Stare con un abarthista (o con un qualunque fissato di macchine) è, fatemelo dire, una solenne rottura di palle.
Prendiamo ieri, per esempio.
Domenica.
Caldo torrido.
Sole.
Cosa fa una persona normodotata e abitante nei pressi del mare?
Va in spiaggia, si stravacca a pancia all'aria dopo essersi abbondantemente cosparsa di crema protettiva e si rilassa fra un bagnetto e l'altro.
Invece no.
Si alza alle sei per farsi duecento chilometri ed arrivare entro le nove (poi erano le nove e mezzo, ma non ha importanza) in paesino sparso nella piana modenese: San Possidonio.
Vi pare di averlo già sentito nominare? Beh, è così.
San Possidonio ha avuto la dubbia fortuna di essere l'epicentro della scossa di terremoto del 29 maggio 2012. Grado stimato dall'INGV: 5.3 Richter.
Perché ve ne parlo (a parte perché sono un geologo e questa è la mia deformazione professionale)?
Perché il raduno era "sponsorizzato" anche dal Comune e abbiamo avuto la fortuna di poter parlare con l'assessore ai Lavori Pubblici e alla Protezione Civile che prima ci ha illustrato - con l'aiuto di un video - cosa è successo e com'era la vita in emergenza e poi ci ha fatto visitare la chiesa di San Possidonio Vescovo e le nuove scuole, ricostruite in tempo record dopo che asilo, elementare e medie sono andate distrutte.
Detto senza mezzi termini: mi sono vergognata.
Sia in paese che lungo il tragitto per arrivare le tracce del sisma si vedono ancora: la strada stessa porta i segni delle onde di superficie. Ci sono abitazioni con evidenti segni di ristrutturazione e altre invece messe in sicurezza ma inagibili. Però quello che si vede è niente rispetto a quello che c'era.
In poco più di un anno, stanno tornando alla normalità: si sono rimboccati le maniche (pensate che, nella zona industriale, le attività produttive si sono rimesse in piedi con soldi propri, non hanno avuto aiuti e questo è scandaloso in un paese civile). Hanno ricostruito la scuola in sessantadue giorni e l'hanno fatta in legno intonacato e progettata non solo con criteri antisismici ma anche di ecocompatibilità e risparmio energetico. Non è ancora finita: ottantatre famiglie sono negli ultimi moduli abitativi, ma si prevede che la loro permanenza non duri ancora molto.
Ma, al di là dei fatti, anzi, delle strutture, ciò che si percepisce (e che ti lascia ammirata) è lo spirito di questa gente. Oltre alla paura, alla rabbia e al senso di sradicamento che un sisma porta con sé (tutte le catastrofi naturali fanno questo effetto, ma il sisma più di altre: puoi prevedere un'alluvione, un tornado, hai un minimo di preavviso. Un terremoto no), c'è una volontà ferrea di ricominciare, di tornare alla normalità, di non darla vinta alle circostanze.
Adesso, fatevi un giro in Val di Vara, oppure nelle Cinque Terre (e no, non vale andare nei fancy-paesini sul mare: quelli sono stati rimessi a posto per i turisti). O, ancora, andate a vedere a che punto è il Ponte della Colombiera. Non lo vedete? Per forza: non c'è! Due anni e mezzo dopo, cantiere iniziato e tutto fermo. E non ditemi che non serve, perché collega la città alle spiagge di Fiumaretta e Marinella e la gente, lì, di turismo ci campa.
Cantieri aperti e abbandonati, strade dissestate, mucchi di macerie lasciati a marcire al sole. La strada dei Santuari, via panoramica a picco sul mare, è chiusa da due anni e mezzo. Non si sa quando (se) verrà riaperta.
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