martedì 12 marzo 2013

La sfida della mummia

Che io sia un'appassionata di Antico Egitto non è un mistero. 
Sono un'appassionata della prima ora pure di archeologia, perché, da piccola, volevo fare l'archeologa e ho rinunciato per cause di forza maggiore - leggasi: soldi - solo ai tempi dell'università.
Il librio di cui vi parlo oggi, La sfida della mummia, coniuga questi due aspetti. Ma prima di andare avanti è meglio essere molto chiari.
Non è un capolavoro della narrativa: è un modesto giallo con influenze romance (in realtà molto poche) travestito da diario scritto, sul finire dell'Ottocento, dal personaggio principale, una zitella inglese dall'impossibile carattere che va sotto il nome di Amelia Peabody.
Altolà che vi ho visti! Questa zitella inglese non è la solita bella che pensa di essere bruttina. 
Amelia è bruttina. E insignificante (beh, a livello di aspetto fisico, e occhio perché questo è importante). Infatti non ha ricevuto alcuna proposta di matrimonio finché il padre, morendo, non le lascia una cospicua eredità della quale lei per prima era all'oscuro.
La differenza fra Amelia e le sciacquette, che popolano purtroppo gran parte dei libri editi, è che lei ha cervello. 
Ha studiato insieme al padre e cosa fa, una volta che i soldi le sono piovuti addosso? Dribbla i pretendenti, avendo l'occhio abbastanza lungo per vedere oltre le profferte di eterno amore, e pure i parenti, che improvvisamente le diventano molto affezionati, e parte per un bel viaggio, decisa a visitare tutti i paesi dei quali ha studiato la storia. Si porta dietro, con riluttanza e giusto perché uno chaperon ci vuole, Miss Pritchett, una signora inglese che però ha il cattivo gusto (parole di Amelia) di prendersi la febbre tifoide in Italia, giusto a pochi giorni dalla partenza per l'Egitto. Amelia non fa né uno né due: le paga qualche mese anticipato e la rispedisce in Inghilterra, decisa a partire comunque.
E a questo punto, visitando le rovine del Foro romano, soccorre una giovane inglese in difficoltà, Evelyn, la quale si rivela essere (lo so, lo so, è cliché da morire) una ragazza di nobili natali, diseredata dal ricco nonno per essere scappata con l'insegnante di disegno.
Amelia, al racconto delle disgrazie di Evelyn (l'insegnante di disegno, visto bene che da lei non si potevano cavare soldi, l'ha mollata da sola a morire di fame), non è tanto scandalizzata. Anzi, non lo è per niente: è più curiosa di sapere cosa si provi a fare sesso, visto che presuppone a lei non capiterà per esperienza diretta. Comunque, per farla breve, ingaggia Evelyn come dama di compagnia e le due partono per l'Egitto.
La parte egiziana è quella che preferisco, perché le descrizioni della città del Cairo, dei suoi mercati, della folla vociante sono davvero suggestive. Così come quelle dei primi scavi archeologici: le tecniche di oggi, sia a livello di approccio al sito che di catalogazione e conservazione dei reperti erano di là da venire. Tutto il fascino di un paese esotico, in parte ancora da scoprire.
Va da sé che ora le cose si complicano: da una parte, Evelyn, grazie al fatto che Amelia ha contattato il console inglese trasmettendo le generalità sue e della sua compagna, viene raggiunta dal cugino Lucas, che è andato a cercarla ben deciso a sposarla (e lei non ne vuol sapere) e dall'altra, le due fanno conoscenza con una coppia di archeologi spiantati, i fratelli Radcliffe e Walter Emerson. E mentre Walter, il più giovane, è compito, gentile e belloccio, Radcliffe, il maggiore, è una specie di energumeno barbuto di rara inciviltà e grezzitudine, che entra in scena con una specie di ruggito, apostrofando poi Amelia e dandole della solita inglese arrogante e impicciona che dovrebbe tenere le mani a posto (vabbé, ma lei ha preso in mano una statuetta vecchia di un paio di millenni al Museo del Cairo, a Bulaq).
Amelia, dal canto suo, non è una che sta zitta e risponde per le rime: prepotente, chiassoso e volgare sono solo tre degli epiteti che gli rivolge. Sì, sono una coppia perfetta.
Dopodiché succedono un mucchio di cose, prima fra tutte l'apparizione di una mummia che sembra perseguitare proprio Evelyn. Va da sé che Amelia, a 'sta storia della mummia, non ci crede nemmeno per un minuto e decide di improvvisarsi detective - coinvolgendo in questo i due Emerson e l'inutile Lucas - per scoprire cosa sta succedendo davvero.
Il tutto durante la campagna di scavi degli Emerson, che hanno ottenuto una concessione a Tell El Amarna (sì, stanno scavando le rovine di Akhetaton, la capitale del mio faraone prediletto, Akhenaton).
Ci riuscirà, eh. Quando si mette in testa qualcosa non c'è verso di dissuaderla: non solo scoprirà la verità, ma anche altre cose. 
Che l'archeologia è la sua vocazione.
Che con i suoi soldi può fare qualcosa di meglio che viaggiare.
Che anche gli archeologi prepotenti, chiassosi e volgari non sono poi tanto male.
E che Evelyn aveva ragione: con la persona giusta e nelle giuste circostanze... è una cosa splendida!

Come ho detto, non è una pietra miliare della letteratura. Non è particolarmente originale, né si può dire che la Peters sia una giallista vera e propria, però è una lettura piacevole e divertente e un paio d'ore di relax non si negano a nessuno.
Amelia è un buon personaggio principale e la voce narrante è ben caratterizzata: è ironica, auto-ironica e sufficientemente anticonformista da essere divertente. Come ho detto, è pure una tremenda spaccaballe, di quelle che vogliono fare di testa loro, avere sempre l'ultima parola e pensano di sapere sempre cosa fare meglio di tutti quanti. Il suo rapporto con Radcliffe (lui detesta il suo nome proprio e vuol essere chiamato Emerson, però), che mal sopporta le donne in generale e lei in particolare, è fatto di punzecchiature, battibecchi e velati (ma nemmeno troppo) insulti. Emerson la chiama per cognome, rifiutandosi perfino di riconoscerne l'appartenenza al genere femminile (ad Amelia di essere considerata donna non può fregare di meno, comunque).
Insomma, giudizio personale, la coppia Peabody-Emerson è riuscita, tanto da essere protagonista di diciotto libri, che li seguono nelle loro avventure archeologiche e nella loro vita familiare. (Comunque, se volete saperlo, il mio personaggio preferito in questo libro non è ancora nemmeno nato: il figliolo dei due Walter Peabody Emerson detto Ramses, marmocchio con la passione per la nitroglicerina, gli scavi archeologici e la mummificazione).
Li ho letti tutti, sì. In lingua originale, perché la Nord ha smesso di pubblicarli. E mi piacciono!

2 commenti:

  1. Avevo sentito parlare di questa autrice, ma non sapevo di cosa parlassero i suoi libri. Sembra una di quelle letture adatte ai periodi stressanti - mi sa che per la prossima sessione d'esami ne avrò bisogno xD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sembra una di quelle letture adatte ai periodi stressanti
      Ai periodi stressanti, oppure da portarsi sotto l'ombrellone. Sicuramente non capolavori, ma divertenti. E a volte quello è tutto ciò di cui si ha bisogno!

      Elimina