mercoledì 19 settembre 2012

Non è un paese per giovani

Ancora una volta, il post di oggi era già scritto.
Ancora una volta, ho letto qualcosa che mi ha fatta riflettere.
Ancora una volta, cambio di rotta.
La storia è questa e, manco dirlo, è la tipica, triste storia italiana di un cervello in fuga. Quasi quasi ci siamo abituati a sentirle ed è una cosa che non dovremmo proprio permettere.
Ciò che ho trovato più avvilente è questo passaggio: “A Livorno, prima di partire avevo provato a bussare alle porte della Provincia, della Regione, per cercare di coinvolgerli in quest’avventura americana, ma ho trovato enormi difficoltà, tanta diffidenza e poca trasparenza. In California ho cenato con i fondatori di Google Earth e improvvisato con loro sedute di brainstorming davanti ad una bistecca con ai piedi un paio di infradito. E’ incredibile come, in poco tempo, riesci a parlare con tante persone che possono dare seguito ai tuoi progetti e senza nessuna fatica. Sarà perché spesso gli interlocutori sono ragazzi che non si fanno problemi a parlare di lavoro con una persona qualsiasi senza sapere da dove venga o cosa faccia”.
Non starò qui a dire che la situazione è sempre più insostenibile. Lo sappiamo tutti quanti.
Non sono più "giovane", non come questa ragazza, e ho fatto una scelta di vita differente, che comporta però un certo grado di interazione con gli Enti pubblici, entità tentacolari, aliene, che dovrebbero fare e non fanno.
Per entrare nel giro dei lavori degli Enti pubblici, spesso devi essere amico di, conoscente di, amante di, fidanzata di. O pagare la classica mazzetta. Me l'hanno fatto capire un paio di volte.
Li ho fanculizzati e ho lasciato che il lavoro se lo prendesse qualche collega con qualche scrupolo in meno e tanto pelo sullo stomaco in più. E non solo per una questione di morale, ma perché non voglio sporcarmi.
Non metto in dubbio che la corruzione ci sia anche all'estero, ma il fatto è che qui l'abbiamo resa quasi un sistema di vita. 
Ora io mi domando: ma perché?
Per quale motivo andiamo avanti solo per clientelismo? 
E, anche quando non succede, perché c'è sempre diffidenza verso ciò che è nuovo e diverso? Se proponi un progetto a un ente qualsiasi, ti guardano come se fossi scesa dalla Luna e poi ti domandano "sì, ma quanto costa?" (domanda sacrosanta, lo riconosco), mentre dentro di sé pensano "dove sta la fregatura?".
Da dove viene quest'immobilismo? Sembriamo averlo nel DNA.
Che posso dire? Che dovremmo cambiare le cose? Lo sappiamo, per noi e per quelli che verranno dopo di noi, perché, se penso di avere un bambino, non posso fare a meno di chiedermi in quale mondo si troverà a vivere.
Come? Non lo so.
Per adesso, l'unica cosa che mi viene in mente è tenere il cervello in moto ed evitare - più in là - di ricadere in questi schemi. Non diventare parte dell'ingranaggio. Senza pezzi di ricambio, ogni cosa si ferma in via definitiva.
Se volete dargli un'occhiata, questo è il blog di Caterina Falleni.

2 commenti:

  1. E' tutto più semplice all'estero, non che sia tutto idilliaco, ma non è ai nostri livelli.
    La nostra classe politica si sbraccia ad aumentare tasse, ragionare con metodi antichi...senza capire che sono la burocrazia e la corruzione che stanno strangolando il nostro paese, fino a renderlo un cadavere senza vita.

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  2. Non è che non lo capiscono: è che fa comodo così.
    Però, secondo me, il problema è più radicato e ben più insidioso. È un problema di mentalità diffusa a tutti i livelli, un misto di ignoranza, furberia e arte di arrangiarsi.
    E che non coinvolge solo i laureati come la ragazza da cui sono partita, ma tutti quanti. Una volta ho letto - chissà se lo ritrovo - un interessante (e desolante) divertissement che raccontava cosa sarebbe successo se Steve Jobs fosse stato italiano. La morale della favola? A quest'ora col cacchio che avremmo iMac, Macbook, iPod, iPad e iPhone.

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