mercoledì 25 settembre 2013

Il modo "giusto" di usare un manuale di scrittura...

...non è relegarlo all'ingrato compito di sostutitivo della carta igienica.
Ho faticato parecchio a capire il modo giusto - che poi, giusto per me - di approcciarmi a questo tipo di strumenti.
Perché - non dimentichiamolo mai - di questo si tratta: strumenti.
Oggetti che sono nati per essere utilizzati, rispondendo a delle esigenze pratiche.
Voi non ne sentivate l'esigenza? Perfetto, potete anche smettere di leggere: quel che dirò non potrà in alcun modo interessarvi.
Ad essere sincera (anche un po' brutalmente) non ho grande stima di chi sputa sopra i manuali affermando che non ne ha bisogno. Non è una questione di manuale-sì-manuale-no-manuale-forse. È una questione di atteggiamento: è come se dicessero che non hanno bisogno di imparare. E se non pensi di aver bisogno di imparare, due sono le cose. O sei un genio, o sei un arrogante all'ultimo stadio. I genii sono rari. Gli arroganti... beh, quelli no.
Dall'altra parte, non ho grande stima nemmeno di quelli che se non hai letto millemila manuali allora non sei nessuno. Anche in questo caso a non andarmi giù è l'atteggiamento: giudicare gli altri dall'alto della propria (presunta?) preparazione è un'altra cosa che non sopporto. Più nello specifico, è l'atto del giudicare a non andarmi giù.
Pensare di avere già la conoscenza in tasca (per concessione divina o chissà che altro) è il modo più rapido per precludersi l'occasione di migliorare, ma anche pretendere di diventare buoni scrittori solo studiando, molto semplicemente, non funziona.
Conoscere le tecniche non è abbastanza. È una condizione necessaria, ma non sufficiente.
Detto questo, per molto tempo ho gravitato intorno all'estremo di chi studia con fin troppo impegno. Perché dico "fin troppo"? Perché nella mia ansia di imparare finivo per perdere di vista il semplice fatto che il manuale è, come ho detto, uno strumento.
Stamani ho tirato fuori L'arco di trasformazione del personaggio. Mi serviva vedere uno schemino.
Questo manuale lo odio e, nello stesso tempo, gli sono affezionata. Lo odio perché mi ha mandata in crisi di brutto e ci sono affezionata perché è anche quello che mi ha spinto a cambiare il modo di approcciarmi ai manuali stessi.
Sentite qui:

Per definire un tema, è utile che cominciate col definire il soggetto o l'argomento preminente della storia. Poi chiedetevi cosa avete da dire voi su questo argomento. Per esempio, se il soggetto tematico di una storia è la famiglia, dovete decidere cosa pensate voi della famiglia.

Vi ricorda niente? A me sì. Com'è che era? Ah sì, e chi se la dimentica?

Se segniamo la perfezione di una poesia sull’asse orizzontale di un grafico e la sua importanza su quello verticale, sarà sufficiente calcolare l’area totale della poesia per misurarne la grandezza.

A mio modesto - modestissimo - avviso un suggerimento come quello che vi ho riportato sopra è spazzatura. Anzi, è un rifiuto pericoloso.
Similmente, come si fa a mettersi lì e dire: "Ok, adesso voglio scrivere una storia sulla famiglia. Vediamo, cosa penso io della famiglia?"
Andiamo, è pura follia.
L'altro giorno stavo rileggendo It per l'ennesima volta e ho trovato una frase che si adatta perfettamente a quel che penso:

non potreste permettere a un racconto di essere soltanto un racconto?

L'inghippo de L'arco di trasformazione - così come di altri manuali - è che ti insegnano a smontare una storia (prendendo ad esempio la struttura di film famosi). Oh, è fantastico quando ti fanno notare come tutto si incastri perfettamente: tema, antagonista, ambientazione... è un orologio svizzero!
Toh, ma è facile. Ti metti lì a provare e... non ci riesci. Orpo! E com'è che non ci riesci? Sembra tutto così semplice!
Perché saper smontare una storia - saperne identificare le parti - non vuol dire saperne costruire una. Proprio per niente.

E sempre in It ecco qua un metodo giusto da applicare ai manuali di scrittura:

"Allora da dove dovrei cominciare?"
 "Cominciare cosa, diavolo?"
"Le ricerche storiche su questa zona. La comunità di Derry."
"Oh. Bene. Comincia con il Fricke e il Michaud. Si reputa che siano i migliori."
"E dopo che ho letto quelli?"
"Letti? No, diavolo! Buttali via! Questo è il primo passo. Poi leggi Buddinger. Branson Buddinger era un ricercatore maledettamente scalcagnato e afflitto da strafalcioneria cronica, se è vero solo metà di quel che ho sentito da ragazzo, ma quando si trattava di Derry, aveva il cuore al posto giusto. Ha cannato quasi tutti i fatti, ma li ha cannati con sentimento, Hanlon."
Io risi un poco e Carson distese le labbra incartapecorite in un sorriso, un'espressione di buonumore che era per la verità un po' inquietante. In quel momento sembrò un avvoltoio che monta soddisfatto la guardia a un animale appena ucciso, in attesa che raggiunga il grado giusto di succulenta decomposi zione prima di cominciare a desinare.
"Quando finisci con Buddinger, leggi Ives. Prendi nota di tutte le persone che intervistò. Sandy Ives è ancora all'Università del Maine. Professore di demologia. Dopo che hai letto il suo libro, vallo a trovare. Offrigli una cena. Io lo porterei all'Orinoka, perchè all'Orinoka le cene non finiscono mai. Strizzalo per bene. Riempi un taccuino di nomi e indirizzi. Parla ai vecchi intervistati da lui, quelli che ci sono ancora, perchè alcuni di noi sono ancora qui, ah-ah-ah! E fatti dare altri nomi anche da loro. Alla fine avrai tutta la base di cui hai bisogno, se solo hai in zucca metà del sale che credo io. Se avrai scovato abbastanza persone, avrai scoperto alcune cosucce che non ci sono nelle cronache scritte. Allora forse scoprirai che ti disturbano i sonni."

Per quanto riguarda l'approccio ai manuali di scrittura - il mio approccio - è molto simile a questo.
Prima leggo, poi si screma: mi tengo i fatti. Mi tengo gli strumenti.
Cos'è un arco di trasformazione del personaggio. Com'è fatto. Mi chiedo a cosa serve, perché ho smesso di dare per scontato che tutto ciò che è scritto nel manuale sia oro colato. Mi chiedo come posso usarlo a vantaggio della mia storia.
Il resto... dipende.
Butto via senza rimorsi i meravigliosi esempi che fanno sembrare tutto facile: di come si analizza una storia ne ho piene le tasche. Puah.
Per quanto riguarda i consigli riguardo a metodi di scrittura più o meno famosi-validi-miracolosi, diciamo che possono succedere due cose.
La prima: se a pelle mi sembrano stronzate, oppure se mi rendo conto che non riesco nemmeno a capire cosa sta tentando di spiegarmi l'autore, via, via, via lontanissimo da me. Che sia colpa delle mie facoltà intellettuali scarse o che siano stronzate sul serio, non cambia il risultato: non mi si adattano, quindi li casso. Vaya con Dios.
La seconda: se mi sembra che possano adattarsi al mio modo di essere e di ragionare, li adotto. Parecchi suggerimenti del mio adorato BootCamp rientrano in questa categoria.
In altre parole, non rifiutate a priori e non trangugiatevi tutto: leggete e selezionate usando la più importante delle vostre dotazioni di serie.
L'intelligenza.

3 commenti:

  1. Sante parole!
    Nell'ultimo che ho letto, quello del Forlani ( pubblicitá occulta? Vabbè xD) mi é interessatoil capitolo sulle varie strutture delle storie (In tre tempi, cammino dell'eroe e simili)...beh, e ora so dove trovarli e posso provare a strutturare una storia prima di scriverla, cosa che prima non facevo.
    Ho trovato uno strumento, appunto, che mi aiutasse a strutturare una storia, ma questo non significa che se alla fine del cammino dell'eroe voglio che il protagonista diventi malvagio, morto, morto vivente, destinato a ripetere il suo viaggio o chissá cosa non lo faccio perché sul manuale sta scritto che l'ultima tappa del viaggio è una sola possibile. Sarebbe assurdo!

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    1. Ho letto anche io il manuale di Alessandro e l'ho trovato ben fatto: avrei voluto che fosse più lungo perché è stato un piacere leggerlo! Fra le strutture delle storie che Alessandro cita conoscevo solo quella in tre atti e, ovviamente, il viaggio dell'eroe: è stato interessante scoprirne altre.

      Ho trovato uno strumento, appunto, che mi aiutasse a strutturare una storia, ma questo non significa che se alla fine del cammino dell'eroe voglio che il protagonista diventi malvagio, morto, morto vivente, destinato a ripetere il suo viaggio o chissá cosa non lo faccio perché sul manuale sta scritto che l'ultima tappa del viaggio è una sola possibile. Sarebbe assurdo!

      Per come la vedo io, in parecchi manuali l'approccio è al contrario: non è che devi scrivere la storia adattandola - che so - alle tappe del viaggio dell'eroe. Il discorso è che, analizzando una storia finita, ti accorgi che, molto spesso, rispetta queste tappe. E dico "molto spesso" perché non è neanche sempre vero. Nel mio caso questo tipo di approccio è inutile, perché l'analisi di una storia non mi aiuta a capire come costruirne una. C'è la stessa differenza che passa fra smontare un apparecchio e il saperne costruire uno!

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