lunedì 17 settembre 2012

Pagare per pubblicare

Una delle cose che meno capisco del vasto (e per molti versi strano) mondo che ruota attorno alla scrittura è pagare per pubblicare.
Lo so che ciascuno è libero di fare quello che gli pare.
So anche che, in una certa misura, il fatto che gente paghi per essere pubblicata non danneggia altro se non le loro proprie finanze (non è del tutto vero, ma per ora facciamola semplice).
Le c.e. a pagamento sono ammesse dalla legge, perciò non si può parlare di truffa. Personalmente non mi avvarrei mai dei loro servizi.
A differenza di qualche anno fa, non mancano i mezzi per farsi un'idea di come dovrebbero girare certi meccanismi, perciò, sarò molto cinica: se non ti informi e ti fregano, sai che c'è?, ti sta bene. Te la sei cercata. Benvenuto nella realtà.
Fare lo scrittore è un lavoro come qualsiasi altro e lasciamo stare che in Italia non ci si campa, per favore: non è quello il punto. Il punto è: lo fai e vieni pagato. 

La casa editrice vuole il  testo? Paga per averlo: ci mette i soldi dell'editing, della correzione bozze, della stampa (o della realizzazione del file) e quelli della promozione. E ti corrisponde le royalties. Non è l'autore che paga loro perché lo pubblichino senza peraltro avere editing, correzione bozze e (tantomeno!) promozione.
A meno che... a meno che non sia disposto a tutto pur di vedere il suo nome sul frontespizio di un libro. Per quanto mi riguarda è folle, ma il mondo è bello perché è vario. In inglese, la pubblicazione a pagamento ha un nome ben calzante e meravigliosamente descrittivo: vanity press.
Direi che non serve aggiungere altro.
Tuttavia, quando si entra nella discussione - che sia in qualche blog o in qualche forum - c'è sempre l'autore pubblicato a pagamento che salta su, punto sul vivo.
Ogni volta, le scuse sono più o meno le stesse:
1. "anche Svevo ha pagato per pubblicare".
Sì, ma Italo Svevo era un genio, io qui attorno genii non ne vedo. E poi magari avrà pagato la stamperia, non una casa editrice che promette mari e monti e poi ti lascia con una tonnellata e mezzo di copie che ti sono costate come fossero d'oro e che non sai dove mettere perché hai esaurito il parentado cui spacciarle.
2. "in Italia fanno tutti così" 
A parte che non è vero, parliamone: in Italia la meritocrazia non riusciamo a trovarla nemmeno nel vocabolario. Significa che ci dobbiamo adeguare al (presunto) così fan tutti? Ma neanche per idea.
3. "in Italia prendono in considerazione solo i raccomandati e non gli sconosciuti".
Non si punta sugli sconosciuti: i lettori forti sono pochi, l'editoria è in crisi e si prediligono investimenti più sicuri, tipo i polpettoni YA che hanno avuto successo oltreoceano, contando sul fatto che il popolo bue risponda anche qui alla stessa maniera. Non sto dicendo che sia giusto: lo trovo deprimente e mi fa anche un po' incazzare. Mi limito a elencare i fatti.
Ma la domanda è: tutto questo rende meno stupido il pagare chi invece dovrebbe investire su di te?
No.
Se proprio il sacro fuoco della pubblicazione ti scorre nelle vene e sei convinto che il mondo editoriale sia solo per raccomandati, calciatori e veline, la soluzione c'è: autopubblicati.
Prendi in mano la situazione: costruisci qualcosa che sia davvero tuo. Non farti fregare. Adesso, con la diffusione sempre crescente degli ebook, è ancora più semplice. Non sei in grado di realizzare un .epub? Paga qualcuno perché ti prepari il file, non conosco i prezzi, ma scommetto che sono inferiori all'ammontare del contributo editoriale. E non devi tenerti in casa tonnellate di copie invendute.
Il mio personale punto di vista sulla faccenda è che non solo pagare per pubblicare è stupido, ma non c'è alcun merito nel farlo.
La tua storia non è piaciuta all'editore. Magari non l'ha neanche letta (o ne ha letto lo stretto necessario per impapocchiarti qualche discorso).
Non importa se ti ha detto che sei meglio di Stephen King! Se ti devo spillare duemila euro ti racconto pure che meriteresti il Nobel per la letteratura.
E se il merito (inteso come "qualità del testo") non è una conditio sine qua non, almeno a giudicare da cosa alligna sugli scaffali delle librerie, ecco, la tua storia non ha nemmeno il merito inteso come "potenziale vendibilità", perché altrimenti qualche c.e. o qualche agente letterario ti avrebbe selezionato al volo.
Non c'è differenza fra comprarsi la pubblicazione e comprarsi un paio di scarpe (molto, molto costose). L'unica cosa che conta è: hai abbastanza soldi o no?
Ma la soddisfazione di avere un editore - uno vero - che ti chiama perché ha letto il tuo testo (e l'ha letto sul serio) e gli è piaciuto davvero, che ti propone un contratto onesto, che lavora con te, che ci crede, oppure quella di vedere il tuo libro, quello che hai autopubblicato, che vende o viene scaricato... quella non si può comprare.
Ed è la parte migliore.

16 commenti:

  1. bo' ne conosco diversi che l'hanno fatta la pubblicazione a pagamento. Da noi è abbastanza misero l'ambiente. Ci ho messo qualche anno a cpaire come funziona. boh i miei libri me li pubblica qualcuno gratis o non li leggerà nessuno LOL

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    1. Ne conosco alcuni anche io.
      i miei libri me li pubblica qualcuno gratis o non li leggerà nessuno
      Idem! Se avessi dovuto cacciare anche un solo centesimo, Ultimo Orizzonte se ne sarebbe rimasto nel cassetto: non avevo pubblicato niente per trentacinque anni, potevo benissimo andare avanti così! XD

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  2. L'ultimo paragrafo è stato emozionante.
    Non stiamo qui a dialogare del perchè sia sbagliato , basta leggere il post xD, ma la soddisfazione di sapere che hai vinto un concorso, che un editore ti chiama perché ti vuole pubblicare è qualcosa di unico.
    Se paghi per pubblicare, non c'è divertimento, e poi, porco mondo, è un lavoro!

    L'immagine del Dottore è assolutamente magnifica, la posterò su fb u.u

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    1. la soddisfazione di sapere che hai vinto un concorso, che un editore ti chiama perché ti vuole pubblicare è qualcosa di unico.
      Oh yess!

      L'immagine del Dottore è assolutamente magnifica
      Vero? L'adoro!

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  3. Completamente concorde su tutta la linea.
    E poi il Dottore ha sempre ragione :)

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  4. Autopubblicarsi è semplicissimo, non bisogna essere dei geni dell'informatica. Su Amazon, per esempio, le cose sono molto semplici e creare un ePub lo è ancora di più: basta usare software come Calibre partendo da un normalissimo documento Word e il più è fatto.
    In effetti vedere che le persone scaricano i tuoi scritti è la cosa più emozionante che ci sia.

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    1. Io di autopubblicazione so poco perché non l'ho mai sperimentata. Però credo sia più coerente proporsi in modo autonomo che pagare per pubblicare.

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    2. Ho visto il tuo libro su Amazon e ho pensato che l'avessi autopubblicato. Comunque ripeto che non è difficile anche se ancora non riesco a fare gli indici, forse perchè poi ci ho rinunciato. ;o)

      Pagare per pubblicare? Giammai.
      Purtroppo però l'ha fatto mio fratello, ha scritto un libro per imparare a suonare la chitarra. E' anche vero che c'è un CD allegato, quindi difficile da mettere in un ePub, ma ne ha sul gobbo oltre 400 copie che ora sta cercando di vendere attraverso negozi di musica.

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    3. Ho visto il tuo libro su Amazon e ho pensato che l'avessi autopubblicato.
      No, è uscito per una casa editrice nativa digitale molto nuova, molto piccola e molto seria! XD

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  5. Concordo su tutto quanto scritto, però (c'è sempre un però) l'autopubblicazione ha anche riempito gli scaffali virtuali di materiale veramente scadente e con editing a volte davvero imbarazzante se non proprio assente. Non vorrei che alla lunga l'autopubblicarsi possa diventare sinonimo per un prodotto sciatto, poco curato, finendo oltretutto per regalare un altro alibi a chi paga per vedersi pubblicato.
    Per contro mi sono imbattuto su prodotti discreti, se non proprio buoni, quasi per caso, passati inosservati perché sepolti da prodotti dozzinali. Il mercato, le recensioni, il passaparola dovrebbe scremare il materiale discreto da quello imbarazzante, ma non sempre è così

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    1. l'autopubblicazione ha anche riempito gli scaffali virtuali di materiale veramente scadente e con editing a volte davvero imbarazzante se non proprio assente.

      Non lo metto in dubbio: il mio discorso non è un elogio dell'autopubblicazione. È una questione di logica: se vuoi per forza pubblicare, piuttosto che smollare duemila euro alla Il gatto e la volpe Editore, autopubblicati. Risparmi.
      Poi, sono scelte che ciascuno fa in piena libertà ed è giustissimo così.
      Non ho nulla in contrario all'autopubblicazione, ma, se anche non mi fosse arrivata una proposta editoriale, non l'avrei scelta, perché, se si vuol fare le cose davvero bene, è un impegno non da poco.

      Il mercato, le recensioni, il passaparola dovrebbe scremare il materiale discreto da quello imbarazzante, ma non sempre è così
      Purtroppo non lo è quasi mai. Anzi, a volte il passaparola e recensioni un po' troppo friendly ottengono l'effetto opposto.

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    2. Beh ma almeno un minimo di controllo di come viene visualizzato l'ebook bisognerebbe farlo. Io non riesco a fare gli indici e non mi piace mettere una rientranza ad ogni capoverso ma per il resto, prima di pubblicare, controllo il risultato finale sul tablet.

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    3. Certo che si dovrebbe fare un minimo di controllo. Si dovrebbe fare anche un minimo di editing. Però non è obbligatorio e spesso viene saltato a pié pari.

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  6. Personalmente non pagherei mai per pubblicare qualcosa si mio, mi sentirei tropo viscido...
    Discorso diverso invece per l'autopubblicazione, che considero un frontiera nuova e colma di prospettive e possibilità.

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    1. Infatti sono due cose distinte e spero di essere stata chiara nel post. Ho il massimo rispetto per chi prende il coraggio a quattro mani e si lancia nella produzione e nella promozione di un libro, che è una cosa veramente grande e complessa, sia dal punto di vista pratico che emotivo. Come ho già detto: se vuoi per forza pubblicare, piuttosto che smollare duemila euro alla Il gatto e la volpe Editore, autopubblicati. Risparmi.

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