono tutto molto precario. E spiacevole. Il lavoro c'è, se vai a cercartelo e a volte se ti capita, implica un bel po' di responsabilità (ragion per cui ho una polizza assicurativa, perché non si scherza con certe cose) e ogni tanto delle rogne. Farsi pagare è sempre un terno al lotto e poi c'è tutta la sfera della contabilità che per me resta qualcosa di profondamente misterioso e terrorizzante (meno male che c'è il commercialista). Insomma, scadenze, contrattazioni, delusioni e frustrazione. Non esattamente piacevole, ve l'ho detto.
Il terzo l'ho ammesso a me stessa solo poco tempo fa, perché è un alibi. Se scrivi per hobby, lo fai quando ti va, hai una scusa per non impegnarti, se le cose riescono male in fondo va bene lo stesso, perché tanto... è un hobby. (Il che non significa che io non mi impegni. Ma... just in case).
Ammettere una cosa del genere non è facile, ve lo assicuro. Specie ammetterlo nella blogosfera.
Non sono mai stata una  persona coraggiosa e non sono mai stata sicura di me stessa. Ancora oggi, far leggere a qualcuno qualcosa di mio è fonte di profondo imbarazzo. Un po' perché non mi va di sentirmi giudicare. Un po' perché sono una perfettina inside (e anche questa è una bella rottura di scatole).
Ho mandato in giro il manoscritto di Ultimo Orizzonte solo grazie alla mia amica Babi, che ha continuato a insistere. E quando è stato accettato da WePub mi sono chiesta, sul serio, se mi andava di buttarmi.
Non perché sperassi in qualcosa di meglio, no. Ma perché non pensavo di avere il carattere giusto per espormi in quel modo.
Sono felicissima di averlo fatto, va da sé. E sono felicissima di come è venuto fuori il romanzo, perché è il meglio che potessi fare. Ho dato il 110% e, se manca in qualcosa, beh, è un problema di limite mio, non di impegno. Non ho nulla da rimproverarmi, in questo senso.
Perché dico questo? Perché adesso Ultimo Orizzonte è diventato il mio limite. Perché non sono convinta di riuscire a fare meglio di così. Perché il peso delle mie stesse aspettative mi sta opprimendo e, ormai, ne sono schiacciata.
Qualsiasi cosa io scriva, mi sembra sempre "non abbastanza". 
Non abbastanza originale.
Non abbastanza divertente.
Non abbastanza ben scritto.
Ho sempre scritto senza pensare che qualcuno potesse leggere. Ma adesso non riesco più a farlo perché so che qualcuno leggerà, non fosse altro che per rifiutarmi il manoscritto. Scrivo e poi mi dico "ma il lettore deve sapere anche questo e quello" e allora aggiungo spiegazioni. Poi mi dico "no, è troppo" e tolgo. Mi domando cosa penserà chi leggerà, specie perché a questo qualcuno è piaciuto Ultimo Orizzonte e le cose nuove fanno schifo a me, immagino agli altri... a quel punto, sono nel panico e non c'è verso di uscirne.
E quando vedo i miei colleghi del blocco C che scrivono e si divertono, io li ammiro, ammiro la loro creatività e, in senso buono, li invidio. Perché si divertono.
Vorrei liberarmi di queste aspettative, buttare giù il muro che mi sono costruita intorno e tornare, semplicemente, a raccontare storie, senza giudicarmi. Prima scrivere mi faceva sentire libera. Adesso mi sento in gabbia e cambia poco che mi ci sia ficcata dentro da sola e abbia la chiave in tasca, se non riesco a tirarla fuori.
Lo so benissimo che nessuno può darmi la soluzione.
Com'è? Medico, cura te stesso?
Posso solo sperare che questo sia il primo passo verso la guarigione.

martedì 26 novembre 2013

L'angolo della Monomania - Doctor Who 50th Anniversary - The Day of The Doctor

L'ho aspettato per mesi, temendo, e sperando, ed entusiasmandomi quando veniva fuori qualche piccolo spoiler.
Ed è arrivato, finalmente.
Non sono una moffattiana, chi ha letto le mie recensioni sulle ultime due serie del Dottore lo sa. Non mi piace quella mania di mettersi in mostra, di fare vedere chi è più bravo, pasticciare con i paradossi temporali e andare contro a certe, come dire, convinzioni assodate. Non mi piacciono alcuni dei suoi personaggi - uno per tutti, River Song. Non mi piacciono le esplosioni e la deriva quasi "ammeregana" della serie.
Sono convinta che sia un ottimo scrittore con gli stand-alone e un pessimo gestore della main storyline.
E non sono una fan dell'Undicesimo, per niente.
Il season finale della settima serie mi aveva lasciato tiepida per non dire altro e, all'epoca, l'introduzione di John Hurt al posto di Nine non mi era piaciuta gran che. Perché Nine è il mio Dottore.
Comunque.
Beh... che dire?
Che l'episodio è fantastico. Aiutatemi a dire fantastico.
E per due ragioni distinte, la prima delle quali va a totale merito di Moffat: ha preso gli elementi del canone e, rispettandoli alla lettera e rispettando la continuity, se n'è uscito con qualcosa non solo di totalmente nuovo, ma che darà linfa - si spera - all'ottava serie. Ha tirato fuori dal cilindro un colpo di scena, anzi, IL colpo di scena.
La seconda ragione è rappresentata dai tre protagonisti. 
Il Ten di David Tennant era un centro sicuro e si sapeva: che lui ami la parte è più che evidente ed è scivolato con naturalezza dentro il suo completo gessato e le famose All Star color crema. Nonostante non sia "scritto" da Davies, Ten è Ten, leggermente più imbranato del solito, con lo stesso "talento" per venire sbaciucchiato (ma chi, mi domando, non si sbaciucchierebbe Ten?). 
John Hurt è una spanna sopra. Rimpiangevo Nine - e lo rimpiango ancora - ma devo dire che War Doctor mi ha conquistata: è simpatico, realista, caustico quando ci vuole (il suo commento, quando si rende conto che i due tizi di fronte a lui sono le sue future rigenerazioni: "Am I having a mid-life crisis?") e fornisce un contrappunto perfetto agli altri due, soprattutto quando si tratta di stigmatizzare un po' l'iconografia classica del Dottore, che sia per l'uso del cacciavite sonico ("Why are you pointing your screwdrivers like that? They're scientific instruments, not water pistols.", "Oh, the pointing again. They're screwdrivers! What are you going to do, assemble a cabinet at them?), sia per il gergo ("Timey...what? Timey-wimey?" e "Do you have to talk like children? What is it that makes you so ashamed of being a grown-up?"), per le scelte di abbigliamento ("if you really are me, with your sandshoes and your dicky bow,"), o per gli atteggiamenti ("Are you capable of speaking without flapping your hands about?") delle sue rigenerazioni future.
Ma soprattutto, è brillante. Se c'è un elemento che unisce tutti i dottori, beh, è questo. Il Dottore è intelligente. Il più intelligente di tutti.
Quanto a Matt Smith, come ho detto, non sono certo una sua fan. Onestamente, sono contenta che sia venuto il momento di cambiare faccia. Però devo dire che insieme agli altri due funziona e l'incontro-scontro sia con Tennant che con Hurt è riuscitissimo: bisticciano, si prendono in giro, fanno fronte comune e, in definitiva, sono un ottimo team (poteva essere altrimenti?).
Siamo di fronte all'evoluzione del Dottore, la summa di quel che è stato fatto dal 2005 in avanti e non solo: siamo di fronte a una serie di easter eggs, citazioni e richiami dell'intera storia del Dottore che il whovian doc riconoscerà al volo e con infinita delizia.
(Vi dico solo che in questo momento desidero molto una certa sciarpa.)
Ma, a parte questo, ci sono richiami alla prima "serie nuova", citazioni dalla seconda, terza e quarta, indizi che ci riportano a personaggi che abbiamo amato - uno su tutti, il capitano Jack, finalmente scopriamo che fine ha fatto il suo vortex manipulator.
Posto di fronte ai suoi ricordi peggiori, il Dottore fa i conti con se stesso e affronta la più grande delle avventure.
In un unico episodio futuro e passato, rimpianto, dolore, disperazione e speranza.In una parola, epico, specie nell'ultimo quarto d'ora, nel quale Moffat si gioca le due carte migliori.
Una è questa e, cavolo, già prima fangherleggiavo - ero nel bel mezzo della parte più epica di un episodio epico di suo -  ma, visto questo, ho proprio iniziato a fare la ola (da sola, sì).

 No sir... all thirteen!

Tuttavia, penso che l'easter egg più grande di tutti Moffat se lo sia tenuto per la fine, quando appare qualcuno che proprio nessuno si aspettava... e che, scommetto, ha fatto saltare sulla sedia parecchia gente.


Una menzione a parte si merita Billie Piper che dà una spettacolare prova di sé. Molti (me compresa) aspettavano il momento in cui Rose e Ten si sarebbero rivisti, ma... era chiaro dalle prime foto di Billie in scena che ci aspettava qualcosa di completamente diverso. Non dirò che non ne sono dispiaciuta: un po' sì. D'altra parte, la scelta di Moffat è, in termini narrativi, quella migliore. E il contentino, alla fine, ci viene dato lo stesso.
Insomma, in definitiva...
...non vedo l'ora che arrivi lo special di Natale!E, giusto perché così allietiamo l'attesa, vi lascio due cosine da guardare.
Primo, il minisode The night of the Doctor - featuring Paul McGann. L'Ottavo è un personaggio che avrebbe meritato un po' più di quel film orribile.

E poi il delizioso The Five(ish) Doctor Reboot, scritto e diretto da Peter Davison, che, scommetto, vi farà ghignare come matti:
Lo potete vedere qui: http://www.bbc.co.uk/programmes/p01m3kfy




lunedì 25 novembre 2013

La pozzanghera italiana ovverossia... la seconda puntata di Masterpiece

Lo so, lo so, lo so.
Lo so, che sbaglio.
Lo so, che sarebbe meglio tacere, perché meno se ne parla, meglio è.
Ma stamattina ho visto la seconda puntata di Masterpiece - dal sito, col cavolo che perdo sonno per 'sta roba.
E, che vi devo dire?, va sempre peggio. 
Nel senso che si persevera alla ricerca della narrativa ombelicale (così chiamata perché l'autore è uso discorrere a lungo di cose di vitale e pregnante importanza quali, ad esempio, il suo ombelico) e del personaggio.
Meno disgrazie dell'altra volta - per fortuna, altrimenti ci sarebbe stato da consigliare una bella gitarella collettiva a Lourdes - ma la stessa qualità mediocre. Gente che parla di se stessa, trasponendosi nel proprio romanzo.
Con un po' di magic moments: 
1. il lancio del libro di De Carlo. Onestamente, di suo ho letto Due di Due e forse un altro tomo - e mi ha così impressionato che non ne ho nemmeno la certezza! - ma, a prescindere dal valore come autore, è l'atteggiamento a destarmi più di qualche perplessità. Perché la tizia si sarà, sì, presentata con una supponenza difficile da digerire (che poi, andando a vedere fino in fondo, non ha nemmeno tutti i torti: che gli frega, a questi, di chi sono io, se devono giudicare il mio testo?), e il suo libro avrà anche fatto cagare i sassi - scusatemi il cattivo francese se siete religiosi - ma, lo stesso, non si tira la roba dietro alla gente in quel modo. È maleducazione, plain and simple. E poi, lei è una sconosciuta, tu un personaggio pubblico. Certi atteggiamenti da rockstar non fanno tanto bene all'immagine. Oh, secondo me.
2. l'uscita - sempre di DeCarlo - "invece di andare a buttarsi nel fantasy lei dovrebbe attingere a se stesso, lei ha un mondo fantastico da raccontare". Ha pronunciato "fantasy", aborrita parola!, come avrebbe pronunciato "spurgo di fogna".
Già, perché la letteratura vera è fatta di vita, quella fantastica, invece, di stronzate. Andatelo a dire a King. Non mi dilungo, perché Germano ha detto tutto qui e io lo sottoscrivo.
3."lei sa usare l'italiano e non è una cosa comune". Concordo, con infinita tristezza, sul fatto, ma, da aspirante scribacchina che conta come il due di picche quando briscola è denari, mi viene da dire che non dovrebbe essere un punto di merito, questo. Per uno scrittore, la conoscenza della propria lingua non è optional, non è valore aggiunto. È (o dovrebbe essere) una dotazione di serie. In altre parole, tutti i concorrenti dovrebbero avere un livello più che sufficiente sotto questo punto di vista (e sto bassa, eh), quindi, perché sottolinearlo?
4. la prova immersiva nel matrimonio napoletano. Io vorrei sapere - lo vorrei tanto - chi ha partorito 'sta genialata. Puro populismo italiota al 100%. Mi sono vergognata come una ladra.

Infine, il Premio Strega.
Sì, perché stavolta, ad aspettare i concorrenti al varco, pardon, all'ascensore, c'era il vincitore del Premio Strega. E i due tizi, all'apparire di questo omino tondo, con i baffi bianchi, gli occhialetti e il cappellino e la sciarpa da pensionato in libera uscita, sono parsi debitamente reverenti e onorati.
Se al posto loro ci fossi stata io, probabile che mi sarei chiesta, con panico misto a disperazione: "Ma chi è, questo?" (E poi sarei stata zitta, onde evitare la madre di tutte le figure di cacca.)
Ci ho riflettuto su, sapete. Perché, se non lo sapevo io, che leggo, chi fosse 'sto tizio, immagino che non lo sapesse anche buona parte degli spettatori.
Non ho dimestichezza con i nomi della narrativa contemporanea italiana. Dovrei sentirmi ignorante e vergognarmi, ma non ci riesco.
Perché, quando Coppola ha regalato alla professoressa e al (futuro) vincitore della puntata Una cosa divertente che non farò mai più io ho pensato: "Bello, mi ha fatto ridere un sacco e ci ho pensato molte volte, mentre ero in crociera!", mentre quegli altri due avevano i punti interrogativi nelle pupille e scommetto che non hanno mai sentito nominare David Foster Wallace.
Del resto, è questione di dove vai a nuotare. C'è chi nuota nella pozzanghera italica e chi nell'oceano internazionale.
Indovinate dove preferisco stare, io?

martedì 19 novembre 2013

Mastercoso, lì, Masterpiece.

In realtà, mi ero ripromessa di non parlarne. Non volevo regalare a questo programma nemmeno un briciolo di visibilità.
Che tanto, secondo me, qui vale il nel bene o nel male purché se ne parli.
Non se l'é filato nessuno, ma, oh, è uno degli hashtag più discussi di Twitter!
No, ma vantatevene.
Solo che non riesco a togliermelo dalla testa e questo non è un complimento, signori autori, proprio no. 
Non è possibile girare la cosa in positivo, così come, rassegnatevi, non è lusinghiero il fatto che i giudici vengano messi in difficoltà dai testi proposti loro. O meglio, lo sarebbe, se a rendere ardua la scelta fosse l'eccellenza. Ma qui il problema è che fa tutto schifo uguale.
In questi due giorni ne ho lette e sentite di  ogni: chi si scandalizza per la mercificazione della cultura e chi mal sopporta lo snobismo dei lettori, chi parla male dei casi umani e chi taccia i detrattori di essere solo dei segati invidiosi.
Chi dice che Masterpiece è un'idea geniale e chi che è una stupidaggine, chi dice che ci voleva e chi dice che anche no.
Io sono del partito dell'anche no. E, prima che vengano fuori delle questioni, sì, scrivo. E no, non mi hanno segata: non mi sono presentata. Non mi ha mai sfiorato l'idea di farlo.
Perché?
Perché nel mezzo televisivo conta il personaggio e io l'avevo già detto, in tempi non sospetti, che avremmo visto  una sfilata di casi umani.
Ah, il caso umano! La miglior pubblicità che sia mai stato inventata. Come vende il caso umano, nient'altro mai.
Ok, sono cinica, lo ammetto.
Però scusate, a me sono cadute le braccia. Ora, io di scrittori ne conosco. Magari non saranno De Carlo, ma ne conosco una buona cinquantina.
Dite che cinquanta non è un campione statistico rappresentativo?
Mettiamola così: se davvero scrivere fosse sofferenza e travaglio interiore, almeno uno dei miei amici dovrebbe essere sofferente e tormentato. Come minimo eh.
Non nego che qualcuno sia un po' strano - me compresa -, ma non ce n'è uno, nemmeno uno, che scriva per esorcizzare demoni interiori, gridare aiuto, et similia.
Tutti, però, a scrivere si divertono. Lo fanno perché a loro piace (e anche per altri motivi, come abbiamo abbondantemente spiegato con le storie del cesso). Vivo nel bel mezzo di un'anomalia statistica, tutti che si divertono e nemmeno uno che soffre?
Forse noi autori di fantastico siamo l'eccezione che conferma la regola? 
Non lo so, ma immagino che, a confronto con uno scrittore allegro e ben pasciuto,  sia molto più fico qualcuno che scrive per lanciare un grido d'aiuto. O che, quando gli domandano cosa faccia nella vita, non risponda l'idraulico, l'infermiere, l'impiegato, la segretaria, la bibliotecaria, il traduttore o - why not - il geologo, bensì: io soffro.
Sentite qua come vi riempie bene la bocca: io soffro.
Quando leggo un libro, io non inizio dalle note biografiche dell'autore: non me ne frega una mazza di chi sia, cosa pensi, se abbia traumi psicologici o meno. Compro (e leggo) il libro perché mi interessa la storia, a prescindere da chi l'ha scritta.
Non escludo che, dopo, mi venga la curiosità di conoscere l'autore, ma se faccio ricerche  in questo senso, non è perché mi interessi qualcosa del suo vissuto: è per sapere, nell'eventualità che il libro mi sia piaciuto, se abbia scritto altro oppure no.
L'impressione che ho avuto io è stata non solo che si sia cercato il personaggio  più che la storia (e che, in questo senso, la scelta sia stata dettata da una gran paraculaggine), ma che non ci si sia nemmeno posti il problema di avere in questo programma degli scrittori nel vero senso del termine.
Tolto il primo concorrente - buttato fuori con il giudizio che  il testo è "ben scritto ma poco sincero" che, personalmente, mi fa pensare a una becera scusa per favorire altri con vissuti più telegenici - gli altri non sono scrittori.
È gente che si è messa lì e ha buttato giù delle parole e che, quando ha raggiunto una certa quantità di pagine, si è detta "ho scritto un romanzo".
Non ce n'era uno, nemmeno uno, che avesse scritto qualcosa di altro da sé.
Chi è stato in prigione ha scritto un poliziesco.
Chi è stata anoressica ha scritto di un personaggio con la medesima malattia.
Chi lavora in fabbrica ha scritto la storia di un personaggio che lavora in fabbrica.
Lo scrittore, quello vero, è uno che si mette una maschera. È uno che conta balle travestite da verità e (ma più raramente) verità travestite da balle.
Lo scrittore è uno che vi prende per il culo e sapete che c'è, che gli piace, si diverte se può farvi credere una cosa e poi tirarvi il tappeto da sotto i piedi con un colpo di scena. Non vede l'ora di farlo.
Ti mostra una cosa con la mano destra, ma vai a sapere cosa sta combinando con la sinistra.
Non gli interessa raccontarti i fatti suoi: gli basta (e avanza) raccontarti quelli dei suoi personaggi che, a proposito, non sono suoi alter ego. Lo scrittore vero non lo troverete nel suo libro perché è dietro le quinte che gioca a fare Dio, una pratica assai più soddisfacente.
È uno che non sa nemmeno pensare di non trasformare in storia - o in dettagli per una storia - tutto quel che gli capita: quello che ha mangiato a colazione, lo stralcio di conversazione origliato sull'autobus, la vecchietta che attacca bottone in coda dal dottore... ogni cosa.
Uno scrittore, uno vero, quando gli chiedono di scrivere una lettera, non penserà, ma nemmeno per un secondo, di usare la sua voce: chi glielo fa fare? È noioso! E poi sono buoni tutti. No, lui creerà un personaggio, così, al volo. E inizierà a giocare con il registro linguistico, magari ci infilerà qualcosa di un po' disturbante, per il solo gusto di rompere le palle, e i dettagli giusti, per capire quant'è bravo, specie se il tempo stringe, a far sembrare reale il personaggio al lettore con il minimo indispensabile di tocchi azzeccati.
Questi qui, invece, hanno dimostrato una penosa mancanza di fantasia. E di talento.
Mi direte che una prova come quella cui sono stati sottoposti non è facile.
Uno scrittore scrive, miei signori. È quello che sa fare meglio, a volte la sola e unica cosa che sa fare. È una macchina da storie, è con quel filtro che guarda il mondo. Perciò quella non avrebbe dovuto essere percepita come una prova, ma come un invito a nozze.
Solo che questi sono così impegnati a soffrire che hanno dimenticato che scrivere è, prima di tutto, un divertimento.
Se avete demoni interiori da esorcizzare, non vi servono carta e penna. Vi serve un analista.
Infine, un'ultima nota su qualcosa che mi ha dato particolarmente fastidio.

Once Upon A Time S03e08 - Think Lovely Thoughts

Il meno che si possa dire è che si tratta di un episodio denso.
Succedono un sacco di cose, diversi nodi vengono al pettine, eppure, se mi doveste chiedere qual è stata la mia prima impressione alla grande rivelazione - sì, c'è una grande rivelazione, ma sono brava e non ve la spoilero - vi risponderei: "Meh!"
Questo episodio doveva - e dico doveva - fare il botto. Doveva lasciare gli spettatori a bocca aperta di fronte alla genialità degli sceneggiatori e invece... con me non ha funzionato.
Sì, ok, si vengono a sapere un sacco di cose su Rumplestiltskin e suo padre, il che spiega parecchio perché lui è quel che è, eppure... non so. Oh, forse sarà perché ho indovinato cosa bolliva in pentola dopo cinque minuti?
Vabbé, come sia sia.
Pan continua nella sua presa per il culo di Henry, con la complicità di Wendy, che si finge così malata che Mimì "che gelida manina me la lasci riscaldare", a confronto, pare il ritratto della salute.
Pan l'ha capito bene, Henry, e così continua a sventolargli sotto il naso le sofferenze della poverella, ben sapendo che, come da eredità genica del nonno materno, 1. è intrinsecamente cretino 2. non potrà far a meno di fare l'eroe 3. in conseguenza di quanto al punto al punto 1, è facile da far fesso.
Come volevasi dimostrare.
In pratica, il dream team partito da Storybrooke, cui si sono aggiunti Neal e Tinker Bell, si riunisce: Regina e Rumplestiltskin arrivano con il Vaso di Pandora e a quel punto si consuma il primo scontro fra Neal e papino: Neal lo accusa di voler uccidere Henry, di averlo sempre voluto uccidere e, ovviamente, gli altri sono pronti ad andargli dietro. 
Attaccato da più parti nonostante lui professi la sua innocenza, Rumplestiltskin è costretto, per guadagnare un minimo di credibilità, a cedere a Neal il vaso di Pandora e gli tocca pure sentirsi dire dal figliolo che, se fa tanto di alzare il mignolo per usare la magia, finirà a trascorrere l'eternità lì dentro.
Ma, oltre al salvare Henry, Emma ha un altro problemuccio: mammà e papà che hanno deciso di rimanere a Neverland. A lei, che da anaffettiva diventa improvvisamente attaccatissima alla famiglia, 'sta cosa non va bene, quindi cerca di sapere da Hook se c'è un modo per ritornare tutti sani e salvi. E no, gli dice il pirata, non c'è.
E invece un modo ci sarebbe, interviene Rumplestiltskin. Perché è vero che lui c'è quasi rimasto, per il dreamshade (per colpa di un pirata codardo, eh) e che si è salvato rubando la vita di un'altra persona  (cosa che, asserisce Emma, LOLlo non farebbe mai) ma... ha anche avuto occasione di studiare il veleno. Insomma, per farla breve: una volta a Storybrooke può tirare fuori un antidoto.
Gente, mi sa che LOLlo e Sua Melensaggine ce li dobbiamo tenere.
Ovviamente, Emma chiede quale sarà il prezzo e Rumplestiltskin risponde che è davvero un grosso favore e se ne aspetta, in cambio, uno di uguale importanza. E qui interviene Neal che fa il vero uomo: Ah, no. Tu lo salvi perché è la cosa giusta! Niente baratti, niente accordi!
E Rumplestiltskin accetta.
I figli sono una rovina, chi se li fa se li nina!
Come da tradizione in Once Upon a Time, questi si sono fermati a discutere proprio al confine dell'accampamento di Peter Pan. Sono otto episodi che girano per quella dannata isola e adesso fanno quattro passi e sono arrivati. Vabbé. 
Emma assume il ruolo de leader de noantri (We grab Henry. In and out, simple).
Rumplestiltskin, disarmato, ruba la spada a Hook dicendo:" You mind if I, uh... borrow this? You said no magic, I agreed. But I'm not walking in there with nothing but my good looks."
Il pirata commenta ironico: "Now I, on the other hand..."
E LOLlo, tirando fuori un pugnale non si sa bene da dove, glielo porge dicendo: "Here, in case your good looks fail you." 
Inedito! LOLlo che fa una battuta!
Comunque, loro arrivano, Regina addormenta i ragazzi perduti - perché Neal continua a proibire l'uso della magia a Rumplestiltskin -, ma... Henry non c'è. In compenso, sentono chiamare aiuto, perché la formula magica agisce nel raggio di, boh, quattro metri, una roba che se ci fossero state sentinelle un po' meglio distribuite i nostri eroi sarebbero stati belli che fritti.
Complimenti, gente, non avete vinto, ma, proprio perché siete voi, vi tocca il premio di consolazione: Wendy!
Riconoscimento e rincongiungimento con Neal e viene fuori che lei è venuta a Neverland per salvarlo... e, va da sé, non c'è riuscita.
Così, già che ci sono, approfittano per chiederle se ha mica, così per caso, visto Henry e le dicono pure la storia del cuore. Lei fa la gnorri: "nooo, nooo, che c'hai un figlio?"
Ma Rumplestiltskin la sgama in tre secondi netti e così viene fuori la storia dei fratelli: Pan ricatta Wendy mantenendo in vita John e Micheal e ricatta John e Micheal tenendo prigionera Wendy.
Ma che bravo ragazzino, eh!
Solo che, adesso, i suoi fratelli si sono alleati con loro per la sconfitta di Pan, quindi pure lei deve scegliere da che parte stare. Ed ecco svelata la verità: Pan non ha bisogno del cuore di Henry per salvare la magia - né, tanto meno, per salvare lei - ma per se stesso. Sta morendo, ma, se riesce a impossessarsi del cuore di Henry, assorbirà tutta la magia di Neverland e diventerà immortale.
Sua Melensaggine, a 'sto punto, fa la domanda più scema della storia: "Cosa succede a Henry?"
Mah, vedi un po' tu, o muore, o Pan gli paga una vacanza a vita alle Maldive...
Intanto, Pan e Henry stanno remando verso quel coso a forma di teschio che pare tanto uscito dai Goonies (o da Grosso Guaio a Chinatown).
A questo punto, bisogna dividersi di nuovo: LOLlo e Sua Melensaggine - dopo gli addi strappalacrime e un "we're all going back home, together" di Emma che porterà una sfiga tremenda e di sicuro qualcuno ci lascia la ghirba - vanno a prendere l'acqua santa per comporre l'elisir curativo una volta a Storybrooke. Hook e Tinker Bell rimangono a guardia dei ragazzi addormentati, mentre Emma, Regina, Neal e Rumplestiltskin partono all'inseguimento in barca a remi stile Pirati dei Caraibi.
Ve la faccio corta: nel coso a forma di teschio, Pan ha messo una barriera, una barriera che può attraversare solo chi non proietta un'ombra... e Rumplestiltskin si è tagliato via la sua parecchi episodi fa. Così è l'unico a riuscire a entrare e spiega il trucchetto agli altri. Spiega che Pan sa benissimo che lui non ha ombra, quindi non è tanto una questione di tenere loro fuori, quanto di portare lui dentro. Neal realizza allora che Rumplestiltskin intendeva davvero salvare Henry (a me le due cose non sembrano collegate in maniera logica: il fatto che Pan voglia attirare Rumplestiltskin non ha nulla a che fare con i progetti più o meno fatali che quest'ultimo ha sul nipote), comunque, famola corta: gli restituisce il vaso di Pandora. Dopo una minaccia di Regina che sembra tanto un "non azzardarti a crepare", Rumplestiltskin se ne va.
Intanto che aspettano, Emma ha un colpo di genio: le loro ombre esistono perché c'è la luna, quindi basterebbe provocare una eclissi per poter entrare.
Facile, checcevò?
Così,  lei e Regina fanno la magia - non ridete, a me sono cadute le braccia - in barba al fatto che anche quelle torce tanto scenografiche fanno sì che loro proiettino un'ombra. Mentre la luna lentamente si oscura, si consuma lo scontro fra Rumplestiltskin e Pan... sul quale non vi dirò mezza parola.
Fatto sta che, quando finalmente Neal, Regina ed Emma riescono a raggiungere Pan, trovano Henry con il suo stesso cuore  in mano: lo stupido ragazzino - sì, tutto il nonno materno - è lì lì per sacrificarsi nobilmente. Se darà il suo cuore, gli ha detto Pan, non potrà più lasciare Neverland, ma non è un piccolo prezzo per la magia e, come optional, la vita di Wendy?
Gli altri tre tentano di fermarlo, dicendogli che sono tutte balle, che è pericoloso, ma Henry ha proprio tanta voglia di fare l'eroe e cede il cuore a Pan. Dopodiché, lui cade a terra come una pera marcia e l'altro diventa il superboss di fine livello.
E ora sì che sono cavoli!

venerdì 15 novembre 2013

Once Upon A Time S03e07 - Dark Hollow

Con colpevole ritardo arrivo a parlare del nuovo episodio di Once Upon A Time.
Come al solito: vi dirò tutto-tutto-tutto! Occhio agli spoiler!
Back when we started: l'apertura ci riporta alla fine della seconda stagione, dopo un bacio appassionato, Rumplestiltskin parte, lasciando Belle in lacrime, con il compito di usare la formula di mascheramento per proteggere Storybrooke dai degni compari di Greg&Tamara.
Così, Belle - non troppo felice - con l'aiuto dei nani (No time for whistlin', boys. Let's get swingin') e la presenza - inutile - di Fata Suorina e di Archie - che mi è simpatico e dovrebbe vedersi un po' di più - attiva la formula. Ma... ehi! C'è una convertibile rossa che si dirige a tutta velocità verso Storybrooke, con a bordo due tizi di cui uno occhialuto con l'aria da nerd!
La formula ha effetto, la cupola magica si attiva ma...
...ve lo dico dopo: a Neverland stanno succedendo cose interessanti (ma anche no).
Ariel accetta di portare il messaggio di Rumplestiltskin e dice che sì, a Storybrooke ci può arrivare. Rumplestiltskin le spiega che Storybrooke sarà circondata da una cupola protettiva, ma che se lei emergerà vicino alla spiaggia si troverà entro i suoi confini. Quando la sirena gli domanda cosa deve riportare indietro, lui risponde solo: un oggetto che li aiuterà a sconfiggere Pan. Ariel dice che essere un tantino più specifico non sarebbe male, ma lui: scusa sorè, ma qua semo più spiati che nella casa der grande fratello e, dandole un dollaro della sabbia (un tipo di echinoide, se volete sapere di che si tratta), le dice una roba tipo: trova una tizia che si chiama Belle che lei saprà cosa fare (se, come no). Lei  mette il dollaro della sabbia nella fancy-borsettina a tracolla ('na roba inguardabile) e chiede come farà a trovare Eric. Regina le risponde che di quello se ne parla una volta che ha riportato l'osso e che il braccialetto le consentirà di avere le gambe per 24 ore. Se vi state chiedendo come fa Regina ad avere il braccialetto dello scorso episodio, sì, proprio quello del flashback di millemila anni prima... smettetela immediatamente. Tanto non c'è risposta.
Comunque, Ariel va e noi passiamo a Pan, che avverte una vibrazione nella forza, no scusate, questa è un'altra cosa, ma insomma, percepisce che qualcuno sta lasciando l'isola. E mentre Felix pensa a come riacciuffarlo (nel modo più doloroso possibile), Pan lo mette a cuccia dicendo che dovranno solo ritoccare un po' i loro piani: al fuggitivo, chiunque sia, penseranno i loro compari a Storybrooke. Quanto a loro, è giunta l'ora di cacciare l'asso dalla manica, pardon, l'altro prigioniero dalla gabbia: Henry dovrà essere pronto.
Intanto, Neal partorisce un altro piano geGnale: dopo lo sfruttamento di minore per arrivare a Neverland, per scappare devono catturare l'ombra di Pan, sì, proprio quella inquietante e che fa le peggio cose. E dove si trova, la dannata ombra? In un posto dal poco rassicurante - ma alquanto descrittivo - nome di Dark Hollow. Per una volta, sono d'accordo con Emma (Why couldn't it be called something like Sunshine Valley or Rainbow Cove?).
Così il gruppo si divide: Emma, Neal e Hook - d'ora in poi identificati come il partito de il triangolo no, non l'avevo considerato - vanno a caccia dell'ombra (con Hook che si "arruola" volontariamente) e i Charming - Sua Melensaggine ancora non gli parla, povero LOLlo - a ripigliare Tinker Bell.
A Storybrooke, i nani fanno pausa pranzo in riva al lago, con un tempo grigio e infame - ma a loro ci piace così - discorrono amabilmente di come si stia bene senza LOLlo e Sua Melensaggine intorno, che questi portano solo guai del genere più catastrofico. A quel punto Ariel emerge dalle acque e dice: "Ciao. Che sapete dove trovo una tizia che si chiama Belle?"
Sì, lo so, mi sono scordata i tizi sulla convertibile rossa. Sono entrati all'ultimo secondo, lasciandosi dietro un pezzo di paraurti segato via dalla barriera che si stava richiudendo. Avevate dubbi?
E non solo. Hanno anche visto la sirena arrivare e, giusto a beneficio dello spettatore, ricapitolato il loro malvagiZZimo piano: assicurarsi che Ariel non riesca a tornare a Neverland!
Mentre nel locale di Granny una Belle inappetente si lamenta con Archie che Rumplestiltskin l'ha lasciata indietro perché non ha bisogno di lei e che non arriverà nessuno, ecco che entra Leroy - alias Grumpy - con la sirena la quale dice che ha una consegna e blablabla. Le due vanno al negozio di pegni e Ariel, finalmente, smolla il dollaro della sabbia.
E, miracoloooo! - appare Rumplestiltskin che, dopo una serie di menate su quanto siano pericolosi i tipi diretti a Storybrooke (ma come fa a saperlo, mi chiedo) e che forse riuscirà a portare la pellaccia a casa - le dice una roba del tipo: ho bisogno di un oggetto che è nel negozio. È nascosto, ma so che, con la forza del nostro aMMore riuscirai a trovarlo.
Belle fa la faccia da sticazzi, poi si ricorda che lui le ha chiesto di salvarlo - di salvare tutti quanti - ed è contenta.
Oh, questione di gusti.
A Neverland assistiamo a un'altra scenetta madre-figlia: Emma dice a Sua Melensaggine che sta trattando LOLlo come una pezza, ma lei non se ne dà per inteso e ribatte che con Neal e Hook insieme saranno amarissimi cavoli, che ce stanno a provà tutti e due. Ma Emma dice noooo e a me chemmefrega, io c'ho da salvare Henry.
Già, Henry, povero regazzino: Pan gli dice che deve fargli vedere qualcosa, ma lui lo fanculizza... solo per essere (già si sa) menato per il naso.
Nel frattempo il triangolo no sono arrivati alla caverna di Neal e, mentre lei è fuori, Hook spiffera a Neal che ha baciato Emma, convinto (dice) che lei gli abbia confessato tutto. Neal, che ovviamente non sa una ciolla, ci rimane bene come un gatto sotto un tir e poi tenta di darsi un tono dicendo che forse lei si è dimenticata (!) perché troppo concentrata sul riprendersi LORO - e sottolinea loro - figlio. 
Se, credici.
A margine, quel che Neal sta cercando nella caverna è il famoso cocco con le stelle, che non è una mappa, ma l'arnese che permetterà loro di catturare l'ombra.
Nel negozio di pegni, Belle sta ancora cercando di capire il messaggio di Rumplestiltskin e, nello stesso tempo, le tocca far da balia ad Ariel, la quale ravana nelle peggio cianfrusaglie chiedendo cosa sono. Belle capisce che Rumplestiltskin si riferisce alla loro tazza da té, quella scheggiata, che è fuori posto. Quando la rimette dove lui la tiene di solito, ecco che si materializza una piccola botola sul pavimento e quando la aprono... volete sapere cosa c'è dentro?
La scatola di Pandora (lo so che era un vaso, ma questa qui è una scatola). E mentre Belle la smanaccia, osservata da una Ariel che le suggerisce di usare i guanti...
...colpo di scena! Entrano i due tizi di prima, quello normale e quello occhialuto, che, puntando loro una pistola, si impadroniscono della scatola e legano le due come due bei salamini.
E poi parte lo spiegone. Perché, a differenza di Tamara e Greg, questi due sanno per chi lavorano. Sanno che dietro a tutto c'è Peter Pan. E la loro missione è che Rumplestiltskin fallisca e la scatola non arrivi mai a Neverland.
Dopo questa chiusa malvagiZZima, torniamo da Pan, che si va a fare un giretto nella foresta. Ha appena finito di dare degli ordini a Felix, deve andare a consegnare dei viveri e accertarsi che Henry non lo scopra. Ovviamente, Henry ha sentito tutto e segue Felix. Esattamente come Pan voleva.
E mentre LOLlo scodinzola dietro a Sua Melensaggine che continua vederlo come il fumo negli occhi, si arriva a una prima resa dei conti fra Neal, Emma e Hook. Perché Emma non sa che Hook ha aperto la ciabatta, ma, una reazione - da bimbominkia - di Neal capisce che qualcosa non va. E ne chiede conto a Hook. Il quale spiega che, partendo dall'errato presupposto che lei avesse detto a Neal del loro "momento", è riuscito a fare un casino.
Quando Emma - la cretina - domanda perché pensava che gliel'avesse detto, lui risponde che sperava significasse qualcosa. Ma lei rigira la frittata: ciò che significa qualcosa è il fatto che lui abbia detto loro che Neal era vivo, visto che avrebbe potuto tenerlo segreto. Anche perché, sicuro, Pan gli ha offerto un patto. Ma Hook qua ci fa una gran figura. Prima perché le spiega che quello era solo un test: Pan voleva vedere se avrebbe lasciato morire un vecchio amico, anche se questo vecchio amico è il suo rivale nella conquista di una donna. A 'sto punto, Emma fa la faccia sorpresa (cioé, la faccia che dovrebbe essere sorpresa, ma non è che proprio la mimica facciale sia il suo forte, eh) e gli chiede: "Ma come, hai scelto il tuo amico?"
E lui dice "Massì. Ti sorprende?"
"E sticazzi, sei un pirata", risponde lei delicata come un rinoceronte indiano ingrifato (sì, tutta su' pà). Lui si becca il ceffone emotivo con una grazia degna di nota: Yeah, that I am. But I also believe in good form. So when I win your heart, Emma... and I will win it... it will not be because of any trickery. It will be because you want me.
Cioé, ciao Neal. Hai il fascino di una cocuzza, ma grazie di aver partecipato.
Intanto, il suddetto Neal (che era stato mandato ad aprirsi la strada con il machete) torna dicendo che ha trovato il posto che cercavano e i tre si avventurano in una specie di foresta orrenda con vento che manco la bora quando dice male.
Mentre loro continuano a camminare, torniamo a Storybrooke, a Belle e Ariel legate come salami. Per farla breve, Ariel si lascia scappare che le gambe sono gentile omaggio del braccialetto, Belle glielo sfila e, non avendo le gambe ma la coda, la sirena riesce a sgusciare dalle corde e libera l'altra. Le due partono all'inseguimento dei tizi, avendo capito che l'unico modo per distruggere la scatola è picconarla con il piccone di uno dei nanetti.
E veniamo alla parte più sganasciosa: LOLlo che parla da solo mentre la sua consorte lo ignora platealmente e la conseguente arrampicata sullo specchio valevole per i campionati mondiali di questa specialità. Comunque, dura poco e poi fanno la pace. Però in alto i cuori! Magari su Neverland ci rimangono tutti e due e ce li leviamo dalle scatole in una botta sola.
A Dark Hollow, intanto, va in scena la dimostrazione che due galli in pollaio non sono una buona idea, perché, mentre l'ombra di Pan si avvicina Neal e Hook litigano... per un accendino. E per non soffio non ci rimangono: li salva Emma, grazie alle lezioni di magia impartitele da Regina.
Ma torniamo a Storybrooke, nelle miniere: i due tizi sono lì lì per dare la fatal picconata, quando arrivano Belle e Ariel. Per farla breve... lo sapete chi sono i tipi?
Si chiamano John e Micheal. E sono i fratelli di Wendy, la quale è prigioniera di Pan che, se loro falliranno, la ucciderà. Ma Belle li converte alla causa: se Pan verrà sconfitto - e Rumplestiltskin ce la può fare - loro e Wendy saranno liberi.
A questo punto, avrete capito, come me, chi c'è nella gabbia. Una bella ragazzina bionda, che abbiamo già visto nella seconda stagione, la diretta responsabile della permanenza a Neverland di Baelfire/Neal. Wendy Darling, proprio lei, che viene tirata fuori da Pan, giusto per "giocare".
E infatti... indovinate dove il pedinare Felix condurrà il piccolo Henry? In una bella casetta su un albero dove una bambina malata giace a letto. Lui si ferma a parlarle e lei, fra un colpo di tosse che manco Mimì della Boheme e l'altro, gli ammannisce tutta una serie di pippe su quanto sia malata e sul fatto che l'indebolirsi della magia le sia nocivo. Così, lui promette di aiutarla... ed è ovviamente tutta una balla orchestrata da Pan il quale, dopo aver detto a Wendy che ha bisogno che Henry creda in lui, la risbatte nella gabbia.
Infine, Ariel ritorna, portando la scatola e anche la notizia che Pan tiene prigioniera Wendy e che dovrebbero - già che ci sono - salvare anche lei. Regina non è convinta - ma c'è da dire che ha mantenuto la parola con una inedita (per lei) dolcezza. Quando fa così, la Evil Queen è anche simpatica. 
Intanto, il partito de il triangolo no, non l'avevo considerato sta tornando indietro con l'ombra in saccoccia, pardon, nel cocco. Neal tenta di chiedere scusa, ma Emma non ci sta e lo cazzia, anzi, li cazzia dicendo che, per ora, l'unico amore che vuole nella sua vita è Henry. Due di picche di proporzioni bibliche.
I Charmings hanno trovato Tinker Bell e, mentre son lì che spiegano la rava e la fava, arrivano gli altri: Tink ritrova Neal (e sembra contenta) e accetta di aiutarli.
Henry, incazzato come una biscia, affronta Pan il quale gli serve uno stufato di balle: Wendy sta per morire perché la magia sta svanendo e che lui, Henry intendo, è l'unico che può rimediare alla situazione.
E a 'sto punto il ragazzino è fatto: domanda come può fare e Pan, con un sorriso da un orecchio all'altro, gli mostra un isolotto sul quale sorge una struttura a forma di teschio. Il problema è là dentro ma, oh, c' è bisogno di eroismo e sacrificio (sacrificio di chi, è la mia domanda). Perciò... che te la senti?
E il resto alla prossima puntata!

giovedì 7 novembre 2013

Angelize

La foto fa schifo, lo so. 
Non vi lamentate, almeno di me si vedono solo le dita: se (come da volontà espressa dell'autrice) ci fosse stata anche la mia faccia sarebbe stato molto peggio!
L'ho fatta io, adesso, non appena arrivata in ufficio con la mia copia fresca di libreria.
Perché...
...si dà il caso che Aislinn sia una delle mie preziose Socie. Non vi sta bene? Problema vostro.
...si dà il caso che Angelize l'abbia visto nascere. E anche che sappia qual era la faccia del proto-Haniel!
...si dà il caso che di Angelize abbia letto la primissima stesura (e che sappia anche quello che viene dopo, alla facciazza vostra!)
...si dà il caso che ne conosca per intero le vicissitudini editoriali e che sapessi da più di un anno della sua uscita.
...si dà il caso che Angelize sia dedicato anche a me (cosa per la quale, sì, mi sto bullando e se non vi sta bene è un problema vostro).
...si dà il caso che io sia anche nei ringraziamenti. Se non capite cosa vuol dire "tippeti tippeti tap", beh, sappiate che è da quando l'ho letto che ho stampato in faccia il ghigno dello Stregatto. Possiamo capire solo Ais, io, Sammy e Ale. Esclusivamente per le Socie, insomma. Sì, sto continuando a bullarmi.
Detto questo... Angelize è un bel libro, diverso da quello che propinano in libreria di solito.
Nel buio panorama del fantastico italiano da grande CE, finora rischiarato solo da Dimitri e Tarenzi, si è accesa un'altra luce. 
Ancora qua state? Filate a comprarlo!

EDIT.

Lo so che è difficile da vedere, ma queste sono la mia personale celebrazione: in entrambe le mani, l'unghia dell'anulare è a scaglie lucide, proprio come le ali dell'angelo!

lunedì 4 novembre 2013

Once Upon A Time s03e06 - Ariel

Ovverossiacioè la puntata dell'aMMore.
No, non mi è piaciuta, se vi fosse venuto il dubbio. A dirla tutta, mi è parsa un po' inutile.
Comunque, ve ne parlo.
Attenzione, mi scapperanno spoiler!
Sul finire dello scorso episodio mi domandavo... ma Hook lo dirà o no, a Emma, che Neal è vivo?
Per essere onesta, ero propensa per il "no". Lui non glielo dice, lei lo scopre, terremoto e traggedia.
Ma gli sceneggiatori hanno deciso diversamente. Mentre Emma fa training di magia sotto la guida di Regina, Hook rientra nella radura dal suo piccolo colloquio con  Pan e dice subito a LOLlo e a Sua Melensaggine che Neal è vivo e che Pan l'ha catturato.
Inizialmente, i tre si accordano per non dirlo a Emma, ma Sua Melensaggine - che non era comunque d'accordo - dice che anche no, apre la ciabatta e via.
La cosa francamente ridicola è che dietro uno degli alberi, giusto vicino a dove sono passati tutti quanti per sette fantastilioni di volte, Sua Melensaggine - calata nella parte di quella che segue le tracce meglio degli indiani - scopre i segni di lotta e trascinamento e, insomma, che qualcuno è stato catturato proprio lì, sotto il loro naso.
Cosa fanno questi? Ovvio: partono per salvare Neal. Con l'eccezione di Regina che, per una volta, la dice giusta: la priorità è salvare Henry, checcacchio ti flashi con Neal? Così li pianta e se ne va per i fatti suoi.
Nel frattempo, Rumplestiltskin ha prima un colloquio con Pan - anche questo inutile perché è un ribadire cose che si sanno già, del tipo "io ti uccido" "ma non puoi perché muori anche tu" eccetera eccetera finché Pan non gli offre una scappatoia: "te ne vai, te ne torni a Storybrooke e ti fai una famiglia con Belle" - e poi vede Belle, la quale cerca di esortarlo a mollare tutto, giusto come ha suggerito Pan. Rumplestiltskin è tentato, soprattutto perché quando dice a Belle che in fondo lei è un parto della sua mente si sente rispondere che no, è reale... sta effettivamente per prendere la mano che Belle gli tende quando arriva Regina.
La quale non si fa mica troppi scrupoli: ammazza Belle che si rivela per quel che è. Quell'inquietantissima ombra di Pan.
Il dialogo che segue salva da solo l'episodio.

What is this? Amateur hour? Did you really believe that  was Belle?, dice Regina. Il sottotitolo è: ma che, ti sei bevuto il cervello?
Why are you here?, domanda Rumplestiltskin, così scosso che ancora non realizza di aver appena fatto una gigantesca figura di cacca.
Well, for starters, it appears I'm saving your ass. You were about to be Pan's lunch., replica Regina che non gliene fa passare mezza.
Oh, what do you care?, replica lui. Ma stavolta il sarcasmo non gli riesce tanto bene.
I care because I've been camping with the Charmings for a week and getting nowhere. If we're gonna get Henry, I need  you. I need Rumplestiltskin. Lo ammetto: il "camping with the Charmings" mi ha fatto ghignare come una bestia.
Well, the problem, dearie is that Rumplestiltskin can only stop Pan by dying., dice Rumplestilskin. He sure has a point, mi viene da aggiungere.
Ma Regina non si fa smontare per così poco: You're not gonna die at anyone's hands but my own. We're the two most powerful practitioners of magic who have ever lived. The Evil Queen and the Dark One joining forces? I'd say we can find another way to handle one smug teenager. She too has a point.
Ma Rumplestiltskin ribadisce il concetto, casomai non fosse stato chiaro alla prima: You've never faced him. I have. And I know what killing him requires. And that is? My life. Come dire, sticazzi.
Well, as much as I want to, maybe we don't have to kill him. If that's the case, then... Maybe we can find another way... something to contain him, some other fate
. Regina ha sempre delle idee grandiose, eh. Nocive, ma grandiose.
E, di sicuro, sa come rigirarsi Rumplestiltskin, che aggiunge, solleticato: A fate worse than death.
Now we're talkin'. There's my malevolent imp. Ecco, bene, appunto. Is there a spell you know? Something we can enact?
A questo punto Rumplestiltskin ci sta pensando sul serio. No. But back in my shop, I might have just the thing.
Well, why didn't you bring it with you in the first place?! A quanto pare Regina in questo episodio è ben decisa a sverniciare il povero Rumplestiltskin.
Because I came here to kill him and die in the process!, replica lui esasperato. Ha una sua logica, non dico di no.
Al che, dopo una risata, lei ribatte: Well, I could've told you that wasn't gonna happen. You forget, dear. I've known you a long time. I know all about your survival instincts.
Lui borbotta qualcosa del tipo: Yeah, well, they...
Ma Regina sa di aver vinto la partita perché taglia corto: Good. So now we just need a change of plans.

Nel frattempo, Pan ha messo Neal nella Caverna degli Echi e il gruppetto dei Cervelli in fuga sta seguendo le sue tracce - sorvoliamo su Emma che confessa a Sua Melensaggine di aver baciato Hook riuscendo a sembrare una sedicenne cretina - e arriviamo alla caverna. Neal è dentro la gabbia, in cima a un pinnacolo di roccia. Gli altri arrivano ma... non c'è modo di attraversare l'abisso che  li separa da Neal. Se non fare quel che la Caverna richiede: confessare il proprio segreto più oscuro, quello che non si vorrebbe dire ad anima viva.
E qui cominciano i dolori. Il primo è Hook che confessa di aver baciato Emma - You did what?, sbotta LOLlo, immediatamente messo a cuccia da Sua Melensaggine. L'interessata rivela, con ben poco tatto, di averlo già detto a Mary Margaret e che, pertanto non è proprio esattamente un segreto e che, in fondo, era solo un bacio ecchessarà mai! Ma il segreto di Hook è ciò che il bacio gli ha rivelato: lui non avrebbe mai pensato di poter superare la perdita del suo primo amore, della sua Milah, e di poter ricominciare a credere di poter trovare qualcun altro. Prima di incontrare Emma, va da sé. (A questo punto, se Emma non fosse la cretina che è, gli sarebbe saltata al collo. Ma siccome è la cretina che è, sta attaccata a Neal.) La seconda è Sua Melensaggine che rivela... di volere un altro figlio, visto che quella che ha è sua coetanea! Così dice a LOLlo, che una volta tornati a Storybrooke si prepari! (La prospettiva di un LOLlo in miniatura è angosciante, lo so). E, a questo punto, lui rivela che... tanti auguri, ma deve trovare qualcun altro perché lui non può più lasciare Neverland! Man mano che i segreti vengono rivelati, un ponte si compone fra loro e Neal ed Emma lo attraversa. Ma rimane ancora la gabbia, che non può essere semplicemente demolita.
Così, Emma sussurra a Neal il suo segreto... e perdonatemi se ancora devo capire la logica. Perché lei lo ama, l'ha sempre amato eccetera eccetera, ma... quando gli hanno detto che forse era ancora vivo, lei non è stata contenta, ha sperato che fosse un trucco di Pan. Perché ha sofferto tanto e non vuole farlo di nuovo e sperava che lui fosse morto per lasciarsi tutto alle spalle. Cioé, non riesce a essere contenta che lui sia ancora vivo. Lo ama, ma gli rifila un due di picche. Ha senso, secondo voi?
Secondo me non tanto, ma pazienza. Però anche Neal ha un segreto e lo confida ad Emma: non smetterà mai di combattere per lei. (Nel frattempo, il momento del ghigno: Sua Melensaggine è incazzata come un cobra con LOLlo perché non le ha detto il dettagliuccio che se lascia Neverland muore).
Ora, voi mi chiederete... e la sirenetta?
La storia della sirenetta, ovviamente in flashback, è una variante che ribalta la versione Disney (la voce di Ariel viene rubata da Regina alla fine della storia e non data in  pegno alla strega dei mari per un paio di gambe, anzi, a quanto pare Ursula è un'entità benevola che minaccia Regina, rea di aver osato spacciarsi per lei), serve solo a fornire a Rumplestiltskin e alla Evil Queen un modo per tornare a Storybrooke e prendere quel misterioso oggetto che ha il potere di garantire a Pan un destino peggiore della morte. Le sirene possono viaggiare fra le dimensioni e Ariel ha tre ottimi motivi per aiutare Regina: riavere la sua voce, ottenere un paio di gambe sotto suo esclusivo controllo e ritrovare, giusto a Storybrooke, il suo unicoveroaMMore Eric. 
Sì, mi ha dato ai nervi. Oltretutto, in questa parte Sua Melensaggine (qui pre-incontro con LOLlo) è più melensa del solito, la storia dell'innamoramento di Ariel ed Eric è la più stupida che abbia mai sentito e l'intera scena del ballo è a dir poco imbarazzante.
Vabbé. Vediamo cosa succederà domenica prossima. Riapparirà Robin Hood? E come si svilupperà il triangolo fra Hook, Emma e Neal? Temo molto per il bel pirata...