sabato 23 marzo 2013

Perché odio i manuali di scrittura (ma li uso lo stesso).

Se mi chiedessero qual è il complimento che mi fa più felice risponderei: "Sei intelligente".
Amo sentirmi intelligente, sapete. Amo accorgermi di essere riuscita a centrare il nocciolo della questione mentre per gli altri è ancora dietro la linea dell'orizzonte. Non è bello, lo so, prendetemi così. In fondo, nessuno è perfetto e preferisco di gran lunga che mi vediate per ciò che sono.
Per contro, va da sé, detesto sentirmi stupida e i manuali di scrittura mi fanno sentire stupida.
Nel momento in cui mi trovo a confrontarmi con uno di essi, anche con l'ottimo Novelist's Boot Camp, che tutto è tranne una di quelle robe in cui lo scrittore, o lo studioso di miti, o l'editor  di turno sale in cattedra e ti mitraglia a raffica con una serie di concetti a punta cava, eccallà, mi sento un'idiota.
Una immobilizzata senza speranza nella propria idiozia, per di più.
Perché? Per due motivi, principalmente.
Primo: perché ci sono alcuni concetti che mi sono incomprensibili. Un esempio? Diversi anni fa, quando ho ricominciato a scrivere dopo dieci anni e, soprattutto, ho iniziato a studiare, mi sono scontrata per la prima volta con il "tema". Che se il manuale in questione ne avesse parlato come fa Davide qui mi sarei risparmiata un bel po' di frustrazione. All'epoca, il tema equivaleva per me al grande "BOH?". E, ovviamente, mi sentivo un'idiota per questo.
Secondo, perché ce ne sono altri che, per me, sono del tutto inapplicabili. Nel senso che non riesco ad applicarle, non c'è proprio verso. E ci ho provato, eh. E, sì, mi sento un'idiota.
Vi faccio un altro esempio, fresco fresco di stamani.
Stavo studiando proprio il Boot Camp - e se vi domandate perché io ci metta una vita, dato che sono mesi che ne parlo, vi rispondo: "Perché ho la sindrome dell'album Panini". Non so ve l'ho già raccontato, magari lo farò, prima o poi - quando, arrivata alla ventottesima esercitazione "Understand the alpha male characters motivation", mi trovo davanti una lista che fa più o meno così:
  • ha bisogno di sentirsi (e di apparire) competente
  • si muove in funzione del suo obiettivo ed è guidato dai propri risultati
  • crede che la vera forza la capacità di soffrire in silenzio
  • attribuisce molto valore alla lealtà di un compagno o di una squadra, ma valuta molto anche l'individualismo, l'indipendenza e la fiducia in se stessi.
  • stima la logica rispetto all'intuizione, la ragione rispetto ai sentimenti e l'azione rispetto alla discussione.
  • ha un forte istinto sessuale.
Ora, in tutto quello che ho scritto finora non c'è un personaggio che sia uno con tutte queste caratteristiche - il che significa, ma lo sapevo già, che scrivo di sfigati. Se confronto quanto sopra con Artibano, onestamente, mi vengono i sudori freddi.
Ma i problemi sono due.
Il primo, è che una lista del genere mi sembra un concentrato di stereotipi. Mi direte: se già in partenza metti una categoria nel titolo, ovvio che procedi per stereotipi. Ed è altrettanto ovvio che il tuo maschio alfa della tua storia dovrà essere molto più di quello, perché avrà pregi, difetti e debolezze. E sta a te renderlo credibile. (Ovviamente, non credo che l'autore del Boot Camp stia "insegnando come produrre stereotipi", sia chiaro.)
La seconda è che, confrontato l'elenco con il personaggio principale della storia che sto revisionando (e che dovrebbe essere un maschio alfa, voglio dire, è il comandante di una nave, ha la responsabilità di tutto quanto, è il capo, se non è una posizione da maschio alfa questa, quale altra lo è?), ecco, tante cose mancano. Va bene, mancano quasi tutte.
E lo so che ho scritto "posizione da maschio alfa", perché occuparla non significa esserne uno (puoi ritrovarti al comando in situazione di emergenza quando il vero maschio alfa è fuori combattimento, per esempio).
Così mi sono detta: "però, però... è un po' schizoide" (del resto, a me se sono normali non piacciono). E poi mi sono accorta che, detto chiaro e tondo, mi stavo giustificando con me stessa per evitare di contemplare l'ipotesi più semplice: Ho. Sbagliato. Tutto.
Siccome la testa sotto la sabbia la metto ma solo fino a un certo punto, perché preferisco la verità nuda e cruda sbattuta nei denti senza anestesia, mi sono fatta coraggio e ho considerato che forse la mia storia era solo l'ennesimo epic fail.
Perciò, primo impulso: "Fa schifo! Lo sapevo! Cambio tutto!"
Secondo (la voce della ragione): "Aspetta un momento, riflettici su."
Solo un paio d'anni fa avrei dato retta al primo impulso e mi sarei messa a modificare il personaggio immantinente. Adesso, sarà che sono più vecchia, ho imparato a prendermi il tempo di pensare e a valutare pro e contro.
Anche alla luce di quello che sto per dire.
Credo che i manuali siano molto utili. Sul serio. Infatti li compro e li studio, anche se, come si vede, mi fanno un brutto effetto. 
Però credo che vadano presi cum grano salis, e non solo: credo che si debba differenziare la quantità di sale a seconda dell'argomento.
Per quel che riguarda la struttura, beh, sono meno devastanti, almeno nel mio caso. Sarà perché non ho una mente molto creativa, ma sono più che altro una persona logica. Quindi lavorare sulla struttura della storia è come lavorare sulla struttura di una casa, mi è familiare.
Quando si va a toccare l'argomento "personaggi", invece, meglio che io stia molto, molto attenta. Sarà che quello è un mio punto debole, perché è la parte che mi riesce più difficile (preferisco mantenere un certo distacco, se mi avvicino troppo non riesco a scrivere). Soprattutto, i personaggi, ma questo è un mio parere, sono un argomento infinitamente più complesso e delicato e, come tale, ancora più difficile da ridurre a oggetto di manualistica.
A quanto pare, alla fine ho elaborato una specie di "manuale per sopravvivere ai manuali di scrittura".
C'è un'altra cosa da dire, l'ultima, e vi avviso già che la prendo larga. Abbiate ancora un po' di pazienza, per favore.
L'analisi del testo è qualcosa che ci insegnano a scuola. Molti manuali portano all'estremo questa tecnica, proponendo, come esempi, film e libri. Il problema è che, per citare il Boot Camp - your job is not to analyze, but to construct. Quando l'ho letto la prima volta non vi dico che immenso sollievo.
Perché c'ero arrivata anche io, ma solo poco tempo prima, e qualcuno, un qualcuno qualificato, mi aveva appena detto che sì, avevo pensato giusto.
Quel che voglio dire è questo: i manuali forniscono una serie di strumenti all'aspirante scrittore, ma non è l'unica strada, puoi anche arrivarci da te. Solo, con molta più fatica e tempo, quindi con un processo meno efficace e ammesso che tu legga moltissimo (questo è conditio sine qua non). Alla fine, una fatica piacevole.
Ma anche volendo massimizzare la resa usando i manuali e posto che la lettura è imprescindibile lo stesso, non è tutto rose e fiori: ci vogliono senso critico e consapevolezza, ed è difficile averli, quando sei deciso a diventare uno scrittore migliore e ti impegni a studiare. 
Ho smesso di scrivere per più di dieci anni. All'inizio scrivevo come fanno tutti gli aspiranti, senza pormi il problema di cosa fosse la scrittura, così, andando avanti a braccio, di volta in volta. Quando ho ricominciato, mi sono resa conto di una cosa molto semplice: che a scrivere si impara. 
Lo so che è la scoperta dell'acqua calda, tante grazie.
Ho iniziato a leggere manuali ma, entusiasta e volenterosa e con la sindrome da prima della classe, li ho presi con, beh, con troppa buona fede, direi. Non sapevo nulla di scrittura creativa e non avevo modo di valutare con senso critico quello che stavo leggendo. Come risultato, mi sono ritrovata ad annaspare fra nozioni che non capivo, schiantandomi contro definizioni prive di applicazione pratica con la stessa grazia del Titanic contro il famoso iceberg (e facendo l'identica, triste fine).
Limitatevi a definire il concetto di cacciavite a un apprendista operaio che non ne ha mai visto uno invece di mostrargli cos'è e come come diavolo deve fare ad usarlo e, più o meno, otterrete quello che è successo a me.
Morale della favola? Blocco totale.
Non è stato facile superarlo. Per di più, so che è un rischio che corro ogni volta che inizio un nuovo manuale. Sono fatta così. Se il libro di testo mi dice che una cosa si fa in un modo e io non ci riesco, penso che ci sia qualcosa in me che non va e questo mi manda in crisi. 
Ma, e voglio dirlo con estrema forza e chiarezza, ho imparato un mucchio di cose, dai manuali
In prima stesura non mi pongo problemi particolari, tiro ad arrivare in fondo. 
Va detto che dipende molto da come uno lavora. Io non riesco a pianificare prima, ci ho provato e non ha funzionato: i miei strumenti li tiro fuori dopo, quando inizio a lavorare alla revisione. E li uso, eccome, e mi facilitano il lavoro, parecchio. 
Poi non riesco a fare tutto bene come vorrei, perché entra in gioco il talento e quello non si impara e non si compra, ma comprendere il funzionamento dei meccanismi che muovono storia e personaggi è senz'altro un enorme aiuto. 
Quindi, ecco perché odio i manuali. E perché li uso lo stesso.

8 commenti:

  1. Bel post, che condivido ampiamente (e grazie della citazione!)
    Io ho letto una valanga di manuali e continuo a leggerli perché li trovo divertenti.
    Il punto, io credo, è di riuscire ad appropriarsi degli strumenti che vengono proposti - di non prenderli come dogmi, come regole assolute e infrangibili.
    Poi, a ciascuno il suo.
    La lista dei tratti salienti del maschio alpha, ad esempio, mi interessa relativamente - io di solito non scrivo di maschi alpha.
    Però mi interessa perché mi dice che posso fare una lista dei tratti salienti del mio protagonista, del "tipo" narrativo al quale appartiene - posso crearmela, posso cercarne una già fatta, posso usare una stenografia (annotarmi "è come Cary Grant in Intrigo Internazionale vale quanto farmi una lunga lista di caratteristiche).
    L'idea di fondo è che coi manuali si impara a ragionare seriamente su ciò che stiamo facendo.
    È utile.
    Ma non è una religione, ed è da sciocchi farlo diventare una religione.

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    1. Ma la citazione era d'obbligo (oltre che essere buona creanza, ma l'avrei messa lo stesso, al di là della netiquette).

      Il punto, io credo, è di riuscire ad appropriarsi degli strumenti che vengono proposti - di non prenderli come dogmi, come regole assolute e infrangibili.
      Poi, a ciascuno il suo.

      In realtà, nel mio caso, più che di dogmi - mi vengono in mente quelli sullo show don' t tell - si tratta di, come dire, modalità procedurali nella costruzione della storia. E della mia cronica insicurezza.
      Nel senso che mi dico - no, in realtà non me lo dico, è più un meccanismo automatico, del quale prendo coscienza solo dopo che è entrato in funzione - "Se questo, che è lo scrittore X e ha avuto successo, fa così, vuol dire che il suo modo è giusto e io, che non riesco, non combinerò mai niente di buono".
      Perciò, se il tipo, faccio un esempio, pianifica e schematizza prima di iniziare la stesura, mentre se lo faccio io mi blocco (infatti, mi blocco), vuol dire che in me qualcosa non funziona. Non che sbaglio qualcosa, ma proprio che mi manca qualcosa nella dotazione di serie. Non è piacevole.

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    2. Non esiste la dotazione di serie.
      Siamo tutti bricoleur.

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    3. Solo che alcuni sono più bricoleur degli altri! :D

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  2. Vedo che non sono l'unica ad aver letto quell'elenco di caratteristiche del maschio alfa, averle applicate a un personaggio e aver avuto la conferma di non avere scritto un maschio alfa! ^^'
    Credo anche io, alla fine, che i manuali vadano letti e usati con buonsenso, senza farne religioni monoteistiche :)
    E che a volte facciano sentire un po' fessacchiotti ^^'

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    1. Vedo che non sono l'unica ad aver letto quell'elenco di caratteristiche del maschio alfa, averle applicate a un personaggio e aver avuto la conferma di non avere scritto un maschio alfa! ^^'
      Già. Applicarle al protagonista di Ultimo Orizzonte è... come sparare sulla croce rossa, davvero. (Ciò non toglie che io vada molto fiera di lui e sia soddisfattissima di come è venuto fuori.)
      Credo anche io, alla fine, che i manuali vadano letti e usati con buonsenso, senza farne religioni monoteistiche :)
      Le religioni non fanno per me, mono o politeistiche che siano. Più che altro, tendo a ritenere affidabile un manuale scritto da qualcuno che: a) io stimo come autore. Per dire, Orson Scott Card sì, quella delle cinquanta sfumature manco morta e b) sia un riconosciuto esempio di successo. Una persona così ne sa più di me, quindi tendo a seguire i suoi consigli. E quando non portano al risultato sperato... faccio come Baby Herman quando gli cade il sigaro.
      E che a volte facciano sentire un po' fessacchiotti ^^'
      A volte? Sempre!

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  3. Ti adoro e adoro Artibano, proprio perché non è un maskio alpha! :-D

    Una volta ho sentito in un video su youtube la seguente affermazione: "Il maskio alpha è quello che trasforma la deflorazione di una vergine in un orgasmo cosmico". Che dire, sono orgogliosa di non aver mai scritto di maski alpha!

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    1. Cielo, un maskio alpha non lo vorrei nemmeno in pacco regalo. Lo rispedirei al mittente, lui e il suo eccesso di testosterone.
      (Artibano è un maschio beta!)

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