Un po' di tempo fa, discorrevo con i compagni del Blocco C della blogosfera in merito ai miei problemi di scrittura.
Perché, let's face it, io ho problemi di scrittura. Ho due stesure complete da rivedere, una storia a metà, ma... non c'è verso di concludere qualcosa.
Ciascuno di loro mi ha dato consigli. Chi ha detto di prendere pausa, chi ha detto di provare a iniziare qualcosa di nuovo (e breve), chi ha suggerito, invece, di scrivere - come in una lettera a me stessa - il perché non riuscissi a scrivere. O, in alternativa, di descrivere il mio vecchio prof di petrografia. Un arnese ben strano, il mio vecchio prof.
Ma torniamo al punto.
Sono passati giorni e io ho ripreso a scrivere. Non con ritmi furiosi, ma sembrava che qualcosa si fosse finalmente sbloccato.
Mi illudevo.
Sapete, se c'è una cosa della quale sono sicura è la conoscenza che ho di me stessa: di solito, quando qualcosa non va, non solo so con precisione cosa sia. Ma anche perché.
Perciò, ecco qua. Il mio outing. Probabilmente, non sarà molto interessante, quindi potete pure risparmiarvelo.
Quanto a me, no. Vorrei, ma proprio non posso risparmiarmelo. Ho perso fin troppo tempo.
Ho sempre pensato alla scrittura come a un hobby. Per due - anzi, tre - motivi.
Il primo, è strettamente semantico: non è il mio lavoro, dato che non è scrivendo che mi pago le bollette.
Il secondo, è legato al mio carattere del cavolo: per me, lavoro è sinonimo di stress. Lo so, detto così suona male, ma, essendo una libera professionista sono soggetta a dinamiche che rendono tutto molto precario. E spiacevole. Il lavoro c'è, se vai a cercartelo e a volte se ti capita, implica un bel po' di responsabilità (ragion per cui ho una polizza assicurativa, perché non si scherza con certe cose) e ogni tanto delle rogne. Farsi pagare è sempre un terno al lotto e poi c'è tutta la sfera della contabilità che per me resta qualcosa di profondamente misterioso e terrorizzante (meno male che c'è il commercialista). Insomma, scadenze, contrattazioni, delusioni e frustrazione. Non esattamente piacevole, ve l'ho detto.
Il terzo l'ho ammesso a me stessa solo poco tempo fa, perché è un alibi. Se scrivi per hobby, lo fai quando ti va, hai una scusa per non impegnarti, se le cose riescono male in fondo va bene lo stesso, perché tanto... è un hobby. (Il che non significa che io non mi impegni. Ma... just in case).
Ammettere una cosa del genere non è facile, ve lo assicuro. Specie ammetterlo nella blogosfera.
Non sono mai stata una persona coraggiosa e non sono mai stata sicura di me stessa. Ancora oggi, far leggere a qualcuno qualcosa di mio è fonte di profondo imbarazzo. Un po' perché non mi va di sentirmi giudicare. Un po' perché sono una perfettina inside (e anche questa è una bella rottura di scatole).
Ho mandato in giro il manoscritto di Ultimo Orizzonte solo grazie alla mia amica Babi, che ha continuato a insistere. E quando è stato accettato da WePub mi sono chiesta, sul serio, se mi andava di buttarmi.
Non perché sperassi in qualcosa di meglio, no. Ma perché non pensavo di avere il carattere giusto per espormi in quel modo.
Sono felicissima di averlo fatto, va da sé. E sono felicissima di come è venuto fuori il romanzo, perché è il meglio che potessi fare. Ho dato il 110% e, se manca in qualcosa, beh, è un problema di limite mio, non di impegno. Non ho nulla da rimproverarmi, in questo senso.
Perché dico questo? Perché adesso Ultimo Orizzonte è diventato il mio limite. Perché non sono convinta di riuscire a fare meglio di così. Perché il peso delle mie stesse aspettative mi sta opprimendo e, ormai, ne sono schiacciata.
Qualsiasi cosa io scriva, mi sembra sempre "non abbastanza".
Non abbastanza originale.
Non abbastanza divertente.
Non abbastanza ben scritto.
Ho sempre scritto senza pensare che qualcuno potesse leggere. Ma adesso non riesco più a farlo perché so che qualcuno leggerà, non fosse altro che per rifiutarmi il manoscritto. Scrivo e poi mi dico "ma il lettore deve sapere anche questo e quello" e allora aggiungo spiegazioni. Poi mi dico "no, è troppo" e tolgo. Mi domando cosa penserà chi leggerà, specie perché a questo qualcuno è piaciuto Ultimo Orizzonte e le cose nuove fanno schifo a me, immagino agli altri... a quel punto, sono nel panico e non c'è verso di uscirne.
E quando vedo i miei colleghi del blocco C che scrivono e si divertono, io li ammiro, ammiro la loro creatività e, in senso buono, li invidio. Perché si divertono.
Vorrei liberarmi di queste aspettative, buttare giù il muro che mi sono costruita intorno e tornare, semplicemente, a raccontare storie, senza giudicarmi. Prima scrivere mi faceva sentire libera. Adesso mi sento in gabbia e cambia poco che mi ci sia ficcata dentro da sola e abbia la chiave in tasca, se non riesco a tirarla fuori.
Lo so benissimo che nessuno può darmi la soluzione.
Com'è? Medico, cura te stesso?
Posso solo sperare che questo sia il primo passo verso la guarigione.
Perdonami perché sono una gran ficcanaso, ma non posso lasciare una collega scrittrice in difficoltà! Il mio consiglio (non richiesto) è di vedere Ultimo Orizzonte non come un punto d'arrivo ma come un punto d'inizio. Un cambiamento di prospettiva. E poi potresti tornare a scrivere su THe iNCIPIT. Non come l'autrice di Ultimo Orizzonte ma semplicemente come Valentina, a cui piace scrivere. A me THe iNCIPIT ha aiutato tantissimo in un momento di blocco dello scrittore. ;)
RispondiEliminaAnche io sono piuttosto sicura quando si parla di conoscenza di sé stessi, quindi ti credo quando dici che hai perfetta coscienza di questo tuo attuale problema con la scrittura. Io non sono una scrittrice, né scrivo per hobby, quindi il mio è un commento da lettrice.
RispondiEliminaSe quello che ti blocca è la consapevolezza che stai scrivendo qualcosa che sarà letto, il modo più diretto per uscirne è, semplicemente, scrivere qualcosa solo per te. Scrivi un racconto, una novella, un romanzo - quel che vuoi insomma - che non è destinato a uscire dal tuo pc. Le aspettative, se sei una perfezionista, rimarranno... ma si può dire che saranno ridimensionate.
Probabilmente la mia è una risposta da "Capitan Ovvio", ma se il giudizio degli altri è davvero il tuo ostacolo più grande per concludere un progetto, l'unica è scrivere per sé stessi :) E poi chissà, magari il progetto cominciato e finito per te diventerà qualcosa in cui crederai abbastanza da farlo leggere a un amico, e poi a una casa editrice... non come obiettivo, altrimenti siamo punto e a capo; solo come eventuale sviluppo finale.
In ogni caso, in bocca al lupo!