sabato 8 settembre 2012

...e oggi voglio parlare.

L'immagine l'ho presa qui
Il post che avevo preparato per oggi trattava tutt'altro argomento. Ci ho pure impiegato un mucchio di tempo a metterlo insieme. Ma ieri ho letto questo e ho continuato a rimuginarci su. Per via del posizionamento delle categorie VI e V.
Così, cambiamento di rotta.
La diatriba sui manuali di scrittura è annosa. Degna di nota non foss'altro che per un aspetto: anche se il tempo passa, quella, UAO, continua a essere un intramontabile cult, un po' come il tubino nero alla Audrey Hepburn, lo Chanel n°5 e i discorsi sulle stagioni che non sono più le stesse.
E ora presentiamo i contendenti.
Alla mia destra, che sventola la bandiera con sole, cuore e aMMore, il paladino dello slancio emotivo, refrattario alle regole, convinto che i manuali portano all'omologazione degli autori, ingabbiano i sentimenti e tarpano le ali della creatività, signore e signori, l'anti-manualista
Alla mia sinistra, armato di appuntiti lapis rossi e blu, il difensore delle regole: per lui, i manuali di scrittura sono conditio sine qua non. Azzardatevi anche solo a pensare di poggiare la punta della penna sul foglio (in realtà, di creare un file word) senza averne letto almeno una tonnellata (nel dubbio, fate due) e finirete come Fantozzi quando non ha usato le bacchette al ristorante giapponese. Pubblico, un bell'applauso per il manualista.
Cosa sono questi ringhi? Stiamo parlando di scrittura, mica dei massimi sistemi, datevi una calmata. Ci sono parecchie altre cose più serie per le quali farsi saltare il tappo, no? Fate i bravi, ragazzi.
Allora, anti-manualista, se ho capito bene, tu eviti di romperti la testa con regole e schemi narrativi perché pensi che impediscano la piena e perfetta trasmissione delle tue emozioni al lettore e scrivi sull'onda del sentimento, giusto?
Manualista! Che razza di comportamento sarebbe, questo? Chiedigli subito scusa! Subito, ho detto. No, anti-manualista, non gli puoi spaccare la faccia. Ho visto che ti ha fatto il dito, ma, lo stesso, no. E tu, smettila. Se a lui i manuali non piacciono ha diritto di dirlo. Lascialo scrivere come gli pare: se viene fuori una chiavica non sei mica obbligato a leggere. E se, invece, è buono, come lettore dovresti essere contento. Vergognati, non sei per niente sportivo.
Piuttosto, tu sei quello che i manuali vanno studiati e saputi a menadito e non si dovrebbe scrivere senza prima conoscere i fondamentali? Anti-manualista, piantala di ridere. No, è inutile che mi guardi così. Guarda che non è mica tanto scema, come idea. No, non è il mio coccolino, ma come ti permetti? Io sono equidistante! Manualista, stai fermo! Ho capito che ti ha sputato, ma ti sembra il caso di pugnalare uno con le matite per questo? Come sarebbe "sì"?
Se non state bravi, fra tutti e due, vi imbavaglio.
Comunque, se vuoi studiare e non scrivi fino a che non sei convinto di padroneggiare al meglio le tecniche narrative, accomodati, la vita è tua. Con questo vizio di soppesare pure le virgole di quello che leggi, però, sei un po' pesantino, eh. Anti-manualista, smettila di dirgli che è solo un secchione che si spara delle pose, perché, se vogliamo dirlo, fra tutti e due pose ve ne sparate fin troppe!
Eccheccavolo, quando ci vuole ci vuole.
Cari miei, se c'è una conditio sine qua non, è un minimo sindacale di buonsenso. Che qui latita parecchio.
A dispetto di un'aura leggendaria e alcuni cliché mitologici (l'ispirazione, il genio incompreso, lo scrittore che vive in una soffitta isolato e appagato dalla sola sua arte - magari con le scarpe rotte e la tisi che fa tanto Bohéme), la scrittura non è diversa da una qualsiasi altra attività e, come tale, in una certa misura, si può imparare. Esercitandosi e leggendo tanto. Leggendo anche i manuali.
So cosa stai per obiettare anti-manualista: se fosse così semplice, la densità di Stephen King al mondo sarebbe altissima. Ho indovinato? Manualista, piantala di gongolare, ché ce n'è anche per te.
Non ho detto "in una certa misura" così perché mi piaceva il suono: nel conto dobbiamo metterci un'altra cosuccia: il talento.
Ma.
Avere una predisposizione naturale per, che so, l'atletica non ti rende un campione olimpico. Per arrivare così in alto, devi allenarti e fare sacrifici. Una predisposizione naturale che non viene affinata è solo (purtroppo) uno spreco.
Avere talento per la scrittura non ti rende un bravo scrittore, se non lavori sodo per migliorare. Del resto, manualista se non la smetti di cantargli po-po-po ti meno, se non hai il talento, hai voglia studiare i manuali. Ah, stai zitto adesso, eh. Anti-manualista, se gli rifai il gesto dell'ombrello guai a te.
Ma non potete tenere un minimo di contegno, voi due? Mi state facendo fare una fatica assurda.
Ci sono molti modi di imparare a scrivere: si può frequentare un corso (universitario, a pagamento, che esce in edicola in cinquanta pratici fascicoli), oppure lo si può fare da autodidatta. Provare, riprovare, sbagliare. Studiare.
Sì, anti-manualista, ho detto studiare. E tu, manualista, la ola fatta da solo è una delle cose più tristi che abbia mai visto.
Vi faccio un altro esempio.
Mettiamo che io decida di preparare qualcosa per la mia dolce metà.Cosa sono quelle facce? Ogni tanto cucino anche io, che credete? Come sarebbe a dire che è una povera vittima? Non vi azzardate, eh!
Comunque, cerco in rete la ricetta che mi interessa e la seguo passo passo: dati ingredienti, tot grammi ciascuno, una certa procedura di preparazione, tempi di cottura ben precisi. Non mi sogno nemmeno di improvvisare, non la prima volta, almeno. Secondo voi, cervelloni, perché?
No, manualista, non perché potrei avere una persona sulla coscienza. Perché le reazioni chimico-fisiche fra gli ingredienti - standardizzate nella ricetta - subirebbero variazioni scarsamente prevedibili.
Antimanualista, dire che l'unica cosa certa sarebbe l'ottenimento di una schifezza immonda è davvero scortese da parte tua.
Ecco: un manuale di scrittura non è un ricettario.
Okay, non avete capito un tubo, eh. Ci siete? Ce la fate? Siete connessi? No, a quanto pare.
Il manuale, caro anti-manualista, è solo uno strumento che ripropone cose che chi legge ha già visto e già sperimentato sulla sua pelle.
Pensaci bene: com'è finita la volta che ti è capitato un punto di vista che giocava a ping pong fra le teste di quattro personaggi nella stessa scena? Non ci hai capito più un tubo e hai mollato il libro. E quando ti sei accorto che l'autore parlava di un argomento senza conoscerlo affatto? Meno duecento punti e un dio di nervi. E quel tizio che per pagine e pagine spiegava le cose più ovvie e insignificanti? Hai perso la lotta per rimanere sveglio.
Se hai passato anni a leggere qualsiasi romanzo ti capitasse a tiro, sai cosa funziona e cosa no, narrativamente parlando. Sai cosa fare e cosa evitare.
Lo sai. Devi solo rendertene conto. 
Questo fa il manuale: rende evidente quello che, per istinto e in modo magari un po' confusionario, sai già.
E tu, manualista, che fai tanto il furbino: raccontare storie non è una faccenda quantitativa. Niente reazioni chimico-fisiche fra ingredienti. Ti piaccia o meno, è una questione di gusti. Quello che un lettore adora, all'altro fa schifo. Ed è sacrosanto. Non ci sono dati oggettivi, tranne uno.
Come "quale"? La grammatica, teste di legno! Pure in coro, accidenti a voi.
Verbo, soggetto e complemento. Apostrofi messi al posto giusto e consecutio temporum
Chi si definisce scrittore, aspirante scrittore, o scribacchino deve conoscere l'italiano. I refusi capitano a tutti, ma non ci si dichiara muratori se non si sa impastare il cemento.
(Nota bene: alcuni mostri sacri della letteratura possono permettersi di rompere gli schemi grammaticali. E, nel caso di una TPL, possono esserci errori perché, magari, un determinato personaggio ha lacune in merito. Per il resto, come lettrice non tollero eccezioni.)
Cosa penso?
Che, se si decide di fare qualcosa, qualsiasi cosa, ci si dovrebbe formare, caro anti-manualista. Ma, manualista, non stiamo parlando di matematica: le regole ci sono e sarebbe meglio conoscerle. Bypassarle, però, non significa necessariamente produrre un risultato scadente.
Manuali di scrittura ne ho letti e continuerò a leggerne. Mi hanno aiutata a focalizzare meglio alcune cose e a essere più consapevole dei meccanismi narrativi. Ma non è mica stata una passeggiata: quando non riuscivo a comprendere alcune delle definizioni che mi trovavo davanti mi hanno bloccata.
Non sono la Bibbia.
Forniscono degli strumenti: averli non vuol dire applicarli meccanicamente. Significa, invece, essere consapevole delle loro potenzialità. Sapere a cosa servono e come (e quando) usarli per riuscire a portare a casa il risultato. 
L'unica cosa che conta davvero.


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