sabato 15 settembre 2012

Gateway, la fantascienza che non ti aspetti.

Consigliato dall'ottimo Mr.Giobblin, che finora non ha sbagliato un colpo, Gateway mi ha sorpresa parecchio.
Ma il bello della fantascienza è che si può declinare in infiniti modi differenti, no?
Gateway è un asteroide che un'antica razza aliena (gli Heechee) ha trasformato in stazione di partenza per le proprie astronavi.
Ora, considerando che la tecnologia Heechee è molto avanzata e che la razza umana, che si è sparsa nel sistema solare e oltre, ha problemi di approvvigionamento alimentare ed energetico, va da sé che Gateway ha un potenziale enorme.
Perciò è stata fondata la Gateway Corporation, che amministra la stazione (è, in realtà, espressione di alcuni governi) e che dota le navi di equipaggio (gli esploratori) e le spedisce, beh, dovunque esse debbano andare.
Perché? Perché gli Heechee hanno sparso manufatti su vari pianeti, pianetucoli e asteroidi e da molti di questi ritrovamenti è stato possibile ottenere nuove tecnologie che aiutano gli umani a vivere meglio (o, semplicemente, a vivere).
La grossa fregatura è che gli Heechee sono estinti da qualche centinaio di migliaio di anni e nessuno conosce i principi di funzionamento delle navi. I tentativi di smontarle per analizzarle sono finiti in modo molto plateale (esplosioni nucleari incluse). Gli umani hanno imparato come farle partire e come farle tornare indietro, stop. Altre cosucce degne di attenzione:
1. ogni nave è legata a una destinazione soltanto: non è possibile modificarne la rotta. Chi ci ha provato è finito malissimo.
2. a meno che non abbia già fatto il viaggio almeno una volta - e l'equipaggio sia tornato per raccontarlo - non si sa dove sbucherà;
3. non si sa quale combustibile utilizzino e va da sé che non c'è neanche l'indicatore della riserva. Se resti a piedi, ciao bambino;
4. dalla scomparsa degli Heechee l'universo è cambiato: un wormhole che, ai loro tempi, portava a una stella, oggi potrebbe spararti dritto in un buco nero.
5. nel caso di una prima destinazione, non si conosce a priori la durata del viaggio e le navi sono molto piccole, non è possibile stivare più di tante provviste. Si rischia di morire di fame.
Fare l'esploratore è, quindi, una specie di roulette russa, con un tasso di mortalità impressionante. Solo che, se ti va bene, vale a dire se trovi e recuperi qualcosa di importante e riesci a tornare sano e salvo, la Corporation ti paga il bonus di missione e ti garantisce delle royalties.
Ti sistemi per tutta la vita e, se ti va davvero bene, in modo schifosamente confortevole.
Ed è proprio quel che è successo al protagonista di Gateway, Robinette Broadhead. Ora ha tutto quello che può desiderare: è ricco, bello, eternamente giovane grazie al trattamento Full Medical, che solo pochissimi si possono permettere. In un mondo ostile, vive da re. Da bambino sognava di fare l'esploratore: ha realizzato il suo sogno come meglio non si potrebbe.
Ed è felice?
No. Mostra al mondo una facciata da superfico e, in una certa misura, inganna se stesso facendo finta di crederci. In realtà, è un infelice, che si limita ad ammazzare il tempo, fra svaghi di cui non gli importa niente e relazioni sessuali prive di significato. L'unica cosa che lo mette in crisi sono gli appuntamenti settimanali con Sigfrid, il computer psicologo presso il quale è in cura. 
Ricchezza, bellezza, svaghi extralusso, sesso sono, infatti, la muraglia che si è costruito intornoe lui, d'istinto, percepisce in Sigfrid, e nei suoi tentativi di fargli ripercorrere la strada che l'ha portato fin lì, il potenziale per buttarla giù. Come risultato è un paziente recalcitrante, ostile, bugiardo, che, attraverso una narrazione in prima persona, racconta la sua storia, svela le sue bugie e i meccanismi interiori di difesa.
Gateway ha, perciò, due facce, proprio come ha due piani temporali distinti. 
La prima è lo "ieri", "il viaggio interstellare", che è terrificante, perché si tratta di ficcarsi, né più né meno, in una bara da uno, tre, o cinque posti e vedere cosa succede. 
La seconda è "l'oggi", il "viaggio all'interno di se stessi", per scoprire le radici profonde del proprio malessere e della propria infelicità, che per il protagonista è altrettanto (se non di più) terrificante.
In un certo senso, si può dire che l'ambientazione fantascientifica sia un pretesto, l'occasione per parlare delle profondità dell'essere umano, delle sue ferite, dei segreti che nascondiamo nel pozzo più profondo a nostra disposizione e di quanto faccia paura, non solo prendere coscienza dei propri problemi, ma tentare di risolverli, affrontando i propri fantasmi.
Perciò, se volete un semplice racconto d'avventura, Gateway non fa per voi. Ma se andare oltre non vi spaventa, leggetelo. Merita.

2 commenti:

  1. La mia reputazione è ormai leggendaria, devo cominciare a consigliare anche schifezze o mi prenderò troppo sul serio XD
    Felice che ti sia piaciuto, concordo con questa recensione. Gateway non è certo da prendere alla leggera, ma merita!

    RispondiElimina