domenica 27 dicembre 2015

Cosmo Oro 2 - Aarn Munro il gioviano J.W.Campbell

La seconda uscita della Cosmo Oro è un tomo di rispettabili dimensioni che, sotto il titolo di Aarn Munro il gioviano, raggruppa tre romanzi brevi: I figli di Mu, Avventura nell'Iperspazio e L'atomo infinito.
L'autore John W. Campbell jr. è stato uno dei pionieri della fantascienza degli anni d'oro, ha guidato Astounding Science Fiction e tirato su parecchi degli autori che su quella rivista hanno mosso i primi passi (gente tipo Asimov, per capirci). 
Campbell era uno che di chimica e fisica ci chiappava parecchio (in effetti, era laureato in fisica). E ci teneva che il lettore lo sapesse. 
Perciò nel suo Aarn Murno le spiegazioni scientifiche - o pseudotali - abbondano. 
I romanzi di Campbell sono figli della loro epoca (le tre avventure di Aarn datano metà anni Trenta - fine anni Quaranta) e, per certi versi, questo li fa invecchiare male, perché mancano purtroppo di quella visionarietà futuristica e futuribile che ha mantenuto 'giovani' testi precedenti. 
Laddove Heinlein - faccio riferimento a Cittadino della Galassia, visto che ne ho parlato da poco - si limitava a dire che determinate tecnologie funzionavano e avanti con la storia, Campbell (per bocca del suo protagonista) cerca di spiegarci il come
E, ma qui va a gusti, esagera.
In sé e per sé, le storie di Aarn Munro non mi hanno particolarmente impressionata, per due ragioni principali.
La prima sono i personaggi: tolto Aarn - per il quale va fatto un discorso a parte - gli altri sono poco più che macchiette di contorno, fondamentalmente indistinguibili l'uno dall'altro.
Aarn, invece, è il classico superuomo: è super forte perché è nato e cresciuto su Giove, sottoposto a una forza di gravità doppia di quella terrestre. È anche super intelligente e infila scoperte scientifiche epocali a raffica, addirittura preannunciandole (gli piace pure fare della suspence, a questo!).
No, non è particolarmente simpatico: non solo non lo è in quanto 'super', ma non lo è anche per come si comporta con gli altri (ha un deciso complesso di superiorità e non si fa problemi a mostrarlo).
La seconda è una certa ripetitività per cui Aarn e il suo piccolo equipaggio di naufraghi arrivano in un dato posto, entrano in contatto con una cultura aliena (che però è sempre molto "umana") e risolvono problemi che i loro nuovi 'amici' non sono in grado di risolvere da sé per poi ripartire.
Quindi? Quindi fa schifo? Quindi non va letto?
No. Va letto con una prospettiva diversa. Invece di quella 'diretta' - fondamentalmente, identificandosi o empatizzando in una certa misura con i personaggi - bisogna usarne una, come dire... obliqua.
Distogli gli occhi e concentrati sul contorno, anziché sul primo piano.
È vero, il protagonista è antipatico.
È vero, le spiegazioni pseudo scientifiche sono noiose (all'ennesimo 'bobina' mi è venuta voglia di urlare).
Però c'è del buono. C'è parecchio buono. 
Perché Campbell non sarà stato eccelso come scrittore, ma aveva delle idee niente male: le corazzate spaziali, per esempio. Noi siamo figli di Star Wars, ma lui scriveva nel 1935, non so se rendo l'idea.
In effetti, le pagine migliori sono proprio quelle in cui, tralasciando le spiegazioni, ci catapulta finalmente in mezzo a battaglie spaziali a dir poco epiche. O se ne esce con robe tipo i forti orbitali che, nonostante gli anni, sono e restano di una figaggine assoluta.
E prendete la storia del popolo di Mu: i diavoli, lungi dall'essere creature simboliche o prodotto di superstizione, sono vivi, di carne e sangue e vivevano davvero nelle profondità sotterranee prima di emergere in seguito a un cataclisma e attaccare briga con il popolo di Mu. (La guerra porta quasi all'estinzione ambedue le razze che emigrano nel cosmo lasciando la terra a resettarsi e alcuni superstiti di Mu a spicciarsela con i neandarthaliani.)
Vi suona familiare? A me sì, con i dovuti distinguo, ci vedo Jeeg robot d'acciaio.
Ci sono le lune Ma-ran e Ma-kanee, motorizzate, staccate dalla propria orbita e usate come proiettili (...qualcuno ha detto Morte Nera? O Starkiller?).
C'è la storia dei Myryani che si auto-ibernano per miliardi e miliardi di anni che riecheggia il "Le meraviglie del duemila" di Verne.
O che dire dei rettiloidi seeset, che a me hanno ricordato - ma tanto - gli ssi ruuk de La tregua di Bakura?
In definitiva...
Sì, soffre gli anni. 
Sì, Aarn ti fa venire voglia di prenderlo a pattoni sul muso (e speri che una volta, una sola!, gli vada storto qualcosa perché non se ne può più delle sue arie). 
Sì, c'è una discreta quantità di WTF e le coincidenze, spesso, sono troppo comode per essere vere.
Sì, dopo un po' delle spiegazioni scientifiche non te ne frega niente, pensi solo: 'si spicciasse mioddio ad andare avanti con la storia!'
Come ho detto, a livello di stile Campbell non è eccelso: è legnoso, i dialoghi sono abbastanza finti, i personaggi - a parte Aarn - piuttosto anonimi.
Fra l'altro, è curioso che si dilunghi tanto a spiegare come potrebbero funzionare le macchine che Aarn inventa e poi sorvoli - alla grandissima! - su altro. Tipo che questi arrivano in un posto e, tempo dieci minuti, già conversano amabilmente - nella lingua locale - con gli autoctoni.
Così.
Però la sua eredità, i suoi spunti e le sue suggestioni hanno generato tanto.
Vale la pena leggerlo anche solo per questo.

sabato 19 dicembre 2015

Star Wars episode VII The Force Awakens

Ok. L'ho visto.
Non starò qui a fare una recensione (e comunque niente spoiler!), ma... sapete che c'è?
Mi aspettavo qualcosa di meglio.
E no, non è per quellacosallà che si era capito fin dall'inizio che doveva succedere. Sì, è stata una botta, non lo nego e, secondo me, è una toppata, narrativamente parlando.
È che io sono andata aspettandomi la magia di Episodio IV - un po' come se anche noi, che non l'abbiamo potuto vedere al cinema per ragioni anagrafiche, avessimo diritto a un mito.
Invece della magia ho trovato un compitino. Ben fatto (che poi, anche lì, la scribacchina che è in me ha le sue brave perplessità), ma... solo un compitino.
Poi sì, le citazioni, sia a livello di scene che di battute ci potevano stare (parliamone un attimo delle battute: ma che è 'sta cosa dell'umorismo a tutti i costi?!), anche se perfino una fan come me le ha trovate un po' esagerate.
In sintesi, il troppo stroppia.
Avrei voluto una protagonista che avesse la forza di attrazione di un Luke Skywalker che sta per fare il suo primo passo in un universo più grande... Rey questa forza attrattiva non ce l'ha. Per carità, tosta la ragazza, molto più di Luke pre-Obi Wan, ma meno... vorrei dire 'simbolica'.
Forse perché Luke lascia Tatooine per scelta, con consapevolezza, mentre Rey viene letteralmente sballottata a destra e a sinistra dalle circostanze?
Forse perché non sono più la bambina che guarda Episodio IV in videocassetta per la prima volta?
Fatto sta che, per semplice che fosse, la trama di Episodio IV stava in piedi.
Quella di Episodio VII... not so much.
E poi una cosa la voglio dire forte e chiara.
Kylo Ren ha delle crisi di rabbia che manco il principe Giovanni in Robin Hood della Disney (sì che è Disney pure questo).

venerdì 18 dicembre 2015

Waiting for Star Wars...

Sono una fan da quando avevo, boh, forse dieci anni.
Li ho visti, rivisti e riguardati dozzine di volte, i primi tre film.
Pure in lingua originale, che a un certo punto volevo sentire le voci vere.
Sono una di quelle che 'la seconda trilogia non esiste, è un'illusione delle nostre menti malate'.
Una quindicina di anni fa, al fidanzato dell'epoca, intenzionato a regalarmi un anello, ho risposto che si tenesse l'anello, io volevo un modellino del Millennium Falcon. Ce l'ho ancora.
Una delle mie magliette preferite ha uno Yoda (versione Lego) con la spada laser e la scritta "Judge by my size do you?". La spada laser brilla al buio.
L'anno scorso, ad Aix en Provence, mi sono imbattuta in un coro a cappella che ha eseguito l'intera colonna sonora... e io conoscevo ogni brano e sapevo esattamente cosa succedeva sullo schermo quando veniva suonato.
Lo sapete? Mi è pure scappata la lacrimuccia.
Ho il libro di George Lucas - Oscar Mondadori edizione 1977 - dal quale è tratto Episodio IV. Lo tengo come un oracolo, che l'hanno ristampato per via del film, sennò col cavolo.
Ho riguardato il secondo trailer millemila volte, esultando al "Chewie, we'ere home".
Ogni.Santa.Volta.
Da quattro giorni a questa parte mi tengo lontana dalla rete (lavoro, blog e acquisti di Natale a parte) per evitare spoiler.
Sabato farò la madre degenere. Lascerò a casa Davide con suo papà: alle 17.30 poserò le chiappette nel mio posto prenotato e mi godrò lo spettacolo.
Indovinate che maglietta mi metterò.

giovedì 17 dicembre 2015

Cosmo ORO 1 - Cittadino della Galassia (R.A.Heinlein)

Non so se si possa dire che è un buon proposito per il 2016, ma l'altro giorno ho deciso che avrei letto tutta la collana Cosmo Oro in ordine di uscita.
Follia? Forse.
Ci riuscirò? A saperlo. La Cosmo Oro conta 202 libri. Anche macinando parecchio (e io sono una lettrice veloce), è tanta roba.
Ora, alcuni li ho già letti (Slan, tutto il Ciclo di Dune, Non-A, Il Grande Tempo, La svastica sul sole, Il gioco di Ender, La Mano Sinistra delle Tenebre, Nata dal Vulcano, Vazkor figlio di Vazkor, La porta dell'infinito, I dragonieri di Pern... tanto per dirne qualcuno), ma per ora l'intenzione è rileggerli tutti quanti.
L'ho pure scritto su FB, a imperitura (?!) memoria della mia follia. Mi sa che non dormo abbastanza e il neurone inizia a sbarellare. 
In più ho deciso (sì, tanto perché il tempo mi avanza) di fare una brevissima recensione per ciascun libro.
Davide aveva tentato - su Strategie evolutive - di fare la stessa cosa con la Fantacollana Nord (che si sia interrotto perché qualche furbastro stava plagiando i suoi post spacciandoli come proprio è, purtroppo, storia).
Perciò, bando alle ciance.
La prima uscita della Cosmo Oro è un romanzo di Robert Heinlein del 1957: Cittadino della Galassia.
Ora, lo dico piano piano piano: io di Heinlein avevo letto soltanto Fanteria dello Spazio.
Sì, lo so.
Mi cospargerei il capo di cenere, ma trovare il tempo per farsi una doccia è un casino anche senza impiastricciarsi la testa.
In breve, Cittadino della Galassia (che è un romanzo per ragazzi) è la storia di Thorby: venduto da ragazzino su Sargon e acquistato (in realtà salvato) dal mendicante Baslim lo storpio, vive tutta una serie di avventure alla ricerca della sua identità e della sua famiglia.
Cosa? Vi sembra Remì? 
Siete fuori strada, gente. Innanzitutto, Heinlein non è neanche lontanamente così melenso. E poi Cittadino della Galassia è una storia, mica un'ecatombe di personaggi!
La lettura si è rivelata sorprendentemente divertente (che volete farci? Io Fanteria l'ho trovato pesante). 
Trascinato per la Galassia dall'ultimo desiderio di Baslim, quello di fargli scoprire, finalmente, la propria identità, Thorby viene sballottato in un universo vasto e diversissimo. 
Dal lontano Sargon, una sorta di impero babilonese in forma planetaria, retto secondo il codice di Hammurabi (Heinlein non lo dice, ma se uno ha un minimo di occhio se ne accorge eccome), alla Terra, la culla della civiltà umana, ormai un pianeta per pochi privilegiati, super-ricchi che muovono interessi economici mastodontici, a capo di corporation multiformi e tentacolari.
E poi, vaganti nello spazio-N, le astronavi-famiglia dei Liberi Mercanti, gli spaziali, quelli che, quando atterrano su un pianeta, scendono sulla terrasporca, e per i quali chi non vive nello spazio è un fraki (un animaletto piuttosto disgustoso ma inoffensivo, termine che loro utilizzano, in senso dispregiativo, per gli stranieri). La loro organizzazione sociale è la cosa che mi ha affascinato maggiormente: ogni astronave è la casa di una Famiglia, un vero e proprio clan, con nonni, zii, cugini di primo e secondo grado, retta da un regime matriarcale. I membri della Famiglia hanno una sorta di doppia identità: al rango familiare corrisponde un incarico a bordo.
Nei suoi viaggi, Thorby passa da schiavo a mendicante, da mendicante a liberto in fuga. Viene adottato da una famiglia di Liberi Mercanti e poi diventa una Guardia Egemonica (in realtà, Baslim ha un altro scopo, oltre che rendere a Thorby la propria identità: il ragazzo deve consegnare a una nave militare Egemonica - una qualsiasi - un messaggio che gli è stato affidato sotto suggestione ipnotica).
Il mendicante storpio - che è molto più di quello che sembra - si rivela essere una forza motrice inarrestabile e piega alla sua volontà uomini e mezzi, riscuotendo vecchi debiti e riuscendo, alla fine, a restituire al ragazzo il suo nome e la sua famiglia (che poi questo sia l'inizio della parte più difficile e pericolosa delle avventure di Thorby è  un altro discorso).
Se il protagonista non è proprio degno di nota (almeno quasi fino alla fine, quando finalmente prende in mano il proprio destino)  giganteggiano i personaggi secondari, fra tutti Baslim lo storpio con i suoi segreti e la sua identità tutta da scoprire e la Nonna, che governa con pugno di ferro la Sisu, l'astronave su cui viene adottato Thorby in fuga da Sargon.
Non a caso, sono figure importanti per Thorby stesso che, anche quando li perderà - sì, è uno spoiler, ma piccolo - continuerà a fare riferimento a loro e ai valori che gli hanno trasmesso.
Cittadino della Galassia si legge d'un fiato e se ne vorrebbe ancora, perché molte domande sono lasciate in sospeso. Domande che riguardano la morte dei genitori di Thorby, per esempio. O la sua battaglia per rendere la schiavitù antieconomica.
Dal punto di vista della scrittura, io l'ho trovato magistrale. È un esempio perfetto di less is more: Heinlein non si perde in spiegoni, né in descrizioni ridondanti o complicate. Va dritto al punto e dipinge affreschi vividi e affascinanti di civiltà e culture diverse e fa sentire il lettore come un esploratore del cosmo.
Molto, molto, molto soddisfacente.