sabato 1 giugno 2013

I miti della Parietaria 4: Jane Eyre - Charlotte Brontë

Una volta le eroine, per essere rivoluzionarie, avevano un cervello.
E sono partita polemica.
Uno dei miei libri preferiti di sempre è Jane Eyre e sapete perché?
No, non è perché Mr.Rochester è uno degli esseri bidimensionali più affascinanti che siano mai usciti da una penna (lo è, accidenti se lo è, batte pure Mr.Darcy!), ma per via di Jane.
All'inizio del libro, Jane è una bambina orfana, bruttina e vive a Gateshead in una casa nobiliare nella quale tutti - dalla padrona, la signora Reed, che è sua zia, giù giù per la scala sociale fino ai servitori - la disprezzano. Pensano che sia una bambina bugiarda e cattiva. I cugini - più o meno della sua età - la tormentano, a volte il più grande la picchia anche. Storia degna di Candy Candy, no? (Vabbé, a parte la Casa di Pony). 
A un certo punto, Jane viene mandata via - in barba alla promessa di trattarla come una figlia, fatta dalla zia al marito morente - e approda a Lowood, un istituto per figlie della carità. Lowood è, quanto a condizioni ambientali, peggio senz'altro di Gateshead: umido, freddo, il vitto fa schifo, le regole cui le ragazze sono tenute a sottostare - dal Reverendo Brocklehurst, fulgido esempio di chi predica bene e razzola male - sono ispirate, si direbbe, all'Antico Testamento. Ma lì Jane è felice, perché, a testimonianza che la malizia è nell'occhio di chi guarda, nessuno la ritiene cattiva.
Ora, facciamo una piccola pausa. Vorrei farvi notare che fin qui, le vicende di Jane sono un concentrato di sfiga gratuita, anzi, in offerta speciale prendi tre e paghi due (ne ho omesso un bel po', fra l'altro). Però, a differenza di Candy Candy - che detesto dal più profondo del cuore e alla quale, potendo, spezzerei le rotule un giorno sì e l'altro pure - non sono pesanti. 
Perché? Perché Jane - o meglio la sua creatrice - ce le presenta così, nude e crude, e non calca la mano cercando l'effetto lacrimuccia facile. Non ci dice nemmeno che Jane è perfetta: non è una vittima innocente, è una bambina dal carattere impulsivo e passionale, che dice ciò che pensa senza filtri e senza ipocrisie. Non si piega alle convenzioni sociali - o, semplicemente, ad adottare il comportamento che le farebbe più comodo - non è bugiarda, è sincera oltre il limite consentito dalla società. Paragonata con i cugini, che bugiardi lo sono perché di fronte alla madre nascondono meschinità e marachelle, appare un pessimo soggetto.
Ma torniamo alla nostra storia. Nonostante sia un posto orrendo, a Lowood Jane inizia a sbocciare: nessuno la taccia di essere cattiva e bugiarda, ha un'insegnante che sa trattare con lei e trarne il meglio, finalmente è libera dal tormento di stare con persone che non la amano e che lei non ama. 
Quando la ritroviamo, otto anni dopo, è diventata una signorina istruita, compita e posata, con un'offerta di lavoro: fare l'istitutrice, in un posto che si chiama Thornfield Hall.
Jane ha sepolto la passionalità e il fuoco del suo carattere sotto una colata di autocontrollo: sa che, una volta fuori da Lowood, non potrà contare su nessuno, se non su se stessa e sulla sua intelligenza e che non può in nessun modo permettersi colpi di testa. Ha diciotto anni e l'aplomb di una signora di cinquanta. Ma, sotto questa superficie così solida, si agitano le fantasie e i sogni adatti alla sua età, che lei rivela solo quando dipinge e disegna. Quello è il suo unico sfogo.
In un mondo regolato da convenzioni sociali ben precise e nel quale esistono "discorsi da uomini" e "discorsi da donne", Jane non è una donna per tutti: è troppo intelligente e troppo indipendente. Ecco perché per lei ci vuole qualcuno che sia diverso dagli altri. E questo qualcuno si rivela essere Mr.Rochester, il proprietario di Thornfield Hall.
Una ben strana figura, questo Mr.Rochester: a Thornfield viene molto poco e, spesso, quando si parla con lui, non si capisce se scherzi o dica sul serio, la avvisa Mrs.Fairfax, la governante. Ma Jane non è curiosa: che ci sia o non ci sia il padrone, non è affar suo: lei deve badare a istruire Adéle, la bambina francese che è lo scopo della sua presenza lì.
L'arrivo di Mr.Rochester, però, cambia tutto: lui non è un giovanotto di primo pelo, ma un signore di una certa età - per l'epoca, comunque ha il doppio dei suoi anni - e le loro conversazioni vertono più su arte e filosofia che su chiacchiere spicciole. Lui sembra divertirsi per quel curioso mix di cortesia e brutale sincerità che è questa istitutrice e Jane, finalmente, trova una persona intellettualmente stimolante. Non sembrano importargli, oltre alle differenze di età e sesso, quelle di classe sociale.
Jane ne rimane sbalordita e affascinata e la sua devozione cresce. Per la prima volta, sente di appartenere a un luogo, quasi a una famiglia. Ma, presto, prova sulla sua pelle ciò che Mrs.Fairfax le aveva anticipato: a volte lui la cerca per conversare, a volte la ignora platealmente. E quando decide di invitare - per la prima volta da anni - una comitiva di ricchi e nobili amici a Thornfield, l'abisso sociale fra i due si spalanca. Anzi, è come se lui, deliberatamente, l'avesse fatto riaprire, dopo che, concedendo confidenza a una sua dipendente, l'aveva chiuso. 
Quello di Rochester è un gioco crudele, fatto a spese di Jane, una Jane che soffre perché ha capito perfettamente cosa, suo malgrado, le sia successo: si è innamorata di lui. A posteriori - sapendo tutto ciò che succede e perché - trovo che questo atteggiamento sia crudele per lui non meno che per lei. Non viene mai detto - il punto di vista è sempre di Jane, data la narrazione in prima persona - ma credo che, così facendo, lui tenti di allontanarla da sé perché si è accorto che è importante e perché ha un ostacolo assai più grave della differenza sociale che le impedisce di averla al suo fianco.
Jane ha una dirittura morale che Rochester non possiede: fra i due, è lui il più debole e, infatti, cede alla tentazione: le chiede di sposarlo. Lei, felice e stupita, accetta, senza sapere che lui non può assolutamente farlo. Quando l'inganno viene scoperto, nella maniera peggiore, Jane ancora una volta precipita e deve ricostruire se stessa. Ma è fatta di una tempra ben più forte di quella delle eroine di oggi: non esita un attimo, non si concede il tempo di pensare, perché, altrimenti, sa che rischierebbe di restare, e non è possibile. Jane fugge. Da Thornfield, l'unico posto in cui finora si è sentita a casa, e dall'uomo che ama.
Perché, come, cosa succede dopo e, soprattutto, come va a finire non ve lo dico. Probabilmente lo saprete già: il libro è un capolavoro della narrativa e, se non l'avete letto (ma dubito), avrete sicuramente visto o un film, o una serie: gli adattamenti cinematografici si sprecano. 
(Per parte mia, ho apprezzato moltissimo quello di Zeffirelli, con Charlotte Gainsbourg nella parte di Jane e William Hurt in quella di Mr.Rochester: trama e dialoghi sono fedelissimi al libro. E poi, l'autrice lo ribadisce più volte: né Jane, né Rochester sono belli. Non mettetemici una coppia di stra-fighi, per favore).
Diciamo che, se devo rivolgere una critica all'autrice, è questa: il modo in cui i Rivers - la famiglia che accoglie Jane in fuga - si rivela essere quello che è, ecco, sa un po' di deus ex machina. Le cose sarebbero andate lisce anche senza quel particolare, ma è una nota da vera pignola.
A parte questo (anzi, pure con questo), Jane Eyre è un assoluto capolavoro, nel quale, oltre alla storia d'amore, si trovano accenni da romanzo gotico e pure un inquietante mistero, per via della strana Grace Poole e delle risate selvagge che ogni tanto risuonano nel silenzio della notte a Thornfield Hall.
Insomma, da leggere (e ri-leggere, e ri-leggere, e ri-leggere...)

Dove trovarlo? 
In cartaceo, in libreria. Anche questo ha un'ampia diffusione. Si trova anche qui a Spezia e, se si trova qui, lo si può trovare ovunque!
In digitale e in italiano ce ne sono per tutti i prezzi, come potete vedere qui.  Io ho, oltre il cartaceo in una vecchia edizione della Biblioteca Economica Newton (quelli gialli e verdi che costavano la cifrona di ben duemila lire), l'edizione Rizzoli BUR a novantanove centesimi. Non è perfetta: ci sono un po' di refusi, tipo una parola attaccata alla seguente, ma va più che bene così.
In inglese vi linko questa pagina da Kobobooks.com, anche qui, ne trovate per tutte le tasche. Non avendolo (ancora) letto in lingua non vi so dire se sia difficile o meno. Trovo interessante, però, il volumone che raggruppa Agnes Grey, Jane Eyre e Wuthering Heights: tutte e tre le sorelle in un unico pacchetto.

Infine, una segnalazione "esterna": il bel libro Il caso Jane Eyre di Jasper Fforde. Di solito, diffido dai sequel o dalle ri-utilizzazioni più o meno autorizzate, ma in questo caso vale la pena.

Jane Eyre - Charlotte Brontë, 1847

6 commenti:

  1. Ho incontrato "Jane Eyre", la prima volta, nel libro "La bambinaia francese" (di Bianca Pitzorno). Solo che, come dire... all'epoca non lo sapevo. Scoprendolo anni dopo, ho iniziato a provare interesse per l'opera originale - che è sul comodino, in paziente attesa. Penso proprio che lo leggerò a breve, però, ultimamente mi chiama e lo vedo citare ovunque...

    Ah, in compenso ho già letto "Il caso Jane Eyre" e mi è piaciuto davvero tanto, quindi approvo la tua segnalazione :)

    Comunque, volevo solo dire che è un post molto appassionato e che mi avresti comunque convinta a leggerlo :)

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    1. In effetti, rileggendolo, mi sono accorta che è un post parecchio... fangherleggiante. Ma, che posso farci? Adoro questo libro, penso sia un capolavoro assoluto.
      Leggilo, non te ne pentirai! :D

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  2. Hai mai sentito o letto China Mièville che parla di Jane Eyre? l'adora. Anzi, ha una vera e propria filosofia al riguardo. Vale la pena ascoltarlo. L'ho riletto di recente proprio dopo aver sentito China che l'elogiava, e gli sono grata perchè è bello riscoprire i classici rileggendoli dopo anni.

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    1. No, mai! Devo! Puoi linkarmi qualcosa? (Un altro motivo - ottimo - per amare China!)

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  3. Pensa che l'ho riletto di recente e mi ha colpito davvero tanto. E' un libro stupendo, tremendamente gotico, e nulla a che vedere con nessuna delle romantiche trasposizioni cinematografiche che ne sono state tratte (anche se un paio sono pregevoli: io amo quella di Zeffirelli per il dialoghi e la tensione emotiva, e quello del 2012 per le atmosfere più cupe). E' proprio vero che bisogna leggerlo, per capirne la magia e la profondità.
    Da recuperare anche "Il grande mare dei Sargassi", che ne è la rilettura post coloniale (una sorta di ideale prequel) dal punto di vista di Bertha Mason (è un libro anni '50, non una cagata moderna, per fortuna!)

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    1. Il film del 2012 non l'ho visto (non ancora). Dici che vale la pena?

      è un libro anni '50, non una cagata moderna, per fortuna!
      Quanto a considerazione per i prodotti letterari moderni, ormai, fra tutte e due, in una scala da "zero" a "gratto il fondo del barile" siamo vicine a "scavo fino al centro della terra".

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