lunedì 7 gennaio 2013

Cloud Atlas - il libro

Lo sapete cosa sto leggendo? Cloud Atlas e no, non guarderò il film fino a che non l'avrò finito. (E, per favore, non mi spoilerate niente.)
Allora, che posso dirvi?
Iniziamo con le cose spicciole (e un po' banali): l'inglese è difficile. Almeno per quel che riguarda le prime storie. In questo senso, la quinta (An Orison of Sonmi) è molto più accessibile agli autodidatti come me. Ci sono molti termini sconosciuti al vocabolario - almeno, a quello del mio reader - e che necessitano di un po' di pazienza e ricerche.
Se volete prenderlo in lingua originale, sappiatelo. Ovviamente, vale la pena fare un po' di fatica e leggerlo.
La struttura di Cloud Atlas, non è uno spoiler né una novità, è molto peculiare (poi ti viene da pensare che, a proporre un manoscritto del genere alle c.e nostrane ti ridono in faccia, ma vabbé, facciamoci passare alla svelta il momento dell'acido, anche perché l'hanno pure tradotto quindi va già di culo che arrivi). Ciascun capitolo è una storia a sé, che si interrompe bruscamente senza una ragione e che, tuttavia, conserva un filo che la lega al capitolo successivo. [E comunque, ancora non ho capito il motivo del titolo: aspetto con ansia il momento della rivelazione, visto che qualcosa - non vi dico cosa - che si chiama Cloud Atlas in una delle storie c'è.]
A volte, è semplicemente il fatto che il manoscritto precedente capita in mano al protagonista di quello successivo - che resta perplesso quanto noi alla brusca interruzione della storia - a volte un personaggio secondario di una storia rientra come comprimario e, in una certa misura, "motore immobile" (mai aggettivo fu più azzeccato) di quella dopo. Altre volte ancora è una caratteristica fisica, un peculiare marchio di nascita, a ritornare fuori, instillando in chi legge il dubbio che, in fondo in fondo, non si tratti altro se non di reincarnazioni successive.
Cloud Atlas è anche una sorta di catalogo letterario. C'è il diario di viaggio ottocentesco e poi il romanzo epistolare, il giallo, l'intervista - che nasconde, in realtà la fantascienza, un po' come in World War Z
I toni, la terminologia, lo stile nel suo complesso, variano a seconda della forma letteraria e dell'epoca in cui ci si trova e il lettore, in pratica, viaggia nel tempo dal passato al futuro (e, a quanto ho capito, ritorno), con l'impressione di essere alla caccia di un mistero elusivo, che quasiquasi sei lì e lo riesci ad acchiappare e ma poi, oh cavolo, ti sfugge all'ultimissimo secondo e devi ammettere, un po' scornato che no, non ci avevi capito proprio un tubo. (In questo senso, ma solo in questo, fa un po' Lost prime due stagioni: alla fine della prima credevi di avere capito e poi arrivava la seconda e no, ti ribaltava completamente ogni certezza).
Non starò a farvi una disamina tecnica, è noioso e poi non serve a un tubo: quel che vi dico è che, se vi approcciate a questo  libro, dovete farlo ben disposti a impegnarvi. Cloud Atlas chiede molto al lettore e non mi riferisco ai "problemi di traduzione" (che io ho e magari voi no). Va letto con attenzione (e occhio ai dettagli, perché prima o poi rispuntano fuori). Non è roba da ombrellone - o da tazza del cesso, tanto per essere chiari. Non è divertente, non nel senso in cui sono divertenti i blockbusteroni fantasy che mi piacciono tanto. 
È impegnativo come e quanto un libro di narrativa seria (che poi la narrativa di genere per me sia narrativa seria - a volte, anche più seria della cosiddetta seria - è un altro discorso, ma cerchiamo di capirci).
In definitiva: consigliato sì, ma a certe condizioni. 
Se non avete voglia di far lavorare i neuroni, fatevi un favore: lasciate perdere. Ma se i vostri neuroni scalpitano e vi ci vuole una boccata d'aria fresca per salvarvi dalla putredine del panorama libresco nel belpaese... accomodatevi: avete appena trovato quello che fa per voi.

2 commenti:

  1. Questo libro è BELLO!
    Io l'ho letto in italico. Non conosco la versione anglofona -e con i pochi sonni che girano da me sarebbe anche improponibile- credo e spero -comunque- sia stato fatto un buon lavoro.

    RispondiElimina