giovedì 6 settembre 2012

Parigi val bene una messa (ma sull'iPhone 4 ho qualche dubbio).

No, è che, se andiamo bene a guardare, sono proprio maniaca inside.
Avete presente quando Peter Pan spiega che le fatine, troppo piccole per contenere più di un sentimento alla volta, sono un tantinello estreme nelle loro esternazioni emotive?
Ecco, se si tratta di cose che mi interessano, funziono più o meno così (anche se, essendo tutt'altro che minuscola, tocca considerare che la responsabilità vada imputata, non tanto alle dimensioni, quanto alla presenza di un unico e bistrattato neurone).
Insomma, quando la monomania chiama, io rispondo: "Aloa, com'è?" 
[Aloa non è hawaiiano con errore di ortografia. È spezzino. Quello è il modo che abbiamo noi autoctoni per informarci - con la consueta ruvidezza - sulle altrui circostanze.]
Tutto questo per dire che a luglio mi sono precipitata a Parigi con la sola e specifica ragione di incontrare lo splendido signore qua sopra.
Incontrare si fa per dire: Sua Maestà riposa sereno, unico fra i faraoni, nella Valle dei Re (tié, Seti I e Ramses II, prendete e portate a casa!), mentre il suo tesoro è al Museo dei Cairo. 
Cosa c'entra Parigi? Ora ci arrivo.
L'origine di tutto è La Piccola Bottega degli Orrori. No, non il film. No, neanche il musical. Il concorso. Questo concorso.
Avevo deciso di partecipare e di farlo con un racconto che fosse un mix di horror e fantascienza (ho già detto di avere dei problemi con il concetto di "genere"? Poi, la commistione non mi è venuta tanto bene, ma - coff coff - sorvoliamo). Altro punto fermo: l'elemento horror, il più importante ai fini del concorso, sarebbe stato classico che più classico non si può. 
La maledizione del faraone.
Perché proprio quella, con tante cose che esistono in giro? Semplice: sono una fangirl di Tutankhamon da quando avevo otto anni.
Ora, a me la fase di documentazione piace un sacco. Si imparano tante cose interessanti -  magari non serviranno mai a un tubo, ma vabbé - e, a volte, capita che ne scopri qualcuna appetibile anche per altri versi. Come è successo a me quando sono andata a finire in questa pagina.
Vogliamo lasciarci scappare un'occasione del genere? Non sia mai! Perciò, tre giorni di trasferta parigina. Un Antico Egitto tour. Obiettivi? Oltre l'esposizione, la Sezione Egizia del Louvre (poi, già che c'ero, un passo al Quai d'Orsay per vedere gli impressionisti. Non c'entrano col faraone, lo so, ma avevo appena finito di leggere Sacre Bleu e vuoi non andare a rendere omaggio ai protagonisti di Moore?)

La foto viene (purtroppo) da qui
Per un nerd dell'Antico Egitto, la Sezione Egizia è quasi la Mecca: di meglio ci sono "solo" il Museo del Cairo, le piramidi, la Sfinge, il Ramesseum (sì, e il tempio di Hatshepsut, e Luxor, e Abu Simbel e... tutto quello che c'è in loco, ci siamo capiti).
Intanto, ha una collezione sterminata, piena di pezzi famosissimi. E poi, annovera fra i suoi direttori - se non sbaglio, è stato uno dei primi - l'uomo che per ogni egittofilo è IL mito: Jean François Champollion.
(Incidentalmente, se, oltre alla fissazione per i faraoni, hai pure quella per Tomb Raider e hai finito Angel of Darkness, guardi il museo anche con altri occhi. Specie quando passi in mezzo a quel che resta delle mura medioevali.)
Manco il tempo di buttare i bagagli in stanza al B&B e già trottavo fra scale e corridoi, mi estasiavo di fronte alla perfezione dei geroglifici e... oh, va bene, diciamo le cose come stanno: correvo da una parte all'altra e sbavavo ovunque come un Rottweiler affamato e iperattivo.
La foto viene (putroppo) da qui
Presa dal vortice di meraviglia, ammirazione, incredulità e "oh mioddio sono qui per davvero", ho perso ogni ritegno. Arrivata di fronte alla bacheca qui di fianco, ho piagnucolato con voce tremula e colma di tenerezza: "Oh. La mia prima mummia."
Non vi dico con che faccia mi ha guardata l'amica (non-più-di-tanto-egittofila) che era con me.
Ci ho pensato dopo che si tratta pur sempre di un essere umano vero - morto, per giunta - e che, forse, avrei dovuto mostrare un tantino più di rispetto, ma ormai era fatta.
Sfingi, colonne, una camera sepolcrale intera, sarcofagi istoriati, i piedoni enormi di uno dei Ramses in granito rosa: il paese dei balocchi. Solo, senza la fregatura del trasformarsi in ciuco.
Ma colui che mi ha fatto brillare gli occhi sul serio, e andare in brodo di giuggiole, mi aspettava più avanti.
La foto viene (putroppo) da qui
Il percorso della collezione egizia - quello cronologico, non quello tematico - si snoda per corridoi infiniti e stanze enormi ed è stato proprio lì, negli appartamenti di non so bene quale Re Luigi (mai detto di non essere ignorante), che ho visto lui. Se ne sta su un piedistallo alto almeno due metri e mezzo e da lassù ti guarda con altera, imperturbabile serenità.
Akhenaton, il Faraone Eretico, l'unico monoteista dell'Antico Egitto. Sì, fangherleggio anche per lui.
Tutankhamon deve la sua fama al ritrovamento della tomba. Capirai, con tutto quell'oro e gli oggetti, per non parlare del fatto che, cavolo, è rimasta nascosta per tremila anni e spiccioli, ma, da vivo, ha avuto un'importanza molto relativa: se lo chiamano "il faraone dimenticato" una ragione ci sarà, no?
Akhenaton, che a quanto sembra era il suo papino, è un'altra storia, gente. Lui è fico. Voglio dire, ha avuto il coraggio (o la follia, dipende dai punti di vista), di rivoluzionare un paese che era rimasto per secoli fedele alle proprie consuetudini. Ha dichiarato che gli dei venerati per secoli non erano altro che falsi idoli e li ha sostituiti con un dio unico, spazzando via templi e casta sacerdotale (che non ha gradito affatto). Ha spostato la capitale e se n'è fatta costruire una nuova di pacca (in un posto sfigatissimo, ma vabbé). Ha rivoluzionato i canoni dell'arte. Non si è fatto mancare niente: aveva anche per moglie una bellezza leggendaria!
Era ancora caldo nel sarcofago che è stato tutto rimesso com'era prima (prevedibile), ma non si può negare che, in vita, abbia dato una bella scossa al paese.

Fatto il pieno di "egittitudine" al Louvre (leggi: praticamente mi hanno buttata fuori), mancava il pezzo forte.
Una cosa la devo dire: non ho mai visto un'esposizione progettata così bene.
È suddivisa in due parti: prima, con dei filmati e l'audioguida (c'è solo in inglese, francese e tedesco), viene spiegato chi era Tutankhamon, qual era la situazione storica in Egitto al tempo della sua ascesa al trono, chi era Carter e come è arrivato ad avere la più grossa botta di culo della storia. (Sì, si è fatto davvero il mazzo per trovare quel gradino, ma ha avuto anche tanta fortuna, ammettiamolo). Poi, per meglio far capire cosa si è trovato davanti e che tipo di problemi ha dovuto gestire, ci sono delle ricostruzioni a grandezza naturale: ad esempio, l'anticamera, nell'esatto stato in cui si trovava al momento della scoperta.
La foto viene (putroppo) da qui
Oppure, il complicato sistema di carrucole che si sono dovuti inventare per riuscire a tirare fuori il faraone da tutti gli scrigni e i sarcofagi che lo racchiudevano. La stanza del tesoro, con un Anubi dallo sguardo intenso che ti fissa. Insomma, puoi, per ipotesi, entrare beatamente ignorante e  riuscire lo stesso a goderti la mostra e a capire cosa stai guardando.

Finita quella, si entra nella parte dedicata al tesoro.
La foto viene (purtroppo) da qui
Sono riproduzioni. Del resto, non è che si possano prendere delle scatole di legno dorato, vecchie di tremila anni e grandi come stanze, e portarle in giro per l'Europa.
E, nel caso in cui la fragilità non rappresenta un problema, non è consigliabile: un sarcofago d'oro massiccio pesante centodieci chili, di valore incalcolabile? La maschera? I gioielli? Che razza di sistemi di sicurezza ci vorrebbero?
Però la fedeltà agli originali è sbalorditiva, non per niente sono stati necessari anni di preparativi. Ci sono gli scrigni: cinque, progettati per stare l'uno dentro l'altro, poi i sarcofagi stessi, legno dorato il più esterno, metallo il più interno. Qua sopra potete rendervi conto del colpo d'occhio. Non male, eh?
E poi i gioielli (fra le bende ne hanno trovati qualcosa come duecento), le statue, i canopi. E gli oggetti: moltissimi oggetti. Tutte quello che serve per una permanenza nell'aldilà da vero VIP.
La foto (purtroppo) viene da qui
La cosa più fica (dopo la maschera)? Il carro (ne sono stati trovati tipo cinque, ma lì ce n'era solo uno). Montato è davvero imponente.
E poi, alla fine del percorso, lei. La maschera. Imitazione o no, è spettacolosa: sono rimasta a fissarla, impalata e in mezzo allo sciame dei turisti - una comitiva di tedeschi con un nugolo di marmocchi -, per un quarto d'ora.
Insomma, Parigi val bene lo spappolamento dei piedi, il freddo e l'acqua (il meteo è stato assai poco collaborativo e non mi sono mai inzuppata tanto) e pure, perché no, una messa. Che valga anche la perdita del mio iPhone, fregato in metro subito prima della partenza per l'Italia, con annesse tutte le foto (per non parlare dei contatti e dei dati personali)... ecco, su quello devo rifletterci ancora un po'.




2 commenti:

  1. Ehm, gentilissima signorina Coscia... ehm...l'Iphone, il suo, l'ho ehm... trovato io ma... ehm... non ce l'ho più ecco... ehm...

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