giovedì 24 ottobre 2013

Anche la Parietaria ha una storia del cesso.

Quando ha scritto il suo post, Germano non se l'aspettava, di aver creato un mostro. Un meme, voglio dire.
Ma lo spunto era troppo bello per resistere e così è stata la volta di Marina. A seguire, Alessandro. E oggi, Davide e Gianluca.
Cos'è la storia del cesso?
Leggete il post di Germano - e guardate il video - lo capirete.
No, è che quando dici a qualcuno che scrivi la raffica di domande è d'obbligo (dopo una pausa di stupore mixato - a scelta - con: ammirazione, incredulità e sospetti sulla tua sanità mentale): cosa scrivi? Come hai iniziato? Ma soprattutto: perché lo fai?
(E non arrischiatevi a dire che pubblicate in ebook, perché vi toccherà una variazione sul tema: "Oh, e cosa sono gli ebook?". Un interlocutore che non tiene alla sua incolumità fisica potrebbe lasciarsi anche scappare un deluso: "Ma allora non è un libro vero")
Il che è una delle ragioni per cui pochissime persone fra quelli che mi conoscono nella vita reale sanno che scrivo. Perché la mia risposta - in spezzino - sarebbe: oh, feve 'n po' i cassi vostri. Sottotitolo: scusate, non ho mica detto che mi drogo, eh. Ho solo detto che scrivo.
All'incauto interlocutore darei una testata.
In ambedue i casi, non è cortese.
Ora, visto che scrivo e mi piace farlo, di storie del cesso sul come ho cominciato ve ne potrei propinare una quantità. Inventare storie e inventare balle, in fondo, sono la stessa cosa.
E poi, l'avrei già fatto, ecco. Dove? Ve ne ho parlato qui e questa potrebbe essere benissimo la mia storia del cesso. Incidentalmente, è anche vera.
Come anche i miei illustri predecessori lungo la via del meme, anche io difetto di sturm und drang: non placo uragani Katrina interiori, non purgo demoni, e di certo non rutto in faccia al lettore afflati poetici. La gente si incazza se gli rutti in faccia, sapete.


Anche no.


Partendo dal presupposto che detesto le suddivisioni di genere, scrivo quello che mi piace. Narrativa fantastica. Delle vite qualsiasi di persone terribilmente qualsiasi (cit.) non sappiamo cosa farcene, il piccolo nerd interiore ed io. Ci deve essere qualcosa di straordinario: maghi, astronavi, viaggi nel tempo, dei, ed eroi, e cattivi, e mostri, e bestie parlanti, e oggetti parlanti, e zombie, e dinosauri e... più strano è, meglio è. Altrimenti ci annoiamo.
E se vi devo dire perché ho iniziato a scrivere, beh, per sapere cosa succederebbe se e cosa succede dopo.
Del cosa succederebbe se vi ho parlato sopra. Quanto al cosa succederebbe dopo... è che sono curiosa, curiosa che è un eufemismo per dire "ficcanaso", curiosa al punto che, ma questo non lo faccio più, vado (andavo) a sbirciare il finale dei libri prima di iniziarli.
Quindi... ma cosa diavolo succede ai personaggi dopo che la vicenda è finita e a me tocca chiudere il libro?
Le prime cose non scolastiche che ho scritto erano fanfiction (e non avevo idea che si chiamassero così. All'epoca, quelle due o tre ere geologiche fa, magari il termine nemmeno esisteva). La prima è stata un sequel di Labyrinth, se volete saperlo. Perché a me non andava bene, proprio no, che il Re dei Goblin fosse lasciato con un palmo di naso a guardare gli altri che si divertono perché in fondo, cavolo, lui ha fatto solo quel che gli ha chiesto Sarah (che è una marmocchia viziata).
Ho continuato a scrivere perché è divertente. È molto egoista, lo so: io mi diverto. Se anche voi vi divertite a leggere, tanto meglio. Sennò... non è un problema mio!
Che poi, non è divertente sempre, ma la maggior parte del tempo sì.
E, corollario da non sottovalutare, ho scoperto che - ehi, non ho mai detto di non avere un ego grosso così - è bello quando ti leggono e ti fanno i complimenti. O quando capita di vincere un concorso.
Ti senti la Regina del Mondo e, scusate, ogni tanto è un giro di giostra che vale la pena fare (il guaio è che torni con i piedi per terra).
E poi ci sarebbero i soldi.
Adoro i soldi. E non credete a chi vi dice il contrario: i soldi li adoriamo tutti. Fare soldi scrivendo non è un brutto modo di pagarsi affitto, bollette e una pizza ogni tanto (vedete? ho pretese molto modeste). In Italia, ahimé, la cosa è un tantinello utopica, specie se pubblichi in ebook (per quanto la mia casa editrice sia, sotto questo profilo e anche sotto tutti gli altri, esemplare), ma resta comunque un'aspirazione dignitosissima.
Perciò, quando sento dire "io scrivo per essere letto, i soldi non mi interessano"... ho i miei bravi dubbi. In realtà, io sono una cinica: se non ti interessano i soldi, vuol dire che la gratificazione che ricavi dall'avere un pubblico è qualcosa cui non puoi assegnare un prezzo.
E questo puzza tanto, tantissimo di narcisismo.
Ma in fondo, che male c'è? Tutti gli scrittori hanno un ego grande così, me compresa, ve l'ho detto. Ci vogliono un ego grande così, una vena di follia e una di esibizionismo per far leggere le proprie cose.
Se ci pensate, non è tanto diverso dal far vedere a tutti di che colore sono le tue mutande. Solo che non rischi una denuncia per atti osceni in luogo pubblico.


Ah, se per caso vi domandaste cosa c'entra la foto, beh... quelli sono i gabinetti pubblici di Efeso. Really. Tutti seduti uno accanto all'altro, i cittadini ne avranno avute di storie del cesso da raccontarsi!

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