lunedì 12 agosto 2013

Discorsi *ipotetici* su libri *ipotetici*

Allora, facciamo un discorso molto *ipotetico*. 
Diciamo che c'è un importante premio letterario. Uno di quelli famosi, uno di quelli che vantano fra i vincitori premi Nobel e genii della letteratura mondiale.
E, *sempre ipoteticamente*, diciamo che a un certo punto lo vince un'esordiente.
Ora, data la nomea, ci si aspetterebbe un prodotto di un certo livello.
Ma *sempre in via ipotetica* iniziano a girare voci piuttosto strane. Da più parti si sente dire che questo *ipotetico* libro sia, come definirlo?, una fetecchia.
Ora, prendiamo una *ipotetica* lettrice. Bibliobulimica è senz'altro un termine più calzante. Come ogni personaggio che si rispetti, ha un fatal flaw. Un difetto, diciamo, uno di quelli che, potenzialmente, ti mettono nei casini. Il flaw ci vuole, nei personaggi, sennò vengono piatti. Non lo dico io, lo dicono i manuali di scrittura, se non vi sta bene prendetevela con loro. Atteniamoci ai fatti: c'è un personaggio, ha un fatal flaw e questo fatal flaw è la curiosità.
Lo ammetto, non è che sia granché. Di personaggi troppo curiosi è piena la letteratura.
La curiosità è quella cosa che poi ti fa ficcare il naso esattamente dove ti era stato detto di non ficcarlo. Di solito, quando succede, trovi delle brutte cose. Tipo mogli morte, non so se rendo l'idea.
Ma la nostra bibliobulimica è curiosa, non sente ragioni (sennò, che fatal flaw sarebbe?). E stavolta, è curiosa di leggere un libro. Quel libro, quello *ipotetico*. E lo fa. (No, non lo compra: se lo fa prestare. Perché curiosa sì, ma attenta al portafogli.)
E cosa scopre?
Oh, andiamo! Ho fatto un errore da principiante assoluta! Vi ho già "telefonato", il finale, no? Scopre cose brutte.
Scopre che il libro, *quello ipotetico*, è un concentrato di tutti i cliché più banali, triti e ritriti da commediola romantica da quattro spicci, frullati insieme fino a ottenere una specie di frappé insulso, una pappetta predigerita. 
Che, alla fine, succede esattamente tutto quello che ti aspetti, ed esattamente quando te lo aspetti. Oh, anche perché te lo aspetti.
E che la lettura come scoperta della storia, ahimé, non è mai stata più lontana.
Intendiamoci, la bibliobulimica si è divertita.
Ma - e qui sta il colpo di scena, non molto originale, per la verità, ma non mi è venuto di meglio - si è divertita perché si è trovata di fronte qualcosa di totalmente sconclusionato e a tratti balordo.
La nostra *ipotetica* bibliobulimica non ha riso con il libro. Ha riso del libro.
Ha riso di una protagonista che continua a ripetere di essere superintelligente - senza mai dire o fare qualcosa che sia  effettivamente tale (o anche solo un minimo furbo) - e di un protagonista la cui unica qualità è l'essere bello.
Ha riso della goffaggine di certe scuse, delle situazioni - familiari e confortevoli come un vecchio paio di ciabatte -, perché è ovvio, l'abbiamo visto in migliaia di film, che, prima o poi, due con una tensione sessuale inespressa finiranno per dividere il letto, ma senza fare niente (sennò che tensione sessuale è?).
E ha riso - sì - anche della scrittura, condita da errori insulsi, non tanto di grammatica (ogni tanto ci sono anche quelli) - quanto di tecnica. Ha riso di un plot pieno di escamotage francamente cretini, deus ex machina, la cui complessità è a livello della mentalità di una adolescente in preda ai primi turbamenti amorosi. O delle frasi fatte. O delle mitragliate di avverbi in -mente che la lasciano secca.
In teoria dovrebbe funzionare che, leggendo una storia, il lettore si pone delle domande. E che, a un certo punto, a queste domande viene data risposta. Non sempre, eh. Solo che quando un lettore rimane con un interrogativo irrisolto, si gratta come se avesse un brufolo dove non batte il sole. E questa *ipotetica* bibliobulimica inizia a grattarsi manco avesse l'orticaria: qui, nella *ipotetica* storia della *ipotetica* bibliobulimica e di questo *ipotetico* libro, di domande ce ne sono tante. 
Prese tutte insieme sono imbarazzanti come il contenuto della cantina delle care ziette di Arsenico e Vecchi Merletti.
La più ovvia è: perché? Perché proprio quell'*ipotetico* libro? Se è stato premiato quello, la bibliobulimica pensa, figuriamoci il resto...
Ma anche le altre non sono tanto da meno: per esempio, come è possibile una così palese e totale mancanza di una qualsivoglia parvenza di documentazione? O, sempre per esempio, alcune prove di ignoranza. E voglio dire, nessuno di noi sa tutto, ma un testo editato certi erroracci non dovrebbe contenerli.
Perché nel migliore dei mondi possibili questo libro *ipotetico* è stato editato, vero?
Ma la bibliobulimica ha anche la maledetta tendenza a farsi un sacco di altre domande. Domande generali. Domande ingombranti. Per esempio, a chiedersi quale *ipotetico* pubblico resta affascinato da questo *ipotetico* libro. Perché, se è valido il dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei, la bibliobulimica ricava un *ipotetico* quadro di insieme allarmante.
Tipo che la letteratura deve essere semplice, perché le persone, altrimenti, non capiscono.
Deve riproporre schemi banali e ormai decrepiti, tipo il principe azzurro, magari svecchiandolo e riciclandolo come uomo d'affari di indubbio successo.
Deve garantire a chi legge una sorta di straniamento, di fuga dalla realtà, in un mondo perfetto dove tutto è facile, rassicurante e, perché no, romantico. Dove i rapporti d'amore sono burrascosi, ma solo perché così è meglio quando finalmente si fa la pace. Dove non esistono la noia, la routine, la quotidianità dei rapporti, ma solo la fase - vagamente lisergica - dell'innamoramento. Dove tutti sono belli, e giovani, e vincenti. Dove cambiare te stessa è facile, rapido e indolore: ti basta tingerti i capelli, infilarti un vestito sexy - che ti starà benissimo, perché non ci sono rotolini di ciccia - e sfoggiare un tacco dodici sul quale avanzerai leggiadra fin dalla prima volta, senza sembrare la versione femminile del mostro di Frankenstein. E dove, grazie a questa metamorfosi, riuscirai a tirare fuori la bellezza interiore. A essere la donna che vorresti. Il che la porta dritta dritta a domandarsi perché le persone vogliono fuggire.
Ma non spaventatevi, eh, per fortuna questo quadro d'insieme è solo *ipotetico*.

6 commenti:

  1. devastante e distruttiva. Ottimo articolo!

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    1. Grazie. (tutto questo è puramente *ipotetico*, si intende!) -_^

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  2. Io non mi domando tanto il perché vogliano fuggire, quanto dove vogliano andare quando fuggono.
    E non mi piace ciò che mi rispondo.

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    1. Penso che "dove" e "perché" siano parti complementari di uno stesso rebus. E sì, quel che viene fuori non piace neanche a me.

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  3. Io credo che dovrebbero darsi una mossa con la sperimentazione sulle masse delle bombe a neutroni, ma si sa, sono troppo drastico.

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