martedì 26 febbraio 2013

Un paese di sognatori.

Premessa: la politica non mi piace. Non mi piace questa politica. Perché? Perché ho sempre pensato - scusate se sembro snob - che, primo, la politica e i politici dovessero essere al servizio del cittadino e non di se stessa/i. Secondo, che per fare politica - quella vera, quella seria - fosse necessaria credibilità.

Da una ventina d'anni a questa parte abbiamo assistito al trionfo dell'improvvisazione. Non solo siamo arrivati ad avere al governo persone prive della benché minima idea di quali fossero i meccanismi costitutivi e funzionali dello stato italiano - persone che, probabilmente, non hanno mai ascoltato nemmeno una lezione di Educazione Civica alle medie - ma, soprattutto, gente che si improvvisava. Abbiamo visto di tutto: sui banchi del nostro parlamento - e in posizione chiave nei governi - odontoiatri, maestri di sci, igieniste dentali, segretarie, ex-miss, diplomati alla Scuola RadioElettra, finti laureati con il pezzo di carta straccia comprato all'estero, cantanti neomelodici... insomma, un carrozzone senza capo né coda.
Non starò qui a discutere di chi sia la colpa se l'Italia è ridotta in questo modo.
Sapete perché? Perché questa gente è stata votata. Che piaccia o meno, qualcuno lassù ce li ha mandati.
L'Italia - e l'italiano medio con essa - è fatta così. Siamo un paese di sognatori. Forse i nostri duemila anni di cristianesimo ci hanno impiantato la fede nel DNA, perché altrimenti non si spiega come mai, invece di domandare delle soluzioni, noi crediamo a promesse di futuri miracoli.
E no, non mi riferisco solo al celeberrimo miracolo italiano.
Piuttosto che accettare il trauma di una situazione fallimentare - e destinata a peggiorare - speriamo che arrivi qualcuno, un messia politico, che con un paio di colpi di genio rimetta tutto a posto. Possibilmente, senza infilare le mani nelle nostre tasche.
Ora, facciamo a capirci bene.
Mi rompe sovranamente le palle sentire quanto prende un parlamentare misconosciuto al mese, per sedere in parlamento a dormire o a giocare a solitario con l'iPad che si è comprato non con i suoi soldi - vale a dire con lo stipendio di cui sopra, che noi gli paghiamo - ma, probabilmente, che gli viene passato aggratis  come "dotazione standard" o chissà che. Specie quando vedo, alla chiusura del mercato ortofrutticolo sotto l'ufficio, gli anziani che si vanno a recuperare le verdure destinate alla spazzatura.
Mi rompe sovranamente le palle che le manovre "di lacrime e sangue" le abbiano pagate pensionati e dipendenti, vale a dire quelli che pagano sempre.
E mi rompe sovranamente le palle il pensiero che, adesso, le cose diventeranno anche peggio. Mi metteranno le mani nelle tasche, come e più di prima, non è che i futuri sacrifici (e non ci scrivo nemmeno "eventuali" perché sono certi, altro che palle) mi facciano proprio scoppiare dalla gioia.
Ma mi rendo conto che, se non vogliamo finire come in Grecia, e ci finiremo, maledizione, qualcosa si dovrà fare. E, ovviamente, nessuno farà nulla.
Quello di cui non mi capacito, ma sul serio, è la creduloneria della gente. Perché io, che sono intelligente ma non più di molti altri, quando è stato detto "vi tolgo l'IMU e, anzi, ve la rimborso" mi sono domandata: "Come?"
Voglio dire, a prescindere da vent'anni di promesse mai - e dico mai - mantenute (e sempre, chissà come mai, per colpa d'altri), il che minerebbe la fiducia di chiunque... o anche no, evidentemente, il punto è: dimmi come. Vuoi togliere l'IMU? Vuoi ridarmi quello che ho pagato? Perfetto. Ma dimmi con quali soldi. Ci hanno detto che l'IMU serviva a rimettere appena in carreggiata lo stato, quindi, come facciamo, messi a porco come siamo, a permetterci non solo di rinunciare a questo introito, ma a restituire "il maltolto"?
O, se guardiamo dall'altra parte, "Ci vuole un reddito di cittadinanza".
In via teorica sono d'accordissimo. La domanda, però, è sempre la stessa: "Come? Con quali soldi?"
Invece, sembra che tanta gente queste domande non se le ponga proprio. Bastano le promesse di un futuro migliore, basta aggrapparsi a uno scampolo di speranza. Anche a me la speranza manca molto, non crediate. Ma preferisco guardare in faccia la realtà e non mettermi a ignorare domande che saranno anche scomode, ma sono parecchio pertinenti.
Le elezioni di ieri hanno rappresentato l'ennesima figura di cacca internazionale, e stavolta non è colpa dei politici. Stavolta è colpa del popolo, perché la fotografia che emerge è quella di una popolazione che, innanzitutto, se ne sbatte di esercitare il più sacro dei propri diritti, perché l'astensionismo l'ha fatta da padrone. E poi di un popolo che, anziché porsi domande e pretendere - perché bisogna pretenderle! - risposte, si accontenta di mirabolanti promesse, si fa abbagliare dal populismo che le viene propinato durante show in piazza o in tv e, fondamentalmente, si raggruppa in tifoserie. Non è una partita di calcio, signori.
I mercati, manco dirlo, reagiscono di conseguenza e non si può davvero dar torto: se devono investire, vanno a farlo sul sicuro, mica in un posto dove non c'è una situazione stabile.
Infine, i dati elettorali possono essere letti in un'infinità di maniere e una preparazione in sociologia aiuterebbe di molto. A sentire i diretti interessati, hanno vinto tutti. Quello perché "ha recuperato", quell'altro perché "ha tenuto", quell'altro ancora perché "in fondo abbiamo fatto tutto in cinquanta giorni partendo da zero".
Ecco, io 'ste cose non le sto proprio a sentire. Non ce n'è stato uno - ma uno! - che dicesse "abbiamo sbagliato tutto".
Per me c'è un unico dato che è incontrovertibile.
Le persone - e lì in mezzo mi ci metto anche io - non ne possono più di vedere sempre le stesse facce da trent'anni e fosse gente che ha governato bene!
Vecchi, inquisiti, straricchi, che non hanno la minima idea di cosa sia il paese vero, quello dei cittadini. Avranno pure fatto carriera partendo dal basso, ma hanno perso il contatto con la società da decenni. 
Sono dinosauri che, per un'anomalia endemica del nostro paese, non si sono estinti. 
Perché se uno ruba - ed evadere il fisco è rubare, perché le tasse che non paghi tu, stramaledizione, le pago io al posto tuo, ti venissero emorroidi a grappolo inoperabili (cit.) e mi fa incazzare che un ex-premier incoraggi a fare del nero - non posso pensare che, nelle sedi istituzionali, agisca nell'interesse comune. 
Questa è gente che, prima di tutto, fa gli interessi propri e fanculo il resto.
La cosa davvero avvilente è che lo fa perché nell'italica mentalità vige il "così fan tutti". Per citare credo Travaglio, in Italia un ladro più un ladro fa zero ladri. Giusto stamattina origliavo una conversazione politica sul bus. Una signora parlava di Di Pietro dicendo che, per quanto antipatico, proponeva cose giuste. La persona con cui stava parlando gli ha risposto che pure lui ha le sue ombre ed è stato indagato. Replica della signora: "Eh, se stiamo a guardare quello allora non votiamo più nessuno!". Traete le vostre conclusioni.
Perché è così che ci ritroviamo nella grottesca situazione di far scrivere una riforma fiscale a un branco di evasori.
Perciò, quello che è chiaro oltre ogni ragionevole dubbio è il messaggio: fuori dalle palle.
È sacrosanto. Solo che si ritorna al problema iniziale: l'improvvisazione.
Governare l'Italia intera non è come essere eletto sindaco di una città X - e non è facile nemmeno quello.
Per due terzi siamo in mano alla solita vecchia cricca e per un terzo, invece, al nuovo che avanza e sul quale aleggia il sospetto del "non hanno la più pallida idea di cosa fare e come farlo". Non dubito che siano in buona fede. 
Ma ho, ve lo dico, un orrendo presentimento.

2 commenti:

  1. Comdivido tutto. Sia la tristezza che la delusione, specialmente perchè pare proprio che noi italiani non facciamo altro che reiterare i soliti errori.
    Oggi ho scritto un post similare, purtroppo comincio ad essere stanco di dover assistere allo stesso medesimo identico film da venti anni.

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    1. Sono stanca anche io. La differenza è che vent'anni fa non pensavo in termini di quale futuro potremo garantire ai nostri figli, adesso sì. E, di conseguenza, la vedo ancora più nera.

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