venerdì 22 febbraio 2013

All of time and space...

Quando a scuola hanno cominciato a farci fare i temi - terza elementare, tipo - il primo impatto è stato disastroso. E per me, con la sindrome da prima della classe che mi ritrovavo (e che mi ritrovo), è stato un trauma. Non riuscivo a prendere la sufficienza e stava diventando davvero un problema - nonché un incubo, quando sapevo che avremmo fatto tema in classe.
Non capivo che c'era bisogno di seguire una traccia, di strutturare il discorso in maniera logica: i miei temi erano un'accozzaglia di frasi che saltavano di palo in frasca. Non c'erano quasi errori di ortografia o sintassi, in quello me la sono sempre cavata decorosamente, ma per il resto... una Caporetto.
Non mi ricordo quando - o chi - mi abbia tratto finalmente dalle tenebre, spiegandomi che un tema doveva avere un suo percorso logico, andare da qualche parte, a volte dimostrare qualcosa.
Però una cosa me la ricordo. 
Il primo tema dopo che questo misterioso qualcuno ha provveduto a spiegare. Perché quel tema - e ho conservato il quaderno per anni - parlava di un viaggio nel tempo. Non so quale fosse il titolo preciso, so solo che iniziava con me che precipitavo con la mia navetta e mi ritrovavo in bilico sulla punta della piramide di Cheope. Non l'imponente rudere, no. Quella nuova. Appena costruita, con ancora il piramidion. Infatti scivolavo giù stile bob in una discesa mozzafiato.
Seguivano le mie avventure nella società egizia, in mezzo a gente che faceva la birra, commerciava in animali, fra gli scribi che riempivano di geroglifici i fogli di papiro. Perché, oltretutto, un vetro della navetta si era incrinato, perciò non potevo tornare indietro prima di averlo riparato. E c'era un tempo limite, oltre il quale mi sarebbe toccato rimanere lì, per sempre.
Non mi ricordo come andava a finire, cioè, ricordo che riuscivo a ripartire all'ultimo secondo, ma come e perché no e il quaderno, purtroppo, è andato perduto.
Non so se sia accaduto davvero o se sia una mia impressione, ma mi sembra che le maestre rimasero alquanto impressionate dalla cosa. No, non impressionate stile "questa bambina è un genio della penna in erba", più una cosa del tipo "ma da dove se l'è presa, questa roba?". 
Però, in fondo, nella bella calligrafia della maestra preferita c'era un bel "Brava!" (con il punto esclamativo. Non è per vantarmi, il punto esclamativo era essenziale. Le mie maestre non ti davano i voti, ma i giudizi. C'erano: "Malissimo", in pratica un baratro, e l'orrido "Male", ma questi non rientrano nella mia esperienza, anche perché i miei genitori erano piuttosto severi, quindi vedevo di rigare molto dritto. E poi "Benino", che mi faceva venire i brividi al solo vederlo, perché sapevo che mi sarebbe costato una lavata di testa a casa, "Bene", senza infamia e senza lode, che migliorava appena un po' se seguito dal punto esclamativo, "Brava", "Brava!", l'ambito "Bravissima" e poi l'apice: il "Bravissima" con il punto esclamativo, raro e prezioso).
Un viaggio nel tempo.
Il primo tema sufficiente della mia vita. 
Non me lo dimenticherò mai.
Perciò, credo che se un domani incontrerò il Dottore, quando lui mi domanderà: "So... all of time and space, everything that ever happened or ever will - where do you want to start?" non avrò dubbi. Risponderò: "Egitto. Diciottesima dinastia."

3 commenti:

  1. Ma che bello questo tuo aneddoto!
    A me invece piaceva un sacco scrivere il tema.
    Era il mio compito in classe preferito (invece odiavo la matematica fin da bambina).

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    1. Anche a me. Dopo. Prima, quando ogni tema era un giudizio negativo, molto meno.

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  2. Io avevo nascosto delle "interprais" dietro la luna.
    Non mi veniva il termine astronave.

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