martedì 20 novembre 2012

Domande sceme.

Sto pacciugando con la fantascienza. E questo, ormai, è noto urbi et orbi.
Ora, la fantascienza ha, per definizione, una parte di scienza.
(Sì, stasera sottolineo l'ovvio: sopportatemi, per favore).
Da un po' mi domando: ma un autore, quanto ne deve sapere?
Certo, se ha un background scientifico è meglio (ovviamente, deve anche essere un narratore dotato, altrimenti ciccia), ma se non ce l'ha... deve mettersi a studiare la meccanica quantistica, la teoria della relatività, quella dei wormhole oppure può farne a meno? Non sto parlando di un'infarinatura generale - secondo me ci vuole a prescindere - sto parlando di entrare un po' più nel dettaglio e nello specifico. Mi viene in mente che, ad esempio, Gibson entrò in contrasto con gli hacker perché, pur scrivendo di hacking e computer, era, in realtà, molto ignorante in merito e finì per "falsare" la cultura hacker piegandola ai suoi scopi letterari (e facendo un favore al mondo della narrativa fantastica, per quanto mi riguarda, perché adoro Neuromante).
Devi avere delle basi "serie", oppure devi essere bravo nel far credere al lettore che tu le abbia?
Magari a qualcuno sembrerà una domanda scema, ma continuo a girarci intorno e vorrei uno straccio di risposta, se possibile.
Collegata a questa, c'è un'altra questione: ma un autore, fino a che punto può dare per scontata la cultura generale in chi lo legge?
Non sto parlando degli spiegoni, sui quali ha fatto un ottimo post Germano.
Il discorso è che, per quanto mi riguarda e detto senza mezzi termini, sono una insopportabile so-tutto-io. Questo significa che, in genere, ho una buona base di conoscenze. Quando, però, trovo accenni o riferimenti a un argomento che non conosco, vado a informarmi per cercare di capire. Il corollario è che se mi trovo di fronte un autore che spiega cose che so già, nel senso che mi fa delle note a pié di pagina o delle appendici, mi infastidisco. Non sto quindi parlando del classico spiegone o dell'orrido as you know Bob (che, per inciso, detesto).
Il trait d'union fra i due dubbi di cui sopra è questo: credo che, se l'autore utilizza una terminologia tecnica, il lettore medio sia propenso a pensare che conosca ciò di cui sta parlando. Ovviamente, esagerare è controproducente: si finisce per confondere il lettore (il quale si scoccerà con giusta ragione).
Spiegare questi termini non ne "attenua" l'effetto? 
Non lo so, sarà che a me la specificità piace, ma quando trovo una terminologia particolare, specifica, su un dato argomento è come se quell'espressione, quelle parole, avessero un fascino speciale. Una specie di potere sulla mia immaginazione. Se però accanto - o a pié di pagina - inserisco la spiegazione, ecco, è come se questo potere si attenuasse.
Lo so, sono domande sceme. Prendetemi così, stasera.


15 commenti:

  1. Per scrivere di fantascienza non c'è bisogno di essere scienziati, ovvio aiuta ma non è condizione necessaria. La cosa importante è che quando si crea una realtà alternativa, un universo dove si viaggia nello spazio, nel tempo, ci sono androidi o qualunque altra cosa che richieda al lettore di sospendere la propria realtà, lo scrittore rimanga coerente ai suoi assiomi e non si inventi, di volta in volta, nuovi artifici per giustificare buchi nella trama.

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  2. Concordo con Arcangelo, non devi essere uno scienziato ma devi essere coerente con determinate cose come, per esempio, le leggi fisiche. Il problema di quanto spiegare e quanto no è difficile da determinare e spesso mi ci ritrovo impantanato pure io. A mio parere tutto dipende da ciò che si sta scrivendo e da quanto possa essere complicata la cosa da spiegare.

    Per fare un esempio in un mio racconto faccio sfruttare ai miei protagonisti una manovra di "fuga gravitazionale". Non posso certamente pretendere che i lettori conoscano a menadito di cosa sto parlando quindi una spiegazione la ritengo in questo caso indispensabile. Però anche a me non piacciono gli spiegoni perciò cerco di dare solamente qualche indizio in più lasciando parlare i personaggi. Nel caso concreto alcuni personaggi hanno espresso la propria preoccupazione per la pericolosità della manovra discutendo se fosse meglio fare così o cosà. Tra di loro non c'era bisogno che qualcuno spiegasse per filo e per segno l'intera manovra, sarebbe stata una cosa assurda.
    Comunque si tratta sempre di indizi, lascio al lettore il gusto di approfondire la cosa se gli interessa. Io butto il classico sassolino nel lago... ;o)

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  3. Diciamo che Asimov, considerato comunemente uno dei più grandi scrittori di fantascienza in assoluto, è anche uno scienziato... Ma secondo me non è necessario esserlo. Io "cerco" di scrivere fantascienza, e quando devo inserire una parte "tecnica", sia che i tecnicismi derivino da ricerche apposite o da conoscenze personali (sono un tecnico informatico), cerco sempre di fare in modo che il discorso sia comprensibile quando serve per mandare avanti la storia... o che semplicemente non sia pesante anche se scarsamente comprensibile quando serve solo per dare l'idea di "fantascienza" per l'ambientazione.
    Il Moro

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  4. Saputelli o tecnobubbole? Questo è il problema!

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  5. No, ragazzi, Marco ha centrato il punto: saputelli o tecnobubbole? Per esempio, c'è un anime (una serie) che adoro e che si chiama PlanetES (devo farci un post, appena ho un po' di tempo). Ora, PlanetES è "fantascienza verosimile", nel senso che la tecnologia che ipotizza è uno sviluppo verosimile di quella attuale. Ad un certo punto, non vi sto a dire perché e percome, viene organizzata una spedizione su Giove e viene detto che la nave che porterà laggiù il primo equipaggio umano ha un motore Deuterio-Elio3. Che detto così suona plausibile. Lo è? Non lo è? Non lo so. La mia domanda è questa: è importante che lo sia, oppure vanno bene, come dice Marco, delle tecnobubbole ben raccontate?

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    1. A mio parere né l'uno né l'altro ma un po' di entrambi.
      In questo tuo esempio non ritengo un problema la plausibilità della tecnologia usata per il motore, per quello che penso io puoi anche inventare un motore a improbabilità infinita... ;o)))
      In fondo anche l'iperspazio o la velocità di curvatura sono un espediente narrativo, benché forse si basino su qualcosa di veramente teorizzato.
      Il mio dubbio semmai sarebbe: ma che ci vanno a fare su Giove? Nel senso che essendo un pianeta gassoso non ci si potrà far atterrare qualcosa (sempre che lo scopo sia quello di scendere sulla superficie).

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    2. Il mio dubbio semmai sarebbe: ma che ci vanno a fare su Giove? Nel senso che essendo un pianeta gassoso non ci si potrà far atterrare qualcosa (sempre che lo scopo sia quello di scendere sulla superficie).
      No, non atterrano: vanno su per estrarre l'elio 3.

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    3. Beh allora in questo caso è plausibile.
      In "Ritorno al futuro" alla fine del primo episodio Doc. utilizza i rifiuti come carburante.
      Nei miei racconti io utilizzo generici motori FTL (Faster Than Light) anche se non esistono.
      Sono entrambi plausibili? Si, certamente.

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    4. E come la metti con la questione del debito temporale?

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    5. Non sono certamente un esperto ma la questione è praticamente irrilevante nella fantascienza, sempre che tu non voglia rimanere strettamente legata alla fisica reale come noi la conosciamo. Mi spiego meglio: lo sfasamento temporale che si viene a creare secondo la teoria della relatività, nel caso la nave viaggiasse a velocità elevate o prossime a quelle della luce, in realtà viene superato con l’escamotage dell’iperspazio, dei tunnel spaziali o della velocità a curvatura. Utilizzando questi mezzi l’astronave viaggia in uno spazio-temporale multi-dimensionale diverso dallo spazio normale, inoltre all’interno di quella dimensione non raggiunge mai la velocità della luce (eccezione per l’iperspazio) di conseguenza il problema si risolve “da solo”.
      La curvatura dello spazio permette di avvicinare due punti distanti nell’Universo quindi il viaggio risulta molto più corto anche a velocità “normale”. Certo una minima differenza temporale c’è sempre, ma praticamente nessuno mai ne parla in un racconto di fantascienza. Pensa a Star Wars, nessuno si fa problemi se le navi imperiali volano da un punto all’altro della Galassia attraverso l’iperspazio, per lo spettatore è normale che il punto di partenza e il punto di arrivo siano nello stesso arco temporale.

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    6. sempre che tu non voglia rimanere strettamente legata alla fisica reale come noi la conosciamo
      Già. Ci sto riflettendo su...
      (Comunque, il commento era arrivato, solo che non ero a casa per approvartelo e pubblicarlo)

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    7. Tranquilla per il commento, ero io che non ero più sicuro di averlo veramente inviato.

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  6. Cari tutti.
    C'è sì la necessità di conoscesere qualcosa di scientifico -almeno di base, come sapere che la terra è tonda o come funziona un sistema circolatorio- ma non per questo si deve essere scienziati.
    In Star Trek The Next Generation ci sono un sacco di techonobbubbole. Quando dicono cose tipo: "Capitano mi sembra di rilevare la persistenza di una banda energetica nella fascia EM (e emme) più alta" non significa nulla, ma fa fico, insomma ma show.
    Si dosa la verità con la bugia letteraria in modo da creare una storia più fantasciosamente credibile.
    E a proposito di technobubbole stratrekkose: http://web.ticino.com/starfleet/id/pagine_speciali/bubble_fenomeni_spaziali.htm

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    1. Quando dicono cose tipo: "Capitano mi sembra di rilevare la persistenza di una banda energetica nella fascia EM (e emme) più alta" non significa nulla, ma fa fico, insomma ma show.
      È proprio quello che intendevo parlando di fascino dei termini tecnici! XD

      E a proposito di technobubbole stratrekkose: http://web.ticino.com/starfleet/id/pagine_speciali/bubble_fenomeni_spaziali.htm
      Credo che Alex ne sappia qualcosa! (È il suo sito!).

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    2. Credo che Alex ne sappia qualcosa! (È il suo sito!).

      Yesssss!!! ;o)))

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