sabato 20 ottobre 2012

Tutto qui?!

A volte prendo delle cantonate micidiali, porcaccia miseria.
Qualche giorno fa, mentre disegnavo annoiandomi a morte, ho messo in un angolo del mio monitor Sherlock. Disegnare (disegno tecnico, non artistico) è parecchio palloso, sapete? 
Così, sentire (più che vedere, perché ho gli occhi impegnati con rette, punti e retini) mi aiuta a lavorare meglio. Almeno non mi scoccio in trenta secondi per poi mettermi a cazzeggiare su Facebook. Ma sto divagando - che novità! - torniamo al punto.
Sherlock. Precisamente, A Scandal in Belgravia. Adoro quell'episodio. Adoro l'attrice che interpreta Irene Adler! Penso che sia bravissima. E che lo script sia grandioso.
E poi, finalmente, si vede uno Sherlock di fronte a un avversario in grado di spiazzarlo.
Sì, lo so che anche Moriarty c'era riuscito, ma il fatto è che... Sherlock è "sottilmente" misogino. Tratta le donne, quelle poche che gli girano intorno, con una certa condiscendenza: basta pensare a quella poveraccia di Molly (o a Mrs.Hudson), ma stavolta trova pane per i suoi denti. Al di là del sottile gioco di attrazione che Irene mette in scena - e del modo altrettanto ambiguo con il quale lui le risponde - è proprio che sembra una specie di "la vendetta delle donne". Insomma, tifo per lei per via del genere.
Così, sono andata alla radice: ho preso il mio volumone con tutte le avventure di Sherlock Holmes per leggere Uno scandalo in Boemia.
Sapevo che è l'unica apparizione di Irene Adler, che lei suscita in Holmes un'impressione talmente profonda che lui prenderà a chiamarla la Donna - con la D maiuscola, (lo specifica Watson, non io). E che Holmes chiederà, come unico compenso per i suoi servigi, la fotografia che Irene, beffarda, lascia dietro di sé.
Mi domandavo, affascinata e curiosa, come fosse il racconto, che tipo di personaggio fosse Irene. Una dark lady come nella serie tv? Non proprio a quel livello, ovvio, considerando in quale periodo storico è stato scritto, ma, siccome la si definisce - senza mezzi termini - avventuriera,  mi aspettavo qualcuno di non convenzionale. In che modo Conan Doyle aveva reso l'interazione fra lei e Holmes? Chissà che dialoghi brillanti, mi dicevo. Insomma, aspettative alle stelle.
Ci sono rimasta male.
Tanto per cominciare, lei compare in scena pochissimo, giusto quando Holmes si finge ferito in una rissa da strada per entrarle in casa. Watson, i nostri occhi all'interno della storia, è fuori, intento a dare man forte al detective con una bomba fumogena (no, non ve lo spiego: andate a leggerlo!), quindi non interagisce direttamente con lei. Quasi non la vede. Tutto quello che abbiamo è un racconto di Holmes, che riassume all'amico dottore le sue avventure durante la ricognizione prima di organizzare il geniale piano per scoprire dove lei tenga la fotografia, il nocciolo della questione.
Al centro del racconto, infatti, non c'è nemmeno un mistero, ma solo la richiesta, da parte del re di Boemia, di recuperare una fotografia che lo ritrae con Irene, la sua ex-amante. La quale, viene lasciato intendere, è stata scaricata in quanto di rango non abbastanza elevato e minaccia di rendere pubblica l'immagine all'indomani del fidanzamento ufficiale di Sua Maestà.
Hell hath no fury...
(Comunque, Irene ha ragione da vendere, per me. Il re è un vero egoista, il più negativo fra i personaggi del racconto. Perfino Holmes, alla fine, lo tratta come una pezza. Solo che quell'idiota non lo capisce.)
In questo racconto, Holmes non usa quasi mai la scienza della deduzione (a parte all'inizio, per stupire Watson, prima, e il re venuto a ingaggiarlo con una maschera sulla faccia... che idea imbecille!).
Per compiere la missione, l'investigatore si traveste e si infiltra in casa di Irene, solo che lei non è scema: si accorge di tutto e scappa con la fotografia e il neo-marito (s'è sposata un avvocato), lasciando dietro di sé, nella casa vuota, una lettera per Holmes, nella quale gli spiega come ha fatto a sgamarlo e una fotografia da dare al re... in cui lei è ritratta da sola. (Si toglie anche lo sfizio di mandargli a dire che s'è innamorata - ricambiata - di un uomo di gran lunga migliore, tié, prendi e porta a casa.)
Quello che mi ha delusa non è tanto che fra Irene e Holmes non ci sia alcun tipo di tensione - e praticamente nessun dialogo - ma che lei non è poi così straordinaria. 
Voglio dire, quel gentleman del re l'ha fatta aggredire per strada non so quante volte, le ha mandato i ladri in casa... il minimo che ci si  può aspettare è che una stia sul chi vive.
E poi, parliamoci chiaro, quante probabilità ci sono che, nel giro di mezz'ora: 1. ti scoppia una rissa praticamente sullo zerbino, 2. sei costretta a metterti in casa un tizio che non hai mai visto né conosciuto e che è rimasto ferito nella suddetta rissa e 3. ti scoppia un presunto incendio nel salotto?
Se non ti accorgi che la faccenda puzza sei completamente rimbambita (oppure sei la protagonista di qualche paranormal romance). 
Forse è una mia mancanza. Forse non contestualizzo. Forse per la concezione dell'epoca le donne non erano dotate del ben dell'intelletto - o, quantomeno, di uno degno di nota. Perché altrimenti non capisco per quale ragione Irene abbia impressionato così tanto una macchina da ragionamento come Sherlock Holmes.

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